La “festa mondiale degli anziani”, celebrata ieri, non ha invaso giornali e reti televisivi, lascia però un segno indelebile, che richiama tutti a “rifare i conti” con la vecchiezza, la stagione del riposo ma anche del “futuro più strano”, a volte sereno, altre amaro, altre ancora drammatico. Chi ha dato valore e voce all’anzianità è stato papa Francesco, per il quale gli anziani sono le “radici di cui i più giovani hanno bisogno per diventare adulti”. Nell’omelia della Messa celebrata in San Pietro, Francesco si è soffermato, in particolare, sulle relazioni fra giovani e meno giovani, da coltivare e far crescere, e guardando al mondo di oggi ha esortato ad avere cura degli anziani, a non dimenticarli. “Stiamo attenti – ha ammonito -, che le nostre città affollate non diventino dei concentrati di solitudine; non succeda che la politica, chiamata a provvedere ai bisogni dei più fragili, si dimentichi proprio degli anziani, lasciando che il mercato li releghi a scarti improduttivi. Non accada che, a furia di inseguire a tutta velocità i miti dell’efficienza e della prestazione, diventiamo incapaci di rallentare per accompagnare chi fatica a tenere il passo. Per favore, mescoliamoci, cresciamo insieme”.
Il papa ha poi aggiunto che “il cristiano non è un ingenuo che vive nel mondo delle favole, che fa finta di non vedere il male e dice che va tutto bene; semmai è realista: sa che nel mondo ci sono grano e zizzania, e si guarda dentro riconoscendo che il male non è da attribuire sempre agli altri e che non bisogna inventare dei nemici da combattere per evitare di fare luce dentro sé stessi… Perché il male, spesso, viene da dentro… Ma se nel mondo bene e male convivono insieme, la soluzione non è sradicare quest’ultimo, ma operare per far trionfare il bene. Magari – ha aggiunto Francesco – senza illudersi… Perché “la purificazione del cuore e la vittoria definitiva sul male sono, essenzialmente, opera di Dio. E noi, vincendo la tentazione di dividere grano e zizzania, siamo chiamati a capire quali sono i modi e i momenti migliori per agire”. Soprattutto, “nel grano buono e nella zizzania anziani e nonni devono vedere le tante cose belle realizzate nella vita e le sconfitte, gli errori, accogliendo con serenità e pazienza il mistero della vita, non vivendo di rimpianti e di rimorsi…”. Senza mai dimenticare che “la vecchiaia è un tempo benedetto: è la stagione per riconciliarsi, per guardare con tenerezza alla luce che è avanzata nonostante le ombre…”.
Anziani e nonni, poi, sono come il grande albero che offre ombra e protezione, sono come “alberi rigogliosi, sotto i quali figli e nipoti realizzano i propri nidi, imparano il clima di casa e provano la tenerezza di un abbraccio”. Così, è bello immaginare “i nonni con i figli e i nipoti, gli anziani con i più giovani”, perché, ha detto un’altra volta il papa “abbiamo bisogno di una nuova alleanza tra giovani e anziani, perché la linfa di chi ha alle spalle una lunga esperienza di vita irrori i germogli di speranza di chi sta crescendo. In questo scambio fecondo impariamo la bellezza della vita, realizziamo una società fraterna…”.
Dunque, anziani e giovani insieme, perché proprio questo camminare insieme “sconfigge gli individualismi e gli egoismi, e ci aiuta a generare un mondo più umano e fraterno… E allora occorre vigilare perché nelle nostre vite e nelle nostre famiglie non emarginiamo i più anziani… Nonni e anziani, davvero “non possiamo derubricarli dall’agenda delle nostre priorità”.
LUCIANO COSTA