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Mala tempora currunt, ma la Pace è possibile

Sebbene non annunciata, pubblicizzata, messa tra gli eventi attesi e neppure usata per invitare a riflettere, oggi, 21 settembre, è la Giornata Internazionale della Pace, occasione per dare la sveglia ai dormienti che si cullano nell’idea che la pace “verrà se verrà”. La Giornata, che quest’anno vuole richiamare l’attenzione sul razzismo, venne istituita dall’Onu nel 1981, per invitare tutti i Paesi del mondo a sospendere qualunque ostilità e a cessare ogni violenza e inoltre a organizzare attività educative ed iniziative di sensibilizzazione sul tema della pace a tutti i livelli della vita sociale. Aiutare le attività educative a espandersi fino a diventare parte del vivere quotidiano dovrebbe essere impegno comune, addirittura la normalità. Invece, occupati come siamo in tutt’altre faccende, restiamo in attesa di qualcosa e di qualcuno che la lezione della pace venga a gridarla nelle strade e nelle piazze delle nostre città paesi frazioni villaggi… Pur convinti che serve promuovere una cultura della pace, troppo spesso restiamo indifferenti di fronte alla guerra: adesso quella che insanguina l’Ucraina e chissà quanti altri Paesi del mondo (sedici, forse di più sono quelli contati e definiti luoghi in cui si combattono grandi e piccole guerre fratricide), domani quella che metterà popoli della stessa Nazione uno contro l’altro armati, poi quella che userà la discriminazione razziale come metodo, quella che del razzismo farà la sua bandiera e della violenza la sua missione e quella che dopo aver messo a ferro e a fuoco le nazioni arbitrariamente invase obbligherà i popoli a subire l’oppressione spacciandola come suo volere, addirittura confermato da un referendum. E nelle regioni ucraine invase dalla Russia del folle Putin sta accadendo proprio questo.

Intanto, da Mosca mandano a dire che con i referendum la popolazione locale potrà “decidere del suo futuro”. Mai affermazione è sembrata più bugiarda, subdola, violenta e razzista…Infatti, chi altri guiderà la scelta degli oppressi se non la paura, il terrore di chissà quali ritorsioni, l’impossibilità di sentirsi liberi di scegliere piuttosto che obbligati a scegliere quel che l’invasore ha deciso debba essere scelto? Il referendum sull’annessione delle regioni ucraine occupate arbitrariamente dall’armata russa, per altro convocato in palese violazione del diritto internazionale, si svolgerà in un clima di guerra e sotto il peso di un’occupazione che certo non favorirà un regolare e sereno svolgimento e neppure una parvenza di legalità, soprattutto perché nessuno potrà controllare né la reale affluenza, né quanto le operazioni saranno falsate per ottenere un probabile risultato plebiscitario.

Poi, se il referendum ubbidirà al volere di Putin obbligando le regioni ucraine di Lugansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia a diventare parte integrante della federazione russa, allora i tentativi ucraini di riconquistare quei territori potranno essere considerati, paradossalmente, come un’aggressione alla Russia, tale da giustificare la mobilitazione che nessun cittadino russo o comunque sottomesso potrà rifiutare. Ovviamente, nessun Paese, forse esclusa la Bielorussia, riconoscerà a breve la sovranità di Mosca sulle zone in cui si voterà (Usa, Nato ed Europa hanno già condannato la decisione “inaccettabile”), ma questo non fermerà il piano del Cremlino. Nemmeno la strategia di Kiev sarà modificata. I risultati delle consultazioni per il Paese invaso resteranno carta straccia e la guerra continuerà come in precedenza. Anzi, si renderà più difficile trovare una soluzione diplomatica. Tuttavia, esiste anche un’altra possibilità, ovvero che il Cremlino stia cercando di porre fine al conflitto…

Però, questa mattina alle otto, nell’atteso, misterioso, annunciato, rinviato e poi di nuovo annunciato e confermato discorso alla Nazione, Putin il folle ha annunciato e firmato la mobilitazione parziale dei riservisti (definita “necessaria per il bene del Paese”), ha assicurato che “saranno usati tutti i mezzi possibili e immaginabili, utili a raggiungere gli obbiettivi stabiliti”, ha ricordato all’Occidente che anche la sua Russia “possiede l’atomica”, con ciò mettendo in chiaro che “ogni opzione è possibile”, anche la peggiore.

Mala tempora currunt” (significa che “si avvicinano tempi bui”, oppure che “corrono tempi cattivi”) dicevano gli antichi. Purtroppo, quel grido è ancora attuale e l’odierna Giornata della Pace, voluta dall’Onu (Organizzazione delle Nazioni Unite), sembra fatta apposta per dimostrarlo. Poi, gente autorevole e apprezzata (ad esempio il nostro Presidente del Consiglio Mario Draghi, riconosciuto negli USA “statista dell’anno” mentre da noi, adesso, è solo un facente funzioni) chiede pace, rispetto dei diritti di ciascuna Nazione, dignità per i popoli della terra, sviluppo integrale e solidale di ogni persona, capacità di essere uguali pur appartenendo a razze e religioni diverse…

Mario Draghi, parlando all’Assembla dell’ONU, davanti al rischio di una nuova Guerra Fredda, di una nuova “polarizzazione” innescata dalla guerra della Russia contro l’Ucraina, ha detto che sarà il modo in cui “trattiamo con le autocrazie” che “definirà la nostra capacità di plasmare il futuro”. Ha poi aggiunto che per garantire quel tipo di futuro servono “franchezza, coerenza e impegno”. Vale a dire: bisogna essere “chiari ed espliciti sui valori fondanti delle nostre società”, è necessario avere fede nella democrazia e nello Stato di diritto, occorre garantire il rispetto dei diritti umani e la solidarietà globale. Ideali che dovrebbero “guidare la nostra politica estera in modo chiaro e prevedibile”, ha detto Draghi. Infatti, se si traccia una “linea rossa” oltre la quale esiste il sopruso e prospera la violenza, bisogna “rispettarla” e se si prende un impegno, tale impegno deve essere onorato, anche per non “pentirsene dopo”. Draghi ha anche detto chiaramente che bisogna essere pronti a “collaborare” anche con i governi autoritari, però senza “compromettere i nostri valori fondamentali”.

Nonostante corrano tempi malefici e oscuri, il nostro Presidente del Consiglio si professa ottimista, perché il mondo supererà le crisi e vedrà sorgere un giorno nuovo e degno d’essere vissuto, perché la Russia tornerà “alle norme che ha sottoscritto nel 1945”, perché l’Ucraina troverà quella “pace” che non bisogna smettere di cercare e perché la cooperazione globale aiuterà a risolvere i problemi globali, quelli generati dalla pandemia, quelli imposti dai cambiamenti climatici, quelli che si misurano e si manifestano in presenza di guerre, disparità di accesso alla casa, al cibo, all’acqua, e all’istruzione, nonché nella ricerca di un lavoro.

Oggi è il giorno della pace. Dovremmo usarlo come antidoto al tempo malefico. Potremmo così vedere il nuovo che avanza senza averne timore, sicuri che la giustizia e la diplomazia e non l’offesa e l’usurpazione avranno cittadinanza. Volendo, anche adesso “un futuro assieme e in pace è davvero possibile”.

LUCIANO COSTA

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