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Oltrepassa la riga e sei fuorilegge

Nel gran libro dei divieti e dei permessi emanati per contenere la cosiddetta seconda ondata di Covid-19, leggo che è vietato tutto ciò che non è permesso. E’ ridicolo, ma è il metodo burocratico per dire che le circolari e i decreti devono essere letti, riletti, compresi, meditati e fatti propri, perché solo così sarà possibile intendere quel che effettivamente proibiscono o permettono. Nell’Italia chiusa per virus si può circolare nel proprio comune di residenza, senza però esagerare, ma se un comune è diviso da un altro solo da una strada considerata provinciale o addirittura statale, nel caso v’azzardaste a mettere un piede oltre la riga che delimita la metà esatta della strada sareste considerati invasori.

Se vi pare uno scherzo, sappiate che se anche possiede tutti gli ingredienti per esserlo, non lo è. Ieri per esempio, il signor Pinco, residente a Roncadelle, via Brescia 30, uscito di casa per recarsi da Pallino, il fornaio che la bottega la tiene aperta proprio davanti a casa sua – per la toponomastica via Brescia 31 –, non potendo dimostrare l’urgenza di attraversare la strada e recarsi a comperare il pane, per non sottostare alle forche della legge e portarsi a casa una vera e propria denuncia, ha dovuto chiedere l’intervento del Var, la quale, dopo attenta analisi, ha sancito che la riga di confine era stata oltrepassata ma solo da un quarto di piede e che perciò Pinco non aveva trasgredito la norma.

Ho esagerato giocando su un fatto certo (la provinciale che divide due comuni) e su una situazione (il fornaio di fronte) inventata. Ma neanche troppo, essendo la mia un’esagerazione calcolata. Infatti, i due comuni divisi da una semplice strada esistono, si trovano in provincia di Brescia, si chiamano Roncadelle dalla parte che guarda alla montagna e Castel Mella da quella in cui lo sguardo volge alla grande pianura. Una volta, ubbidendo al sacro valore dei campanili, i due paesi si guardavano in cagnesco; ora invece vanno d’accordo e non sarà certo l’attraversamento della riga che delimita la metà strada a riaccendere la sfida. Scherzi a parte: non c’è pane e neppure carne, né verdura, né frutta o medicina che non si possa trovare sul proprio territorio.

Salvo eccezioni, ovviamente. Infatti, è purtroppo vero che vi sono paesini e frazioni talmente mal messi e dimenticati che il “trovi tutto” ipotizzato è un eufemismo, una storiella inventata per dare l’impressione che nonostante il “niente disponibile” è comunque possibile sopravvivere. In fondo, a seconda dell’evenienza, basta essere ortolani, fornai, macellai, farmacisti, scienziati e, soprattutto, medici della mutua, perché loro sono il bene e il privilegio di cui i poveri cristi hanno assoluto bisogno e su cui, anche in questi “mala tempora” che incombono, possono contare. Tutto il resto è affidato alla Speranza, fata sublime del bene, del giusto, del possibile e del buono, che non vedi, ma che c’è, sebbene pochi sappiano dove sia. Ieri un biondo zuzzurellone ha scritto che “nel Tempio dei Respiri si prega per un soffio, con le mani appena giunte…”. In piazza, mentre un tale cantava “se sei vecchio ti tirano le pietre”, ho sentito dire che la “zona rossa”, quella in cui siamo relegati, è fatta apposta per le zone che non sono in grado di assicurare nei loro ospedali letti e cure a sufficienza. Ovviamente, era una di quelle voci non vere, incontrollate che troppa gente si diverte a mettere in circolo senza neppure domandarsi da che parte arrivi. Purtroppo, pretendendo di capire tutto e il contrario di tutto, siamo sempre lì a dimostrare che non abbiamo capito niente. Non le zone rosse, arancione, gialle che ci assillano e che impediscono di muoversi; ma neppure la manfrina elettorale che attanaglia gli USA e che rende l’apparato mediatico e democratico più ricco del mondo un covo di vipere. “Mala tempora corrunt…”, gridava ieri al cielo il frate scalzo in cerca di ascolto. In risposta, chi non lo so, ha urlato un “libera nos, Domine” che a sentirlo ha provocato brividi imprevisti.

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