Chi spiegherà ai figli di questo tempo che la promessa fatta quando la Ragione impose la fine della seconda guerra mondiale (era il 25 Aprile 1945 e le parole Pace e Libertà, antidoto alla guerra, risuonarono alte e forti per invitare chiunque a ricominciare a vivere e a sperare concordia tra popoli e nazioni), proprio quella promessa riassunta nel grido “mai più la guerra”, non è stata mantenuta? Non i vecchi, che già hanno dimenticato quel che è accaduto, ma neppure i giovani, che non sanno, forse perché i vecchi non li hanno informati o forse perché è assai più accomodante e comodo non sapere. Chi, allora, spiegherà ai nuovi arrivati perché non è stato possibile mettere Pace al posto della guerra? Non lo so e come me tanti altri non lo sanno. Però, la speranza che conoscendo sia possibile non cadere nei medesimi errori e nelle medesime nefandezze, resta viva nonostante sia minata in ogni momento da nuove barbarie attuate in nome e per conto di assurde pretese di superiorità, di assurdo esercizio del potere, di vigliacca negazione dell’altrui diritto a vivere e progredire… Ieri, nonostante fosse il giorno dedicato al ricordo di chi pagò con la vita la sua diversità (allora, nel mondo dominato dal nazi-fascismo, essere ebrei era una colpa tanto quanto lo era essere cristiani – cattolici, ortodossi, protestanti –, politici, migranti, testimoni di Geova, omosessuali, malati psichici, asociali, rom e sinti, disoccupati…) la violenza e il disprezzo degli altri (diversi, appunto) hanno preteso udienza: a Gerusalemme una bomba lanciata da un giovane palestinese imbevuto di odio di rancori in una Sinagoga ha causato otto morti e decine di feriti; a Jenin, in un campo profughi palestinese, l’irruzione dell’esercitoisraeliano in risposta a lancio di razzi, ha causato altri dieci morti e tanti feriti; in Ucraina (nazione invasa) e in Russia (nazione invasore) si contano oggi 337 giorni di guerra; in Europa c’è chi parla apertamente di “ineluttabilità della terza guerra mondiale”; nel mondo cresce la produzione delle armi e il loro commercio frutta ai commercianti l’equivalente del prodotto interno di interi continenti… “Mai più la guerra” dissero i liberati dal giogo. Ma oggi, chi ricorda quelle parole?
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, Sergio Mattarella, in occasione della celebrazione al Quirinale del Giorno della Memoria, ha ricordato a tutti che “i principi che informano la nostra Costituzione repubblicana e la Carta dei Diritti Universali dell’Uomo rappresentano la radicale negazione dell’universo che ha portato ad Auschwitz. Principi che oggi, purtroppo, vediamo minacciati nel mondo da sanguinose guerre di aggressione, da repressioni ottuse ed esecuzioni sommarie, dal riemergere in modo preoccupante – alimentato dall’uso distorto dei social- dell’antisemitismo, dell’intolleranza, del razzismo e del negazionismo, che del razzismo è la forma più subdola e insidiosa… Il sistema di Auschwitz e dei campi a esso collegati fu l’estrema, ma diretta e ineluttabile, conseguenza di pulsioni antistoriche e antiscientifiche, istinti brutali, pregiudizi, dottrine perniciose e gretti interessi, e persino conformismi di moda. Tossine letali – razzismo, nazionalismo aggressivo, autoritarismo, culto del capo, divinizzazione dello Stato – che circolarono, fin dai primi anni del secolo scorso, dalle università ai salotti, persino tra artisti e docenti , avvelenando i popoli, offuscando le menti, rendendo aridi cuori e sentimenti… Il regime fascista, nel 1938, con le leggi razziali agì crudelmente contro una parte del nostro popolo. E’ di grande significato che la Costituzione volle sancire, all’articolo 3, la pari dignità ed eguaglianza di tutti i cittadini, anche con l’espressione ‘senza distinzione di razza’. Taluno ha opinato che possa apparire una involontaria concessione terminologica a tesi implicitamente razziste. I Costituenti ritennero, al contrario, che manifestasse, in modo inequivocabile, la distanza che separava la nuova Italia da quella razzista. Per ribadire quel mai più…” forte e coraggioso sebbene inascoltato.
