“El nino”, fenomeno atmosferico temuto e periodico, non c’entra, ma il mondo, comunque, soffre, è in affanno, non sa che pesci pigliare (salvo rare eccezioni). Sul grande palcoscenico del mondo va in onda non il giocoso menestrello-barbiere-figaro, bensì il terrificante rombo degli ordigni che scoppiano e menano lutti e macerie… Oggi il menestrello non canta “figaro qua o là”, ma “bombe qui, bombe là, bombe su, bombe giù, bombe bombe bombe, che tutti le vogliono, tutti le cercano”. E non sono soltanto le bombe guerrafondaie, fatte apposta per offendere e distruggere nazioni e popoli, a fare rumore. Con uguale fragore scoppiano e fanno rumore le “bombe” politiche: fatte di parole e slogan ma capaci di compromettere alleanze, accordi, modi di vivere, ricerche di pace e concordia, benessere per tn ti se non ancora per tutti. E basta guardarsi intorno per rendersene conto…
Il Premier olandese s’è dimesso, ufficialmente per divergenze sulla gestione dei migranti. Il Presidente tunisino, che volentieri ha accettato gli aiuti internazionali, resta ancora distante da un’azione di salvaguardia dei diritti dovuti ai suoi cittadini e di salvaguardia per i migranti che da lì’ sognano di approdare su spiagge e porti che li sollevino dalla disperazione in cui sono obbligati da fame, guerre e carestie. Il Presidente ucraino è andato in Turchia per capire se e come l’esportazione del grano dal suo paese può essere sottratta all’invadenza della Russia. Il Presidente russo, benché evidentemente depresso e mortificato per i fatti che sempre più lo riguardano, mostra i muscoli che gli rimangano (per la verità abbastanza mosci). Il presidente cinese ammonisce sull’uso dell’atomica ma non fa nulla per ricondurre alla ragione i suoi assistiti (primo tra tutti il folle zar Putin). Il Presidente americano inciampa (metaforicamente, per adesso) sulle munizioni-armi-bombe da consegnare all’Ucraina come aiuto contro l’invasore. Il presidente brasiliano, maldestramente, se la prende con il nostro pallonaro-allenatore più amato e vincente raccomandandogli di allenare qui e non là. La Premier italiana fa i conti col potere gestito (che è ben altra cosa da quello preteso), con il bello delle dimissioni (facili da pretendere stando all’opposizione, complicate se riguardano la maggioranza conquistata) e con “quei quattro magistrati che alzano la cresta e mettono il becco tra gli affari di alcuni esponenti del governo in carica. Fuori dal coro, cioè lucido e lungi dagli affanni che affliggono altri, resta il Presidente della Repubblica Italiana, che prima in Cile e poi in Paraguay è andato a ribadire la necessità di “pensare e agire uniti” se si vogliono costruire orizzonti stabili di pace, concordia, libertà e democrazia.
Stamani, insieme alle cronache abituali, sono andate in onda immagini angoscianti provenienti dalla Tunisia. Pestaggi, aggressioni, espulsioni: sale la tensione a Sfax, punto di raccolta e di partenza per molti “viaggi della speranza” di migranti subsahariani, contro i quali è esplosa la violenza dei residenti. Ad aggravare il clima già infuocato anche la morte di un giovane tunisino, accoltellato nei giorni scorsi durante una rissa con i profughi. Tre migranti sono stati arrestati con l’accusa di omicidio. Secondo alcune ong, tra cui Human Rights Watch, centinaia di subsahariani sono stati portati in zone desertiche del Paese, al confine con la Libia e con l’Algeria, e molti di loro sono rimasti senza cibo, né acqua, abbandonati nel nulla. Tutto questo mentre il presidente Kaïs Saïed sceglie la linea dura: “La Tunisia — ha detto ieri – non tollera di essere zona di transito o territorio di insediamento per persone provenienti da più Paesi africani”. La situazione viene seguita da vicino dall’Unione europea: “La nostra cooperazione con la Tunisia in materia di migrazione si basa sul rispetto della dignità e dei diritti dell’uomo e dei migranti”, ha ribadito la Commissione Ue. Però, come le immagini di stamani confermavano, la disperazione è palpabile, con i profughi che, di ora in ora, cercano una via di fuga verso la salvezza.
Così oggi e, probabilmente, così domani. Gli affanni del mondo, infatti, non diminuiscono mai.
LUCIANO COSTA