Oggi sapremo come sarà permesso procedere per andare oltre l’agosto che, secondo gli esperti, darà la misura degli effetti anti-pandemici messi in atto. Questo passaggio qualcuno lo vivrà nella sua beata vacanza, altri a casa propria, qualcuno tra ospedali e centri vaccinali, altri ancora con la sola prospettiva di attendere che la buriana passi lasciando in eredità qualche squarcio di sereno. Tanta diversità di attesa e prospettiva dipende dal fatto che non c’è a portata di mano una visione univoca del problema. Così, il più delle volte, si procede con il vaccino in una mano e con la paura del peggio nell’altra. Però in Italia ci sono oltre sessanta milioni di vaccinati e l’immunità di gregge potrebbe essere imminente. Ma ancora non basta. Infatti, i conti con le varianti del virus sono ancora tutti da fare. Certo, il green-pass è distribuito, in distribuzione, a portata di un clic, richiedibile al sistema centrale ma anche alla farmacia sotto casa o comunque a portata di mano, ma chi lo consegnerà ai non ancora integrati nel sistema tecnologico rappresentato da telefonini, tablet, computer e diavolerie varie? E ancora: come sarà possibile collegare telefonini, tablet, computer e diavolerie varie al sistema centrale deputato a erogare il certificato di garanzia, se la vantata banda larga continua a rimanere stretta, i collegamenti wi-fi una pia illusione e le tacche che misurano la giusta funzionalità dei cellulari al di sotto della decenza?
Però, salvo ripensamenti, da domani il green-pass dovrà obbligatoriamente far parte del corredo personale, almeno di quello necessario per accedere a luoghi di convivio, di cultura, di passatempo, di sport, di viaggio, di parcheggio e di sosta nei luoghi d’arte più amati. Se questo è il modo per uscire dalla pandemia, ben venga. Però, anche adesso e soprattutto adesso, nessuno deve essere lasciato indietro. I nonni della sperduta valle al pari delle massaie della bassa, dei precari in cerca di stabilità, dei poveri cristi eternamente fuori dai circuiti produttivi, dei disperati in cerca di identità, dei giovani forse sbandati o forse solo sbadati e dei ragazzini che ancora giocano e sperano senza paure e con tanta voglia di vivere hanno bisogno di mani amiche che li sorreggano e li aiutino ad affrontare e a superare le avversità. Magari anche a capire quel che sta succedendo intorno, perché mai una variante sia più pericolosa del virus stesso, come difendersi dai contagi, come accedere ai centri vaccinali, come richiedere certificati e lo stesso green-pass… Piccole cose, però utili, soprattutto essenziali se si vuol tornare a vivere circondati da serenità e di certezza di buon futuro.
Una buona e anche coraggiosa informazione su quel che stiamo vivendo e su ciò che ci dobbiamo aspettare l’ha offerta Walter Ricciardi, professore della Università Cattolica, scrivendo per “Avvenire”. Riferendo dati resi noti dagli scienziati americani il professore dice che “la carica virale della variante Delta risulta fino a mille volte superiore rispetto al virus di Wuhan il che significa che la presenza di un soggetto infetto all’interno di un ambiente chiuso in prossimità di un soggetto suscettibile, cioè non protetto dalla vaccinazione, equivale a trasmissione certa. Questa considerazione apre scenari inquietanti per la riapertura delle scuole, ed è per questo che gli scienziati raccomandano, oltre che la vaccinazione in tutti i soggetti al di sopra dei 12 anni, anche l’uso delle mascherine per tutti i bambini al di sopra dei due anni”.
Una seconda considerazione riguarda la possibilità che le persone immunizzate possano trasmettere l’infezione alle persone non vaccinate. Ed è una possibilità non trascurabile. Per questo, dice il professore “anche i soggetti vaccinati devono indossare le mascherine in ambienti chiusi e quando non sia possibile garantire la distanza di sicurezza”. L’uso universale delle mascherine è infatti essenziale per ridurre la trasmissione della variante Delta. Gli scienziati chiariscono che la vaccinazione fornisce una protezione sostanziale contro il virus, ma affermano anche che bisogna migliorare le comunicazioni sul rischio individuale tra i vaccinati, perché “quel rischio dipende da una serie di fattori, tra cui l’età e la presenza di un sistema immunitario compromesso, i quali potrebbero necessitare di una dose aggiuntiva”.
Walter Ricciardi, esaminando le implicazioni a cui potrebbe essere esposto il nostro scrive che “innanzitutto, bisogna accelerare ed estendere la campagna di vaccinazione, perché solo in questo modo sarà possibile limitare il numero di infezioni e il conseguente carico di ospedalizzazione e decessi”. L’adozione diffusa del green-pass, sotto questo punto di vista, consentirà di raggiungere due obiettivi principali: il primo è quello di garantire ai soggetti vaccinati, che anche in Italia sono oggi la maggioranza, libertà di movimento in condizioni di sicurezza e quindi anche di svolgere tutte le attività sociali e produttive che tengono a galla l’economia del Paese. Il secondo è quello di dare una “spinta gentile” a coloro che esitano a vaccinarsi, non perché siano ideologicamente contrari ai vaccini (questi non sono più del 3%), ma perché scarsamente informati e/o motivati.
L’altra priorità è la scuola, che va riaperta in sicurezza, ma che per questo necessita di attenzioni che vanno oltre i semplici auspici. I percorsi verso e dalla scuola vanno resi sicuri con il potenziamento dei mezzi di trasporto pubblici e con l’accesso reso possibile solo con il Green pass e, oltre alle mascherine, alla distanza di sicurezza e all’igiene delle mani e degli ambienti va monitorata e ventilata l’aria con appositi strumenti tecnologici: non è possibile né sufficiente farlo solo con l’apertura delle finestre, soprattutto nella stagione fredda.
L’anno scorso, di questi tempi, sostenevo che la guerra contro la pandemia era appena cominciata e se l’avessimo paragonata alla seconda guerra mondiale ci saremmo trovati nel 1941 e non nel 1945. “Quello che però ci differenzia rispetto alla dinamica di una guerra mondiale – scrive Ricciardi – è che un conflitto distruttivo tutti desiderano che finisca quanto prima possibile, adoperandosi al meglio degli strumenti disponibili per concluderlo e limitare i danni. Questa pandemia rappresenta invece un inedito rispetto a tutta la storia umana precedente: pur avendo gli strumenti tecnologici e organizzativi per porvi fine vi è una considerevole fetta di popolazione che, più o meno consapevolmente, sta adoperandosi per prolungarla, con tutto il carico di sofferenze e morte che questo prolungamento comporta. La variante Delta, che sta mettendo alla prova la nostra razionalità e capacità decisionale – conclude il professore -, ci induce a non ripetere gli stessi errori già fatti l’anno scorso, ci impone di prendere decisioni rapide e responsabili”.
Ma adesso. Perché domani potrebbe essere già tardi.
LUCIANO COSTA