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Per garantire acqua a tutti

“La comunità internazionale deve lavorare insieme per garantire l’accesso all’acqua e ai servizi igienici per tutti, affinché sia universalmente realizzato il diritto all’acqua, che non è altro che il diritto alla vita, al futuro, alla speranza”. L’appello, lanciato da papa Francesco in occasione della Giornata mondiale dell’acqua, ha fatto il giro del mondo richiamando tutti al dovere di preservare il bene acqua e a propiziare iniziative in favore di quanti soffrono a causa della sua scarsità. Ma senza interventi urgenti e mirati a impedire che l’acqua venga sciupata, sostengono gli esperti, il mondo sarà costretto a subire effetti ora ancora incalcolabili. Il primo gesto da compiere è chiudere i rubinetti. Seguono quelli che servono per non sprecare, non abusare, non disperdere. Subito dopo ecco la necessità di rivedere il rapporto con la terra, con le coltivazioni, coi metodi di agricoltura e di raccolto dei beni coltivati, con le abitudini alimentari, con l’uso delle macchine inventate e costruite per lavare piatti, indumenti, automobili, strumenti, persone…

Se il cielo non tornerà a riversare sulla terra acqua in abbondanza, i tempi futuri saranno difficili, addirittura drammatici per molti se non per tutti. “e la prossima devastante pandemia – dicono alcuni esperti – sarà imposta dalla siccità”. Che fare di fronte alla crisi idrica globale e al conseguente cambiamento climatico? E’ ancora possibile passare dal disastro annunciato all’opportunità sperata? La Giornata mondiale dell’acqua (World Water Day), ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1992, ha detto chiaramente che “è tempo di cambiare e di rimettere l’acqua tra i beni da preservare e difendere dal degrado. Ma il monito resterebbe inefficace se ogni giorno non fosse arricchito da occasioni per riflettere sulla crisi, sui nostri comportamenti, sia come individui sia come società, e da uno stimolo a cercare soluzioni condivise a un problema che può mettere a rischio la nostra sopravvivenza.

Raphael Schutz, Ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, in un articolo pubblicato ieri, invita a far tesoro del modello di salvaguardia dell’acqua sperimentato nel suo Paese. L’ambasciatore ricorda lo spirito d’Israele, le tradizioni della sua terra, il rispetto che la religione ebraica assegna ai beni della terra e come sintesi propone di far tesoro delle “soluzioni tecnologiche innovative sperimentate per fronteggiare la crisi idrica in Israele”, secondo lui “idonee ad affrontare questa pressante sfida”. Aggiunge Schutz che “la stretta connessione tra la crisi idrica e la crisi climatica, già rilevata nella dichiarazione di sintesi della Cop27 e confermata dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull’acqua, non può lasciare indifferenti”. Infatti, “se ci sono ancora aree del mondo “fortunate” in cui l’accesso all’acqua potabile è facile e immediato (basta aprire un rubinetto nelle proprie case), in molti Paesi questa accessibilità è limitata o quasi inesistente”. Si stima che circa 2,5 miliardi di persone (il 36% della popolazione mondiale) vivano in aree con scarsità d’acqua, un fenomeno destinato a peggiorare. La scarsità d’acqua, e la conseguente desertificazione, è causa di migrazioni, guerre e conflitti, mettendo centinaia di milioni di persone in tutto il mondo a rischio nei prossimi anni.

“Per superare questa crisi – scrive l’ambasciatore -, dobbiamo capire che ciò comporta la formulazione di una campagna globale che richiede che tutti i passaggi necessari siano integrati insieme, come ad esempio: guidare ed educare alla conservazione dell’acqua; aumentare l’efficienza del suo utilizzo; accumulare finanziamenti internazionali, pubblici e privati; risanare le fonti d’acqua inquinate; incoraggiare gli investimenti, la ricerca e lo sviluppo e, prima di tutto, imparare a praticare ovunque una buona gestione dell’acqua disponibile”. Israele può dare, in questo senso, un contributo significativo in quanto Paese con uno dei sistemi idrici più avanzati al mondo e con un’abbondanza di ricerca e sviluppo e tecnologie innovative. “Un esempio è il trattamento e il riciclaggio delle acque reflue in cui deteniamo un record mondiale, con il 95% delle nostre acque reflue trattate, di cui quasi il 90% viene utilizzato in agricoltura. Un altro campo in cui siamo leader è la prevenzione delle perdite idriche nei sistemi urbani. Mentre in Israele solo una piccola percentuale dell’acqua viene persa nei sistemi di approvvigionamento urbano, in altri Paesi questo tasso può raggiungere percentuali altissime. Il paradosso è che spesso questo speco si verifica in Paesi aridi”.

Ma non solo. “La desalinizzazione dell’acqua di mare, l’uso di acqua salmastra in agricoltura, l’irrigazione a goccia, lo sviluppo di varietà agricole che consumano meno acqua e persino l’estrazione di acqua dall’aria, sono tutti campi sviluppati in Israele. Noi desideriamo condividere tutto il nostro know-how con le altre nazioni. Se questa divenisse la situazione in tutto il mondo, sarebbe possibile ridurre notevolmente e prevenire l’inquinamento ambientale e la distruzione dei sistemi naturali, consentendo allo stesso tempo all’acqua trattata e purificata di rifluire nella natura e nell’agricoltura. Un altro fattore fondamentale in questa battaglia per la vita è l’educazione: in troppi Paesi l’acqua si dà per scontata ma ormai è chiaro che la forma mentis delle persone deve cambiare radicalmente”.

A cura di LUCIANO COSTA

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