L’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) è (o dovrebbe essere) il luogo in cui i popoli si incontrano per dirimere le controversie e per garantire pace e giustizia. L’ONU deplora, condanna, ammonisce, implora chi aggredisce, offende, affama, invade e calpesta i diritti e la libertà di una Nazione rappresentata nella sua grande assemblea. L’ONU è garanzia di giustizia e pace tra i popoli… Ma purtroppo il suo potere diventa inutile quando una delle grandi potenze garanti della sua esistenza e inviolabilità impone il suo veto. Ieri, il presidente dell’Ucraina invasa dalla Russia e teatro di una guerra che ogni giorno diventa più feroce e assurda, rivolgendosi in collegamento video da Kiev al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha affermato che “Mosca porta avanti azioni terroristiche e sta commettendo i peggiori crimini di guerra”. L’ONU ha ascoltato attonita… E ascoltando ha dovuto prestare attenzione all’accusa severa che l’Ucraina gli rivolgeva. “Dovete garantire la sicurezza, ma non lo state facendo. Dove sono le garanzie delle Nazioni Unite?”, ha gridato il coraggioso presidente. Volodymyr Zelensky. “Qui, in questa terra fino a ieri libera e pacifica – ha aggiunto -, i militari russi e i loro comandanti seminano morte, fanno strage di civili… Per questo devono essere processati per crimini di guerra… La Russia e il suo capo supremo devono rispondere delle loro azioni davanti al mondo… Per loro serve un tribunale che sul modello di Norimberga giudichi i crimini commessi”. E per evitare che un veto impedisca di aprire questo tribunale, ecco la richiesta di “rimuovere la Russia” dal Consiglio di sicurezza dell’Onu “in modo che non possa sottrarsi alla responsabilità derivante dalle aggressioni compiute”. Aggressioni documentate in un filmato in cui si vedono immagini raccapriccianti di civili, inclusi bambini, uccisi in città dell’Ucraina. “L’orrore che abbiamo visto a Bucha – ha affermato Zelensky –
lo abbiamo visto a Irpin, a Dymerka, a Motyzhin in tante altre città, in tanti altri luoghi…”. Per uscire da questa orrenda situazione “abbiamo bisogno – ha detto il segretario generale dell’ONU – di seri negoziati per la pace, basati sui principi della Carta dell’Onu. Il conflitto in Ucraina è una delle più grandi sfide di sempre per l’ordine internazionale e per l’architettura della pace globale”.
Dopo il grido di dolore rivolto dal presidente ucraino all’ONU, ieri padre Sauca, segretario generale del CEC (Consiglio ecumenico delle Chiese), organismo ecumenico con sede a Ginevra che riunisce 349 Chiese protestanti, ortodosse e indipendenti e rappresenta più di 550 milioni di cristiani in oltre 120 Paesi, ha detto che “i rapporti che ora emergono da Bucha e da altre aree vicino a Kiev danno indicazioni evidenti di gravi violazioni del diritto internazionale. Il Consiglio ecumenico delle Chiese – ha aggiunto – esprime il suo orrore per le atrocità riportate, che devono essere opportunamente indagate e documentate in modo che i responsabili possano risponderne legalmente e personalmente, e rivolge un forte appello ai responsabili che hanno concepito, perseguito e sostenuto questa guerra, affinché fermino lo spargimento di sangue e la distruzione e salvino la vita di tutti i bambini, le donne e gli uomini”. Dando risalto all’appello lanciato dal Consiglio Ecumenico delle Chiese, il direttore di “Avvenire” ha scritto: “Impariamolo una volta per tutte: i corpi straziati di Bucha non sono un’eccezione atroce, sono il volto e il corpo della guerra, Questa è il mostro, e quella è la ferocia. Sempre. In ogni conflitto e anche nella guerra scatenata da Vladimir Putin contro l’Ucraina, Una guerra che nessuno ha saputo (o voluto) prevenire e impedire. Una guerra che nessuno ancora oggi sa come fermare…”.
Però, basterebbe ripensare i valori alla base della nostra società, basterebbe cercare davvero la pace, basterebbe interrogarsi su cosa sia realmente l’accoglienza. In questo esercizio di ricerca e riflessione si sono cimentati e si stanno esercitando, spinti dai loro vescovi, i giovani lombardi. Il conflitto ha provocato in loro un senso di disorientamento, incredulità e paura… a cui in tanti hanno risposto mettendo in campo azioni di solidarietà concreta. “Da quando è scoppiata la guerra – ha scritto Elisa Ghisetti, una ragazza ventunenne di Crema che di fatto rappresenta tanti altri giovani che come lei cercano di capire quel che sta accadendo – sento che l’unica nostra certezza è l’incertezza. Negli ultimi giorni, ha aiutato un’amica a preparare l’accoglienza di una famiglia ucraina. Avevo bisogno di trovare alcuni vestiti, ho chiesto aiuto tramite i social media e sono arrivate tantissime cose. Se c’è una cosa che possiamo imparare dalla guerra in Ucraina, è che il bene genera bene e il male genera male”.
Domenica sera a Torino, prima di Juventus-Inter, il “derby d’Italia” visto in tutto il mondo, davanti ai giocatori mescolati tra loro, due cantanti di bianco vestite, l’ucraina Kateryna Pavlenko e l’italiana Gaia, hanno intonato “Imagine”, unanimemente ritenuto canto di pace e concordia, tenendosi per mano. Le telecamere hanno girato attorno a loro poi si sono fermate sulle lacrime disegnate sul volto del portiere polacco della Juve, Szczesny, con moglie ucraina. Era cronaca, ma i quotidiani del lunedì hanno sorvolato. Alla partita, bruttina assai, la “Gazzetta dello sport” ha dedicato otto pagine tra cronache, pagelle e chiacchiere; ma all’omaggio reso all’Ucraina appena uno striminzito inquadrato con fotina e la miseria di due righe di testo. Su “Repubblica” ho visto e letto cinque righe dedicate alle lacrime di Szczesny ma nessun elogio alle due cantanti. Ho visto nulla di nulla sul “Corriere” e sul “Giornale”. Soltanto la “Stampa” dedicava un piede di pagina, scritto da Giulia Zonca, all’esibizione di Kateryna e Gaia, breve ma capace di farci ascoltare il silenzio assordante dello Juve Stadium… “Un inedito in Italia – ha scritto la giornalista -, un messaggio di pace infilato in una partita di calcio, non proprio scontato”.
LUCIANO COSTA