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Per adesso succede in Spagna, poi si vedrà…

Se c’è qualcosa che Alonso, 80 anni suonati, non ha perso, è la speranza di recarsi a Castro Caldela, il luogo delle sue radici, soprattutto adesso che ha ottenuto la nazionalità spagnola, grazie alla legge di “Memoria Storica”, che varata nel 2007 incomincia a dare i suoi frutti. Allora i figli di Alonso erano già grandi e non poterono avere la nazionalità, trasmissibile dai genitori solo ai discendenti minori di 18 anni. L’hanno però acquisita ora, con la generosa legge di “Memoria Democratica”, nota come “ley de nietos”, legge dei nipoti, in vigore dal 21 ottobre dell’anno scorso, che allarga molto il ventaglio di opportunità di ottenere il passaporto iberico, con cui muoversi liberamente nello spazio Shengen. In base allo “ius sanguinis”, la legge consente a «tutti i nati fuori di Spagna da padre e madre o nonni originariamente spagnoli», che perdettero la nazionalità perché esiliati per motivi politici, ideologici, di credo o anche orientamento e identità sessuale, ma anche ai figli delle donne che persero l’appartenenza spagnola dopo il matrimonio con stranieri, prima dell’entrata in vigore della Costituzione democratica nel 1978, di farne richiesta, per di più senza limiti di età.

La differenza significativa è che la nuova norma consente “salti generazionali”, poiché i nipoti degli esiliati fra il 1936 il 1975 – cioè fra l’inizio della Guerra Civile e la morte del dittatore Franco – possono accedere alla naturalizzazione anche se i genitori non l’abbiano fatto in precedenza. «L’obiettivo è riparare un’ingiustizia storica», ha ripetuto il segretario di Stato spagnolo durante la sua recente visita a Cuba, fatta per sollecitare la collaborazione delle autorità locali per fronte alla valanga di richieste. Il riconoscimento e il riscatto della dignità di quanti furono sradicati e spogliati della propria identità dal regime franchista non è però l’unica motivazione dalla legge, che ha fra le finalità quella di “favorire la coesione e la solidarietà fra le diverse generazioni intorno ai principi, valori e libertà costituzionali”.

Cuba e Argentina, e Messico in minore misura, sono i Paesi della diaspora latinoamericana dove più cresce l’influenza della Spagna e dove si sommano le richieste di nazionalità da parte dei nipoti di esiliati. Seguono Venezuela, Cile, Nicaragua, Perù. La gran parte del mezzo milione di discendenti – circa 503.500 – che con la legge Zapatero del 2007 ottennero il passaporto iberico, proveniva dai primi due Paesi, oltre 120.000 persone dall’isola caraibica, (l’1% della popolazione). Ora, secondo stime ufficiose citate dal quotidiano “El Pais”, potrebbero essere fra 300.000 e 400.000 i cubani con diritto ad avvalersi della “ley de nietos”. Ed è prevedibile che nella difficile situazione di crisi, non si lascino sfuggire l’occasione.

Nei primi tre mesi dall’entrata in vigore della legge, cioè fino al 31 gennaio scorso, nei 180 uffici consolari iberici nel mondo erano state presentate 24.720 richieste, di cui 12.862 approvate. Sono la prima ondata di uno tsunami dalle incerte dimensioni. Secondo i calcoli fatti dagli stessi consolati in collaborazione con i Consigli di Residenti spagnoli, si prevedono oltre 425.000 domande di nazionalità solo nei 5 Paesi a più alta popolazione iberica, vale a dire Cuba, Argentina, Venezuela, Brasile e Messico. Oltre 700.000 persone potrebbero giovarsi della legge a livello globale, anche se è difficile una valutazione precisa. Intanto gli interessati hanno tempo fino al 21 ottobre 2024 per presentare tutta la documentazione.

Però, dicono gli interessati, “anche con il passaporto in tasca, partire, lasciare affetti e radici, è una scelta difficile”. Ana Gerschenson, già direttrice di Radio nazionale argentina e oggi residente a Madrid, dice che “negli ultimi tre anni sono arrivate oltre 100.000 famiglie dall’Argentina” e che da ottobre, per la sede consolare di Buenos Aires passano ogni giorno in media 1.500-2.000 persone, e che sono 45.000 le richieste di nazionalizzazione finora inoltrate, di cui 1.500 accolte.

Tutti d’accordo? Non proprio. La paura dei votanti all’estero, per esempio, ha spinto il leader del Partito Popolare all’opposizione, Alberto Nuñez-Fejióo, a promettere di revocare la legge di “Memoria Democratica” se vincerà nelle urne. E Vox, la destra radicale, ha presentato un ricorso di incostituzionalità davanti all’alta Corte. Di fatto, “la ley de nietos non è ancora una realtà consolidata. Però, anche una revoca della normativa, non potrebbe coinvolgere la norma che riguarda i discendenti. Così, dicono in Spagna “cerchiamo di essere più padri del nostro avvenire che figli del nostro passato”.

La frase l’ha scritta Miguel de Unamuno in apertura dello studio sulle “Strategie per la Spagna 2050” voluto dalla presidenza del governo Sánchez. Per quella data, nel paese dalla bassa natalità record – condivisa con gli altri vicini del Mediterraneo, come Italia, Portogallo, Grecia o Malta – si stima un 20% in meno di popolazione. Il che renderebbe fra l’altro insostenibile il sistema previdenziale e il welfare. Si capisce così perché per sostenerli, fra pragmatismo e memoria Madrid orienti da anni la politica migratoria anzitutto all’accoglienza dei discendenti degli emigranti del XX secolo, i cui legami familiari e la lingua comune favoriscono una più rapida integrazione. Per poi mitigare, con riforme come quelle del mercato del lavoro e abitativa, e politiche di incentivi alla natalità e alla conciliazione familiare, la precarietà che è alla radice della diminuzione delle nascite.

Nello stesso solco si è mosso il vicino Portogallo, proprio mentre in Italia si agitava lo spettro della “sostituzione etnica” paventata a fronte dell’arrivo di immigrati. Alle prese con l’invecchiamento record – con il 35% dei residenti che ha più di 65 anni – e il calo demografico, il governo di Lisbona ha varato un provvedimento che concede la residenza immediata ai migranti di lingua portoghese, provenienti dal Brasile e dalle ex colonie africane. Da metà marzo possono ottenere il permesso di soggiorno automatico, semplicemente accedendo a un portale in Internet. E finora sono oltre 60mila le persone lo hanno già conseguito.

Succede in Spagna e Portogallo. Succederà anche in Italia?

(A cura di LUCIANO COSTA)

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