PER IL CARDINALE MATTEO ZUPPI, presidente dei vescovi italiani, la ricorrenza del 27 gennaio “onora la memoria di quelle vittime, ci aiuta a capire il nostro passato (perché sono nostri fratelli e sorelle), a raccoglierne la dolorosa eredità consegnata perché ci rendiamo conto e non accada più… Non si deve trasmettere soltanto un’informazione ma occorre toccare il cuore. In un momento così difficile, pieno di inquietanti semi di violenza, confrontandoci con la terribile logica della guerra frutto sempre della crescita di inimicizia e disprezzo della vita, la memoria delle vittime deve imporci un nuovo impegno per costruire un mondo di pace”.
TUTTO QUESTO MENTRE TORNANO a crescere i flussi migratori e riappare la parola “muri alle frontiere esterne”, per alcuni magica per tanti altri solo tragica. Secondo Frontex (l’agenzia delle frontiere esterne Ue) il 2022 ha registrato 330.000 ingressi irregolari, il «più elevato numero dal 2016». Il tema è stato evocato al Consiglio informale dei ministri dell’Interni Ue a Stoccolma e lo sarà di novo al Consiglio europeo informale del 9 e 10 febbraio. Però, i «muri» sono già ampiamente realtà. Secondo un documento pubblicato dal Parlamento Europeo lo scorso ottobre, a fine 2022 si contavano 2.048 chilometri di barriere ai confini Ue in 12 Stati membri, nel 2014 erano appena 315, nel 1990 zero.
A INIZIARE LA COSTRUZIONE DI MURI e, quindi, a dare il “cattivo esempio” fu la Spagna, che tra il 1993 e il 1996 realizzò 20,8 chilometri di recinzione intorno alle sue exclave in Marocco di Ceuta e Melilla. Pochi anni dopo è stato il turno della Lituania, che ha costruito barriere (71,5 chilometri) con la Bielorussia già tra il 1999 e il 2000, dunque prima di entrare nell’Ue (muri poi «ereditati» dall’Ue). In seguito alla crisi dei profughi “inviati” da Minsk in Europa, la repubblica baltica ha ampliato la recinzione a 502 chilometri. Poi, ecco i 37,5 chilometri di barriera (con pali d’acciaio alti cinque metri) al confine tra Grecia e Turchia lungo il fiume Evros, con Atene che ha già annunciato di essere pronta a costruirne altri 35 chilometri. Anche la Bulgaria ha eretto al confine turco una recinzione a partire dal 2014, che oggi conta 235 chilometri. Per non dire dell’Ungheria, che tra il 2015 e il 2017 ha costruito 158 chilometri di recinzione al confine serbo e 131 al confine con la Croazia (oggi membro Ue e di Schengen). Muri li troviamo anche ai confini esterni in Polonia, Estonia, Lettonia, in Francia all’imbocco del tunnel della Manica, per non parlare dell’Austria che nel 2015 ha «innovato», costruendo la prima recinzione (3,7 km) al confine con uno Stato aderente al trattato di Schengen, la Slovenia.
I MURI INSOMMA “crescono” e molti Stati membri vogliono che a finanziarli sia l’Ue (il primo a chiederlo fu il premier ungherese Viktor Orbán). Ed è di questi giorni la richiesta del cancelliere austriaco Karl Nehammer che Bruxelles eroghi due miliardi di euro per rafforzare la barriera eretta dalla Bulgaria al confine con la Turchia. Richiesta ribadita ieri a Stoccolma dal suo ministro dell’Interno Gerhard Karner. L’Austria è sotto forte pressione migratoria, come lo è l’Olanda (soprattutto per i flussi secondari da altri Stati Ue), che ha dato man forte a Vienna. A suo sostegno anche il presidente del Partito Popolare Europeo, Manfred Weber, per il quale “sebbene a nessuno piace costruire recinzioni, dov’è necessario queste devono essere fatte”.
GIÀ NELL’OTTOBRE 2021, dodici Stati membri (Austria, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Grecia, Ungheria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Slovacchia) hanno inviato alla Commissione una lettera chiedendo finanziamenti Ue per i “muri”. «Barriere fisiche – scrivevano – appaiono un’efficace misura di protezione dei confini che servono gli interessi di tutte l’Ue» e dunque «devono essere oggetto di fondi aggiuntivi adeguati dal bilancio Ue con la massima urgenza». La Commissione per fortuna ha resistito. “Non ci saranno fondi per fili spinati e muri” disse allora la presidente Ursula von der Leyen.
Stando così le cose, quando mai celebreremo Pace e Concordia per tutti i popoli?
LUCIANO COSTA