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Per il dopo-elezioni ecco la ricetta Renzi…

In questo dopo-elezioni in cui i vincitori non hanno neppure il pudore dell’attesa che tutto segua il suo corso, Matteo Renzi, scugnizzo fiorentino di gran vaglia, si tiene al largo delle contese e non si scompone neppure se gli dici “guarda che hai perso di brutto” e neanche se aggiungi “non sei nessuno, per di più con quel socio che di previsioni non ne ha azzeccata neppure una”. Il fiorentino, già premier di un’Italia che sognava in grande, leader affossato per vanagloria personale e, risvolto tutt’altro che secondario, per vendetta meditata e premeditata dai suoi cosacchi, in armi e preoccupati assai di restare al palo, è adesso immerso in quella fase meditante che potrebbe indurlo a rilanciare “la forza delle idee”, che a suo tempo aveva messo al vertice degli impegni, a inventarne di nuove, fondate sulla “diversità” dalla sinistra e dalla destra rifuggendo da un centro accozzaglia di piccoli interessi e riempito ad arte di grandi ma vacue parole, magari a riscoprire che il bello della politica è la ricerca delle sue Ragioni , è dare visibilità e concretezza al servizio, è trasformarla nella forma più alta della Carità. Non è difficile parlare di Matteo Renzi: se gli sei amico dirai che è uno degli ultimi politici veri, che parla di politica e non di utilizzo della politica, che non sposa le idee alla convenienza ma che semmai le indirizza…; se invece gli sei nemico dirai della sua propensione a mettere tra te e lui quel mezzo sorriso che non soddisfa, a usare lo sberleffo (di marca toscana) come risorsa, a dividere la ciurma in fedeli, poco fedeli e infedeli, riservando a ciascuno la sua parte di riconoscenza o irriconoscenza, a imporre la politica come via obbligata alla gestione della res pubblica…. Nell’uno come nell’altro caso, converrà però tenere conto delle novità che lui ha portato a Roma, del nuovo disegnato addosso alla politica, dell’entusiasmo messo nel proporre riforme sostanziali, della sua capacità di dialogare con i potenti e di mettere in chisro che l’Italia non è seconda a nessuno… Poi, è andata come è andata: sfiduciato su un referendum che avrebbe davvero cambiato il Paese, mandato a spasso, relegato a comparsa… Eppure, una sua intervista, anche adesso, non è casuale, tanto meno inutile.

Nell’ultima intervista gli hanno chiesto di spiegare il quadro internazionale che si va complicando a causa della guerra in Ucraina, del prezzo del gas russo, degli egoismi crescenti dentro e fuori l’Europa. Renzi ha risposto che “l’egoismo nazionale tedesco è frutto di miopia e fa male all’Europa intera” aggiungendo subito che “sarà importante capire se il nuovo governo sarà capace di costruire una strategia europea. Altro che slogan meschini come “la pacchia è finita”: Meloni si accorgerà presto che il Consiglio Europeo non è Atreju (la manifestazione in cui Fdi andò a mostrare i muscoli della destra italiana/ndr) e che Bruxelles non è Instagram. Le servirà intelligenza, visione e buona politica per convincere i colleghi europei a darci una mano. Noi facciamo il tifo per l’Italia e per l’Europa”. Gli hanno poi anche chiesto semmai conoscesse una via diretta alla pace. Ha risposto che una via alla pace è possibile se si inventa subito “un inviato speciale europeo capace di costruire con la diplomazia, non con l’escalation e la rivendicazione di supremazie assurde, in grado di usare saggezza, tanta saggezza”.

A proposito del probabile governo targato Giorgia Meloni, il fiorentino ribelle non nasconde il suo scetticismo. “Non mi aspetto molto – ha detto -. La destra è divisa, le sfide complesse, il governo avrà pochi giorni di luna di miele…”.  Quanto a convincere la Meloni sul premierato forte in alternativa al presidenzialismo, è tutto da verificare e pesare. “Non mi interessa convincerla – dice – e non credo sia questa la priorità oggi. Ma se tra qualche mese i vincitori di adesso vorranno aprire il dialogo sulle riforme, noi ci saremo. Non importa se lor signori – Meloni, Salvini e Berlusconi – preferirono mandare a casa il mio governo che votare una riforma che serviva a tutti. Noi dimostreremo che siamo diversi e se ci sarà da votare una riforma seria ci saremo. Ma, sinceramente, mi sembra l’ultimo dei temi in agenda”. Dunque, il dialogo è possibile? “Dialogo su tutto, ma loro -sottolinea Renzi – sono la maggioranza e noi l’opposizione, civile ma dura, durissima. Perché all’Italia oggi serve europeismo, non sovranismo. Tuttavia mi aspetto che la Meloni cambi posizione su molte cose. Sulle trivelle ci votò contro, ora scommetto che cambierà idea. Sul rigassificatore, sulle misure per il lavoro, sulle scelte fiscali scommetto che sarà costretta a fare ciò che dicevamo noi. Bene, il tempo è galantuomo. Noi non polemizziamo, invece mostreremo al Paese quanto è utile una opposizione civile e non ideologica”.

Resta comunque lei, la Giorgia Meloni che ha sbaragliato voi e il resto… “Meloni è in Parlamento dal 2006, dunque non è una ragazzina alla prima esperienza. Sa che deve essere prudente, che non può fare la populista… E dunque la vedrete molto diversa da come è stata quando faceva la barricadera dell’opposizione. Del resto ha avuto il 26%, non un plebiscito. Governa solo perché il segretario pro-tempore del Pd le ha sbagliate tutte. Mai vista – argomenta Renzi – una leadership così incapace nella storia della politica italiana…”. Resta la strana coppia Renzi-Calenda che, come dice il toscanaccio, “ha chiara la responsabilità di non rompere il “giocattolino”: la nostra gente non ce lo perdonerebbe. E a quelli che dicono che non andremo avanti insieme, replico: la realtà è la migliore risposta ai vostri pregiudizi”.

Poi, il fatto che il Pd si avvii all’ennesima rifondazione. Per il bolognese Andreatta andrebbero rottamati tutti i dirigenti con un legane coi partiti fondatori… “Il Pd è finito – dice Matteo Renzi -, lo sanno tutti, anche quelli che non lo ammettono. Ci sarà una destra forte, un partito di sinistra populista fatto con contiani, dalemiani, bettiniani e macroniani, con il Pd che non si sa se stia col reddito di cittadinanza o col jobs act, la flat-tax o altro, con i britannici bleriani o i francesi melencionisti… Tutto questo nel bel mezzo di una questione cattolica che al voto ha mostrato una diaspora amara e inevitabile. “E’ vero – ammette Renzi -, infatti i sovranisti e i populisti hanno preso pezzi di mondo cattolico, che pure e fortunatamente conserva un’anima sociale e politica. Purtroppo, non esiste più il partito dei cattolici…”.

E forse non esiste più neppure il Matteo Renzi che trascinava il popolo verso il nuovo, che assicurava buona politica, che regalava entusiasmo e fiducia. Quel Renzi, adesso, è tutto da reinventare…

LUCIAN O COST

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