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Perché tanta violenza in Francia?

La Francia ancora in subbuglio. Dopo le proteste dei ‘gilet’ gialli nell’autunno 2018 e la crisi innestata dalla riforma delle pensioni che ha tenuto banco tra il 2022 e il 2023, ecco adesso la rivolta scoppiata a seguito dell’uccisione di un 17enne straniero da parte di un poliziotto, avvenuta martedì mattina a Nanterre, sobborgo di Parigi, durante un controllo stradale con due agenti impegnati e il ragazzo a bordo dell’auto che improvvisamente si dà alla fuga a cui uno dei due gendarmi risponde sparando e uccidendo. Era un controllo di routine, si è trasformato in dramma che ha infiammato le periferie delle grandi città e fatto scendere in strada migliaia di cittadini, soprattutto immigrati. E se sul fronte giudiziario il poliziotto è stato incriminato per omicidio volontario e arrestato, su quello sociale è ancora impossibile valutare le conseguenze. Il presidente Macron ha definito la sommossa “un’inaccettabile strumentalizzazione della morte di un adolescente”, ed ha annunciato un maggior dispiegamento di forze dell’ordine nelle strade “per contenere le violenze” e lanciato un appello ai genitori a tenere i figli a casa dato che un terzo dei fermati sono adolescenti.

Ieri in Francia sono stati schierati oltre 40 mila agenti in tutto il Paese con mezzi blindati mandati a pattugliare strade e piazze. Si teme il contagio delle proteste violente in altre città. Saccheggi e vandalismi continuano nel centro di Parigi, in diverse località della periferia, in città e paesi in cui vivono immigrati nazionalizzati o in attesa di nazionalizzazione. Le cifre del dissenso sono devastanti: più di un milione di persone – giovani, ma non solo – in strada, pronte a tutto, anche a scontri violenti con la polizia, anche ad assaltare mezzi pubblici, negozi, banche, supermercati, a bloccare stazioni e autostrade, a impedire l’attività di comuni e pubblici uffici…

Secondo il direttore del settimanale francese “Famille Chrétienne” Antoine-Martie Izoard “i giovani migranti di seconda e terza generazione, originari del Nord Africa che abitano nei sobborghi di Parigi e delle grandi città francesi, dove si vive spesso nell’illegalità sono in rivolta, spinti dal fatto di cronaca, ma soprattutto disposti a tutto per opporsi al sistema che spesso li emargina. Questi giovani sono adolescenti dai 14 ai 18 anni, disoccupati, e cercano di vendicare questo ragazzo ucciso bruciando autobus, scuole, stazioni della metro, rubando, rompendo vetrine dei negozi… Si diceva che in Francia mancava un episodio, uno qualsiasi, per accendere il fuoco che già covava sotto la cenere. Ora che l’episodio s’è verificato, anche se non tutti i quartieri partecipano alle violenze, c’è la paura che incominci una sorta di vera e propria guerra civile”.

Secondo l’autorevole settimanale di ispirazione cattolica “i giovani immigrati dall’Africa e dal nord Africa, si sentono di seconda classe in Francia. Nei sobborghi la polizia non entra per evitare scontri. Non entrano nemmeno i Vigili del Fuoco perché rappresentanti di una istituzione francese non amata… Infatti, l’autorità in Francia ha perso peso istituzionale. Noi francesi abbiamo fatto entrare e accolto questi giovani migranti e le loro famiglie per aiutarli… Noi francesi per primi abbiamo lasciato crescere queste realtà nelle periferie cittadine senza controllo. In queste periferie abitate da immigrati, purtroppo, molte famiglie non parlano nemmeno il francese. Forse – conclude amaramente il giornalista – siamo noi, società francese e classe politica nazionale, ad essere i colpevoli della situazione che oggi ci preoccupa e avvilisce”.

(A cura di LUCIANO COSTA)

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