Attualità

Memoria e ricordi, tutto in un solo giorno…

Tutto in un giorno: il 9 maggio 1950 a Parigi, con un memorabile discorso, Robert Schuman, allora ministro degli esteri, spiegava l’idea di una nuova forma di collaborazione politica in Europa, che avrebbe reso impensabile la guerra tra le nazioni europee e, allo stesso tempo, fatto nascere l’Unione Europea, la nuova Europa dei popoli e delle nazioni. Quel giorno a Parigi, alla stampa internazionale convocata per una comunicazione della massima importanza, Robert Schuman, forte dell’appoggio che altri due grandi europeisti gli garantivano (erano l’italiano Alcide De Gasperi e il tedesco Konrad Adenauer i suoi compagni d’avventura) diceva: “”La pace mondiale non potrebbe essere salvaguardata senza iniziative creative all’altezza dei pericoli che ci minacciano. Mettendo in comune talune produzioni di base e istituendo una nuova Alta Autorità le cui decisioni saranno vincolanti per la Francia, la Germania l’Italia e i paesi che vi aderiranno – aggiungeva -, saranno realizzate le prime fondamenta concrete di una federazione europea, indispensabile alla salvaguardia della pace”. Quella dichiarazione, sulla cui forza è stata istituita la Giornata dell’Europa, poneva le basi per la nascita di una istituzione europea sovrannazionale cui affidare la gestione delle materie prime che all’epoca erano il presupposto di qualsiasi potenza militare: il carbone e l’acciaio. “Schuman, Adenauer e De Gasperi – spiegò un giorno lontano Mario Pedini, politico bresciano tra i primi sostenitori di un’Europa finalmente unita – erano i padri di un’iniziativa grandiosa: impedire altre guerre e altri ricorsi alle armi”. Quel pensiero fu alla base della decisione, assunta il 9 maggio 1985 dai Capi di stato e di governo riuniti a Milano, di proclamare quella data “Giornata dell’Europa”, da celebrarsi ogni anno e in qualunque situazione.

Tutto in un giorno: il 9 maggio 1978 le Brigate Rosse – uomini e donne votate alla distruzione e all’annientamento di chiunque non fosse con loro – restituivano all’Italia il corpo martoriato di Aldo Moro, parlamentare democristiano illuminato e coraggioso, che loro avevano rapito il 16 marzo e poi, dopo giorni interminabili di prigionia, di proclami, di violenze e di minacce, ucciso barbaramente e barbaramente restituito alla società racchiuso nel bagagliaio di un’automobile abbandonata in via Caetani a Roma, a due passi dalla sede della Democrazia Cristiana e di quella del Partito Comunista. Quel giorno si consumava una delle pagine più tristi e nere della storia Italiana. “L’odio e la violenza – ha detto ieri il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, celebrando il Giorno della Memoria dedicato alle vittime del terrorismo – costituiscono il percorso dei regimi autoritari, rappresentano il fallimento dell’umanità, chiamata alla libertà e al rispetto reciproco”.

Tutto in un giorno: il 9 maggio 1978 in Sicilia, a Cinisi, il giornalista Peppino Impastato, noto per la sua attività di denuncia contro Cosa Nostra, veniva ucciso e il suo corpo fatto ritrovare in un casolare vicino Palermo. Ricordando gli eventi di quel giorno, il pensiero del Presidente degli Italiani è andato di nuovo alle vittime che ancora oggi “parlano a tutti noi, parlano ai nostri giovani, sollecitandoli a fare delle istituzioni il luogo autentico del confronto politico, a non lasciarsi accecare dall’odio né tentare dalla violenza per imporre le proprie convinzioni”. Quel giorno l’odio dei mafiosi si mischiava orrendamente a quello dei brigatisti rossi. Perché quel giorno non passasse invano e fosse ricordato quale monito contro ogni violenza, il 9 maggio 2007 venne proclamato “Giorno della Memoria”, dedicato alle vittime del terrorismo. E già in occasione della prima ricorrenza, il 9 maggio 2008, l’allora presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, sottolineò l’importanza di preservare la memoria collettiva, spiegando come fosse necessario “scongiurare ogni rischio di rimozione di una così sconvolgente esperienza vissuta dal Paese, per poter prevenire ogni pericolo di riproduzione di quei fenomeni” che tanto costarono alla democrazia e agli italiani.

Tutto in un giorno: il 9 maggio 2023 ricorda al mondo che la guerra d’aggressione scatenata dalla Russia contro l’Ucraina, dura da 440 giorni e anche che nessun spiraglio di Pace è visibile, che il rumore delle armi è sempre assordante, che le armi continuano a essere, per qualcuno ricchezza, per altri morte… iri a Mosca, su un’allucinante Piazza Rossa affollata da ogni cosa ritenuta abile alla guerra, il dittatore Putin ha detto che il mondo è a un “punto di svolta”, con una “vera guerra” in corso contro il suo Paese, cercando così di collegare l’aggressione del 24 febbraio dell’anno scorso alla lotta contro Hitler, grazie alla tesi per cui Mosca sta difendendo la propria sovranità. Il dittatore Putin ha anche sostenuto che la Russia vuole un futuro “pacifico” e ha accusato l’Occidente di avere seminato “odio e russofobia”. Nelle stesse ore, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, giunta nella capitale ucraina per un incontro col presidente Volodymyr Zelensky, ha ribaditoi che Kiev è il “cuore pulsante” dei valori europei. “L’Ucraina è sulla linea del fronte in difesa di tutto quello che noi europei abbiamo a cuore: la libertà, la democrazia, la libertà di pensiero e di parola”, ha scandito von der Leyen, durante una conferenza stampa congiunta con Zelensky. “In Russia, Vladimir Putin e il suo regime hanno distrutto questi valori e ora tentano di distruggerli qui in Ucraina, perché hanno paura del successo che rappresentate e dell’esempio che date. Hanno paura del vostro percorso verso la Ue”.

LUCIANO COSTA

Altri articoli
Attualità

Potrebbero interessarti anche