Mentre si dissolve il valore delle ferie, aumenta quello delle sorprese. Allegri, è n ritornello risaputo, che arriva puntuale quando agosto s’avvia alla conclusione e si parla di ripresa: riprende il suo corso arrabbiato la politica, riprendono gli affanni del quotidiano, si ripresentano i problemi lasciati in sospeso… E chi può gioisce, gli altri s’arrangino. Oggi il quadro delle notizie è lo specchio fedele di ciò che siamo: euforici per il nuovo allenatore della nazionale di calcio (uno Spalletti al posto di un Mancini); preoccupati per il crollo degli imperi finanziari cinesi fondati sul mattone per sé e per il resto del mondo che alla mangiatoia cinese felicemente si alimenta; increduli di fronte al caos suscitato da un libro (per niente esaltante) scritto da un generale dell’esercito che dovrebbe ben sapere che nel suo stato di servitore dello Stato le idee sui sottoposti (in genere una platea diversamente qualificata) le tiene per se stesso; arrabbiati per la faciloneria con cui i vertici della potente ma ridicola Russia di Putin (pazzo zar delle sue immaginifiche terre) parlano di deterrente nucleare abbinato alla loro guerra di aggressione all’Ucraina (piccola superstite, almeno fino a questo momento, di un’orrenda e avvilente follia), scombussolati dai venti di dittatura che spirano su una nazione africana; turbati al caldo che s’annuncia… E, quindi, ansiosi di andare oltre. Dove lo diranno le prossime settimane.
NON OCCORRE ANDARE TROPPO LONTANO, invece, per incontrare qualcuno che fa parte dell’1% delle persone più ricche del mondo, quella cerchia nemmeno troppo ristretta dei 59,4 milioni di adulti che hanno un patrimonio complessivo di 208.300 miliardi di dollari, della quale tanti attori (1,3 milioni) sono italiani. Non solo: gli adulti italiani dentro il 10% dei più ricchi del mondo sono 19,8 milioni: uno su due. Questi numeri (se volete verificarli li trovate nel “Global Wealth Report” presentato nei giorni scorsi dalle due maggiori banche svizzere: Credit Suisse e Ubs) fanno dell’Italia un Paese ancora piuttosto ricco, anche se non ricchissimo. Con un patrimonio di 221.370 euro ad adulto, l’Italia è fuori dai primi venti posti della classifica globale della ricchezza media, ma ci rientra per la ricchezza “mediana”, cioè il dato che divide il 50% della popolazione più ricca dal 50% più povero: l’Italia in questo caso è quindicesima. Medie e mediane però contano poco, se sono comunque il frutto di situazioni di grande disuguaglianza. I numeri del rapporto, infatti, dicono che a livello di disparità della ricchezza l’Italia è in una situazione più o meno in linea con quella di altre economie sviluppate.
Ovviamente, esistono diversi metodi statistici per valutare le disuguaglianze. Gli analisti svizzeri ne utilizzano due. Uno è il rapporto tra ricchezza mediana e ricchezza media (più questo rapporto è alto, più la ricchezza è distribuita equamente all’interno della popolazione); l’altro è il coefficiente di Gini (introdotto nel Novecento dallo statistico friulano Corrado Gini, è un indicatore della distribuzione della ricchezza o dei redditi e si muove dal livello 0, che esprime la situazione più omogenea possibile, e 1, che invece indica al contrario la massima disuguaglianza). L’elemento preoccupante è che secondo tutti questi parametri la situazione in Italia peggiora di anno in anno. Ma, in prospettiva, le cose possono anche andare peggio, ovviamente per ipoveri della mediana e non certo per i ricchi della fascia superiore.
NELLA FELICE RIMINI, SEDE DELLE VACANZE POPOLARIinizia domani il Meeting dell’Amicizia tra i Popoli, quarantaquattresima edizione di una manifestazione che non smette (nel bene e anche nel discusso) di stupire, che non teme critiche, che ogni anno chiede ai cristiani cui essenzialmente si riferisce, di smetterla di “stare semplicemente a guardare” e di mettersi stabilmente al servizio di chi intende costruire “una cultura di pace lì dove ciascuno si trova a vivere” facendo “gesti concreti” e proponendo “scelte condivise”, perché i discorsi non sono sufficienti. In un momento in cui “la guerra e le divisioni seminano nei cuori rancori e paure”, in cui “l’altro diverso da me è percepito spesso come un rivale” e dove “la comunicazione globale e pervasiva” rende questo “atteggiamento diffuso” una mentalità e facendo sì che “le differenze appaiano sintomi di ostilità” e dando vita a “una sorta di epidemia di inimicizia”, il tema del Meeting di Rimini – “L’esistenza umana è un’amicizia inesauribile” – è “nettamente controtendenza”, cioè provocazione e stimolo… Da qui l’auspicio di papa Francesco affinché il Meeting per l’amicizia tra i popoli continui a promuovere la cultura dell’incontro, aperto a tutti, nessuno escluso…”.
SICURAMENTE NESSUNO E’ ESCLUSO A BREDE, minuscola frazione (cinquanta abitanti in tutto) del comune di San Benedetto Po, provincia di Mantova, dove non ci sono solo proteste per l’arrivo dei migranti e per l’apertura di centri di accoglienza, sempre più necessari in questo anno di flussi raddoppiati, ma gente che fa la sua parte per mostrare il meglio della solidarietà vissuta e condivisa. A Brede, dal 23 luglio sono ospitati 9 immigrati nordafricani e subsahariani, tutti poco più che ventenni. Vivono in una villetta in campagna, due piani, con quattro stanze, separata dai vicini da una semplice rete di plastica, una volta casa cantoniera abbandonata, oggi centro di accoglienza reso vivo e felice dalla gente che subito ha spalancato le porte e fatto posto ai nuovi arrivati. Oggi è questione di aiuto, domani di effettiva integrazione. E qui, in questa fetta di terra mantovana, i presupposti per farlo ci sono tutti. In questo modo la piccola Brede, che non ha paura dei “diversi”, dà il buon esempio.
ESEMPI BUONI DI LEALTA’ E CORRETTEZZA sono attesi dal Campionato di calcio che inizia tra mille perché e diecimila dubbi. Si gioca in campo, ma anche nelle aule della cosiddetta giustizia pallonara. E questo, ovviamente, lascia perplessi. Per esempio, nel campionato cadetto (di serie B) ci sono partite annunciate e non disputate perché la giustizia sportiva non ha ancora esaurito il suo corso e nel campionato maggiore (di serie A) chi gioca per una squadra domani, causa mercato aperto, potrebbe giocare in un’altra. Tutto questo perché, ormai, mancano le bandiere, forse anche i dollari, ma soprattutto perché non c’è più un briciolo di poesia in questo nostro povero calcio.
LUCIANO COSTA