La domanda, posta ieri drammaticamente e realisticamente da papa Francesco alle autorità ungheresi interpellano i leader delle nazioni insieme ai capi dei governi europei e a quelli di tutto il mondo. Ma in interpellano anche e soprattutto la coscienza di ciascuno di noi. Far finta che sia il grido disperato di un papa anziano e zoppicante è fuorviante e offensivo. La massima autorità religiosa del mondo grida infatti ai popoli e alle nazioni una verità assoluta e irrinunciabile: la pace è possibile e deve essere confermata ogni giorno, ovunque… Invece, ancora adesso, la pace resta un miraggio: nell’Ucraina assalita dalla Russia infuriano i bombardamenti mentre il folle zar di tutte le sue russie, tale Wladimir Puntin, afferma che le regioni occupate nel Donbass sono sue (“che nessuno s’azzardi a toccarle”, che “non s’azzardino neppure i residenti a non dirsi russi, perché nel caso sarebbero considerati stranieri”); in Sudan la tregua non regge e lascia sul campo migliaia di morti, feriti e persone in fuga; dove si spara e si muore (e succede in almeno venti nazioni del mondo) comandano i signori della guerra, negazionisti assoluti di ogni visione di pace.
Proponendo quella domanda inquietante e drammatica, il Papa ha fatto sue le parole pronunciate nel 1950 da un padre fondatore dell’Europa, Robert Schuman: “Il contributo che un’Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche, in quanto la pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano”. Parole memorabili! Ricordandole nel giorno d’apertura della sua visita in Ungheria, papa Francesco si è quindi chiesto: “In questa fase storica i pericoli sono tanti; ma, mi chiedo, anche pensando alla martoriata Ucraina, dove sono gli sforzi creativi di pace?”. Ed è certamente significativo notare che già il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, un anno fa, intervenendo al Consiglio d’Europa, aveva citato questa frase di Schuman. Conseguono allora altre domande: dove sono finiti questi sforzi creativi? dov’è la diplomazia con la sua capacità di intraprendere vie nuove e coraggiose per un negoziato che ponga fine al confitto? dove sono gli “schemi di pace” da mettere in gioco per superare gli incombenti “schemi di guerra”?
Secondo Andrea Tornielli, editorialista de “L’Osservatore Romano”, la domanda di Francesco “è drammatica e realistica: drammatica, perché ci mette di fronte all’assenza di iniziativa da parte di un’Europa che sembra arrendersi alla logica del riarmo e della guerra mentre appare piuttosto afona sulla pace; realista, perché ci mette in guardia dall’assuefarci all’infantilismo bellico, a un tragico conflitto che può in ogni istante degenerare, con esiti catastrofici per l’umanità intera”. Eppure, per uscire da questa tristissima realtà basterebbe “ritrovare l’anima europea, l’entusiasmo e il sogno dei padri fondatori, statisti che hanno saputo guardare oltre i loro confini, che non hanno ceduto alle sirene del nazionalismo e sono stati capaci di ricucire invece di strappare”. Milioni di persone che oggi “vedono infrangersi le grandi speranze suscitate dalla fine della Guerra Fredda e vedono ritornare gli incubi della minaccia atomica – conclude Tornielli -, attendono una risposta: dove sono gli sforzi creativi di pace?”.
LUCIANO COSTA