Povera Tonga, isola lontana e solitaria…

Ho cercato sul vecchio mappamondo l’isola di Tonga. Ho dovuto usare la lente d’ingrandimento per riconoscerla in mezzo all’oceano, più vicina all’Australia che al resto del mondo. Ho pensato: ricoperta di cenere e macerie com’è, ora sarà ancora più difficile riconoscerla. Povera Tonga! Bella e sfortunata, preda di un vulcano che nemmeno si vede ma che c’è e minaccia l’esistenza di un popolo generoso. Dicono le cronache che ci vorranno mesi per ricollegare l’isola al resto del mondo e anni per guarire le ferite inferte dal vulcano. Servirà la solidarietà di tanti. E chissà che un giorno si possa tornare a Tonga per salutare la sua rivincita e la sua risurrezione.

Intanto, però, i conti si fanno con il disastro. L’eruzione del vulcano sottomarino avvenuta al largo di Tonga sabato scorso, secondo gli scienziati della Nasa sarebbe “500 volte più potente della bomba atomica sganciata su Hiroshima” e potrebbe addirittura trattarsi dell’esplosione più rumorosa avvenuta sulla terra dal 1883, quando esplose il vulcano Krakatoa in Indonesia. James Garvin, scienziato capo presso del Goddard Space Flight Center della Nasa, ha spiegato che “il numero a cui siamo arrivati è attorno ai 10 megaton – 10 milioni di tonnellate – di equivalente in tritolo”. Povera Tonga! All’isola devastata un piccolo immediato sorriso gliel’ha regalato papa Francesco incaricando la Caritas di farsi interprete del dovere della solidarietà e stabilendo da parte sua una sostanziosa offerta per far fronte ai bisogni immediati. Il disastro causato a Tonga dall’eruzione del vulcano sottomarino e dal successivo tsunami, ha cancellato intere zone, con cento case danneggiate e cinquanta distrutte nell’isola di Tongatapu. Tutte le abitazioni sono state distrutte nell’isola di Mango e solo due case hanno resistito nell’isola di Fonoifua. Danni ingenti si sono riscontrati anche nell’isola di Nomuka.

La situazione nell’isola del Pacifico, dove le comunicazioni con il resto del mondo si sono interrotte (soltanto nelle ultime ore sono state riavviate le telefonate internazionali anche se ci vorrà almeno un mese o anche più a lungo prima che riprenda Interne) e dove manca acqua potabile, mentre l’aria rischia di essere irrespirabile per colpa della cenere, preoccupa la comunità internazionale. Ci vorrà, infatti, almeno un mese per riparare il cavo sottomarino che permette le comunicazioni tra l’arcipelago e il resto del mondo, mentre le vittime accertate continuano ad essere tre. Oltre alla mancanza d’acqua e alla qualità dell’aria scarseggia anche il carburante. Si teme anche l’insorgere di malattie legate all’acqua, dato che le ondate di marea hanno causato l’inondazione di 2-3 isolati nell’entroterra.

Dai pochi aggiornamenti arrivati, si sa che la devastazione ha colpito soprattutto le isole periferiche. C’è urgente bisogno di acqua potabile e di rifugi, soprattutto per le comunità sulla costa le cui case sono state travolte dalle onde dello tsunami. Anche le strade e i ponti sono stati danneggiati. Le comunicazioni sono interrotte e contatti con l’esterno sono possibili solo tramite telefono satellitare.

L’eruzione vulcanica di sabato scorso, che ha innescato uno tsunami con onde alte fino a 15 metri in mare aperto, è la più potente degli ultimi 30 anni. Lo scenario che si sta delineando è quasi apocalittico, con la cenere che continua a ricoprire spiagge, infrastrutture e abitazioni, mentre due isole minori sono state praticamente distrutte con pochissime case rimaste in piedi. Proprio la cenere ostacola l’arrivo dei soccorsi e degli aiuti internazionali perché la pista dell’aeroporto Fuaamotu resta impraticabile. I mezzi della Marina neozelandese sono attesi entro la fine della settimana.

L’isola di Tonga, colpita dall’eruzione di un vulcano sottomarino, che secondo gli scienziati della Nasa, sarebbe 500 volte più potente della bomba sganciata su Hiroshima, ha bisogno di tutto, anche delle briciole. Il movimento d’acqua causato dall’eruzione, infatti, ha colpito le coste dove la gente vive di poco e spesso solo di ciò che riesce a pescare. Per comprendere la potenza sprigionata dal vulcano basta pensare che gli effetti sono stati avvertiti fino in Alaska. Tante le incognite in questa fase: dall’allarme per una possibile contaminazione delle falde acquifere e delle riserve alimentari al cavo sottomarino danneggiato che ha di fatto isolato l’arcipelago dal resto del mondo.

A preoccupare è anche il fatto che, insieme ai soccorsi, nell’arcipelago potrebbe arrivare anche il Covid, che, finora, ha risparmiato queste isole. “Tonga è un Paese zero Covid ed ha protocolli molto rigidi a riguardo”, ha detto il portavoce dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), Jens Laerke. “Una delle prime regole dell’azione umanitaria è di non nuocere e vogliamo essere assolutamente sicuri che vengano seguiti tutti i protocolli necessari per l’ingresso nel Paese”, ha aggiunto. Tonga è stato uno dei pochi Paesi al mondo ad aver avuto un solo caso di coronavirus: un viaggiatore neozelandese risultato positivo mentre era in quarantena. Da qui, i colloqui avuti finora dalle associazioni umanitarie con le autorità di Canberra e Wellington sull’imposizione di rigidi protocolli sanitari per gli operatori umanitari chiamati a operare.

L. C. 

Altri articoli
Attualità

Potrebbero interessarti anche

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.
Devi accettare i termini per procedere