Passata la festa, archiviati gli entusiasmi, sentiti gli elogi e scansati gli sproloqui, adesso è tempo di tornare alla normalità. Certo, nel calcio siamo campioni d’Europa, ma c’è di più (diventare campioni del mondo, per esempio), o anche di meno (galleggiare sul passato senza certezze per il futuro). Però, godiamoci questo magico momento e “sentiamoci – ha detto il Presidente Mattarella agli atleti – davvero italiani, uniti e pronti ad affrontare le sfide che ancora ci attendono”. E’ evidente che andare oltre la festa implica accettare quella normalità dalla quale siamo fuggiti. Però, è obbligatorio farlo e se così non fosse vorrebbe dire che il nostro Bel Paese, dimenticando le fatiche consumate per esserlo, preferisce essere quel paese dei balocchi assai caro alle favole ma improponibile e impossibile da vivere.
Il dopo-festa incomincia da una pandemia, che non smette di preoccupare e infastidire, pronta a stendere i suoi tentacoli colorati sull’Italia adesso solo intenta a immaginare tempi nuovi, sani e felici. Secondo Walter Ricciardi “la pandemia è entrata in una nuova, ulteriore fase, densa di potenziali pericoli e di confusione”. Così, in tutto il mondo la rapida diffusione della variante Delta “rappresenta una grave minaccia” ed evidenzia la necessità “di una efficace leadership informata”. Basta guardarsi intorno e leggere i dati per rendersene conto: in Africa la terza ondata, iniziata ai primi di maggio, sta mettendo a dura prova gli ospedali; in Australia, dove la prima fase era stata gestita benissimo, adesso dominano paura e disordine ed emerge l’insufficienza vaccinale ingigantita dalla “scarsa energia posta dal Governo nel promuovere la campagna e per un elevato livello di compiacimento da parte della popolazione”; in Europa, dove la Spagna e il Portogallo si sono fatti trovare ancora una volta scoperti, quello che attualmente sconcerta di più è l’atteggiamento del governo inglese, non solo per la possibilità data al virus di diffondere il contagio nel continente europeo, ma soprattutto per la preannunciata cessazione di ogni misura preventiva e restrittiva dal prossimo 19 luglio, quando le regole saranno sostituite da decisioni personali…
Purtroppo, non esiste ancora un sistema globale di difesa, semmai si procede per tentativi, ma immaginare, come sta facendo la Gran Bretagna, un “liberi tutti” immediato è “eticamente vuoto ed epidemiologicamente stupido”. L’Italia, come la maggior parte dei Paesi membri dell’Unione Europea, continua a basare le sue decisioni sull’evidenza scientifica, ma rimane vulnerabile. “Per questo, ora più che mai – ha scritto Walter Ricciardi -, è necessario accelerare il percorso verso quel nuovo trattato pandemico globale capace di vincolare i Governi a decisioni che siano basate sull’evidenza scientifica e non sull’ideologia o sugli opportunismi politici”. In caso contrario “le pandemie dureranno a lungo e il prezzo da pagare sarà altissimo”.
L’altro spinoso tema del dopo-festa è quello del decreto legge sull’omotransfobia (meglio conosciuto come decreto Zan), che oggi approda al Senato rischiando di provocare un putiferio politico di cui faremmo volentieri a meno. In aula maggioranza e minoranza si daranno battaglia su temi – l’ho scritto e torno a ripeterlo – che non hanno bisogno di nuove leggi, ma semmai di nuovo buon senso e di rinnovata fiducia nella Costituzione (basta leggerla per trovare, anche in questo caso, le risposte che servono). Poi, si andrà alla conta dei voti. E mai conta sarà scontata. Sulla carta, ma solo su quella, la maggioranza dispone di undici voti in più, sei dei quali in bilico e altri probabilmente compromessi dal voto segreto. Nessuna mediazione e nessun ritocco, o forse più di una mediazione e più di un ritocco? Oggi conosceremo la risposta.
Pietro de Marco, sociologo dell’Università di Firenze, scrive che “la natura ambigua dei testi toglie al decreto legge Zan quella qualità universalistica che una legge esige. Un Parlamento – aggiunge – è sovrano (costituzionale) ma è anche succube delle proprie maggioranze; non detti regole alla ragione e non decida dei fondamenti culturali. Altrimenti l’incostituzionalità della legge che ne deriverebbe è quasi una certezza”. Angelo Moretti, presidente dell’associazione che vorrebbe essere Sale della terra, come alternativa al decreto, propone “una giornata nazionale sull’affettività ed il mistero dell’umanità”, soprattutto perché “abbiamo bisogno di tornare a parlare di ignoranza e conoscenza nelle scuole, bisogno di apertura e di vitalità del genere umano, mentre non abbiamo assolutamente bisogno di semplificare il dibattito per legge, riducendolo a una difesa di nuove categorie da promuovere culturalmente in maniera preconfezionata. Proprio su questi punti –aggiunge – dovremmo auspicare tutte e tutti che il dibattito non prenda una piega ideologica, ma che conservi un’impronta di grande apertura culturale, dimostrando come il decreto in discussione non sia immodificabile, ma una grande occasione da non perdere”.
LUCIANO COSTA