Mi sono sorbito ieri ore di commenti e chiacchiere attorno ai risultati elettorali sommando una serie di dati perfettamente inutili e singolarmente inadatti a offrire una risposta plausibile all’unica domanda importante, quella che proponendo una serie di perché – perché andare a votare, per chi votare, per quale modello politico votare, perché questo e non quello e perché sottomettersi al giudizio delle percentuali… – di fatto li cancella tutti perché il dato più inquietante è che son più quelli che non hanno votato di quelli che hanno votato. Non mi inquietano le astensioni, semmai mi amareggiano le giustificazioni inventate per giustificare il non giustificabile abbandono della responsabilità di scegliere. Comunque, oltre il dato delle astensioni dal voto, la conta dei voti ha dato un volto ai governi di città e paesi. Se interessa, a Roma e Torino ha vinto il centro-sinistra, a Trieste ha (ri)vinto il centro-destra, negli altri centri interessati un po’ di più l’uno e un po’ meno l’altro.
A botta calda, il profilarsi di un “quasi-cappotto” del centrosinistra ai danni del centrodestra nelle grandi città ha suscitato da una parte commenti entusiasti e dall’altra dichiarazioni asciutte e minimizzanti o un imbarazzato, e comunque eloquente, silenzio. Non ha parlato il novello capo dei Cinque stelle. Invece, il segretario del Pd Enrico Letta, di solito compassato, ha sfoderato toni esultanti, intestandosi personalmente la linea degli accordi ampi fra le forze di centrosinistra che ha rafforzato molte candidature: «Ho sempre imparato che la cosa più importante è ascoltare gli elettori – ha argomentato Letta -. E loro sono più avanti di noi, si sono saldati e fusi, quelli del centrosinistra e della coalizione larga che ho voluto costruire. Con una vittoria trionfale». La Meloni, titolare della destra, ha ammesso mestamente di aver sbagliato i candidati.
Dal canto suo, il leader leghista Salvini, esibendo una notevole faccia tosta, ha provato a minimizzare la portata dei risultati scaricando la responsabilità della disfatta sull’alta percentuale di astensionismo, in media oltre il 40%. “Se uno viene eletto da una minoranza della minoranza, è un problema non per un partito, ma per la democrazia” ha detto ai suoi che lo seguivano in su e in giù per l’amica Calabria. Poi ha aggiunto: “Lo zerovirgola in più o in meno in questo momento non mi preoccupa. Il nostro obiettivo è vincere le elezioni politiche tra un anno e per questo ci stiamo organizzando qui e in tutta Italia».
Nel resto della coalizione di centrodestra la botta dei risultati appare dura da digerire. Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, evitando commenti ha fatto i complimenti all’unico candidato vincente della coalizione: il sindaco di Trieste, eletto per la quarta volta. La destra più destra, per bocca della sua leader Giorgia Meloni ha ammesso che “Il centro-destra esce sconfitto alle amministrative. Infatti non riusciamo a strappare al centrosinistra le grandi città. Ma è una sconfitta e trovo eccessivo parlare di una disfatta”. Poi la sua originale sentenza: “La gente non è andata a votare perché la politica con i giochi di palazzo ha mortificato la volontà dei cittadini. La sinistra ha trasformato questa campagna in una lotta nel fango e l’ha fatto criminalizzando l’avversario, cercando di rendere impresentabile l’altro ritirando fuori slogan degli anni ’70. Dunque, nessun partito può gioire quando una città come Roma elegge il proprio sindaco con queste cifre. C’è una crisi della democrazia, non della politica. Tutti dovrebbero interrogarsi”.
Però, ciò che nessuno o pochi del centrodestra dicono è che visti i risultati, la tensione potrebbe innescare una nuova fase di “resa dei conti” fra le forze che stanno al governo a sostegno dell’esecutivo di Mario Draghi (Lega e Fi) e Fratelli d’Italia, che ha scelto di restare all’opposizione. Lo si intuisce dalle “accorate considerazioni” spiattellate dalla Meloni: “Rimane un tema che ci penalizza: i tre partiti hanno tre posizioni differenti. È evidente che, soprattutto nel momento in cui un pezzo del centrodestra governa insieme al centrosinistra, è normale che questo renda difficile creare un’alternativa chiara e possa creare disorientamento nell’elettorato del centrodestra, soprattutto nel secondo turno. Noi siamo stati penalizzati soprattutto nel secondo turno”.
Se può valere il commento di un ex ministro di centrodestra come Gianfranco Rotondi, che vanta un passato da democristiano (uno che prima delle amministrative a Milano, fiutato il vento contrario è corso ad il candidato di centrosinistra), sappiate che “adesso, nel centrodestra proveranno a girare alla Meloni la colpa di un fallimento di leadership”. Ma poi, girato l’angolo, torneranno a fare quel che hanno sempre fatto: ascoltare poco, camminare lontani dalla folla che pensa e quindi giudica, ambire segretamente ma concretamente a un collegio sicuro… Ovviamente per sé.
Finita l’orgia dei risultati adesso incomincia la ricerca di qualcosa di cui valga la pena argomentare. Per esempio, di come ridare dignità alla politica e al voto.
LUCIANO COSTA