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Novantadue sconosciuti…

La notizia, passata quasi del tutto inosservata, raccontava di novantadue uomini trovati al confine tra Grecia e Turchia, completamente nudi, con evidenti segni di violenza e tortura. Nella sua cruda evidenza, la notizia non spiegava cosa fosse successo e perché quei novantadue uomini si trovassero in quelle condizioni. Diceva invece che nella ricca Europa, tra nazioni libere e democratiche, era ancora possibile registrare violenze e soprusi inauditi. Aggiungeva anche la preoccupazione che il fatto non fosse il primo e neppure l’ultimo della serie. Quella notizia ha rimesso al centro il grande dramma dell’emigrazione, la violenza morale e materiale che ad essa si accompagna, l’incapacità di arginarla e di collocarla tra le priorità del mondo civile, la scarsa volontà di aprire città e paesi all’accoglienza…

Andrea Monda ha scritto ieri l’altro per dire che dovremmo parlare “delle novantadue persone, perché di persone umane si tratta, che sono state trovate al confine tra Turchia e Grecia: tutti uomini e sono vivi”. Ma, dice il notista vaticano “sono stati trovati nudi e con ferite visibili, dopo aver attraversato il fiume Evros, confine naturale tra le due nazioni. Secondo le autorità greche hanno subito gravi maltrattamenti, sono stati sottoposti a trattamenti degradanti. Dovremmo parlare di loro. Dovremmo fermarci, nel nostro lavoro di “erogazione continua di notizie” e dare spazio, nelle nostre prime pagine, a queste persone”.

Però, che senso avrebbe parlare solo dei “novantadue” e non di ciascuno di loro? “Sono uomini di origine afghana e siriana ma non sappiamo altro, oltre a quello che ci narrano le loro ferite e la loro nudità – spiega Andrea Monda -. Sono come delle “Sindoni viventi”. Chi sono veramente? Innanzitutto, come si chiamano? Dove sono le loro famiglie, le loro case, i loro amici, i loro beni? Come vivono, che lavoro fanno, che fanno quando non lavorano, cosa gli piace fare nel tempo libero? Domande che suonano stridenti, inopportune, forse ingenue, ma che dovremmo porci, guardandoli negli occhi e chiedendo loro perdono. Guardando i loro volti e chiamandoli per nome. Chi può farlo? La risposta la conosciamo: chiunque, ognuno di noi potrebbe farlo, se lo volesse. Ma è questo il punto: cosa vogliamo veramente? Forse è preferibile rimanere nello stordimento delle notizie a raffica e in quella vaghezza confusa dei numeri: novantadue. Una notizia posta a fianco ad altre notizie con altri numeri, niente volti, niente nomi, niente storie. E nessun contatto, nessuna prossimità…”.

Sì, sono davvero scomodi quei novantadue uomini nudi e feriti.

LUCIANO COSTA

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