Presidente della Repubblica: magistrato di persuasione

Da Enrico De Nicola a Sergio Mattarella: il primo salutò la Costituzione, l’ultimo, quella Costituzione, l’ha difesa e onorata. Quello che verrà (prima votazione il 24 gennaio e poi si andrà avanti ad oltranza) sarà il 13.mo presidente della Repubblica italiana e dovrà raccogliere l’importante eredità dei suoi predecessori in un’epoca difficile. La pandemia e le gravi ricadute economiche impongono alla più alta carica dello Stato di essere, oltre che garante della Costituzione e dell’unità nazionale, importante stimolo per il governo ad operare in maniera efficace.

Dunque, da lunedì 24 gennaio, il Parlamento in seduta comune sarà impegnato nel trovare una convergenza su chi rappresenterà l’Italia per i prossimi sette anni. Nei primi scrutini occorrerà raggiungere una maggioranza dei due terzi dei votanti; dalla quarta sarà sufficiente la metà più uno dei consensi. Del novero dei 1009 grandi elettori fanno parte deputati, senatori, compresi i sei a vita, e anche 58 rappresentati delle regioni, proprio a significare che il capo dello Stato rappresenta veramente tutto il Paese, anche nelle sue realtà locali. E questo è chiaro, meno chiaro è il concetto di super partes o di presidente di tutti che lo accompagna, soprattutto se i termini di raffronto sono quelli esibiti in questi giorni da una classe politica che cerca soddisfazioni partitiche-elettorali e con scarsa vena il bene del Paese. Servirebbe chiarezza di posizioni e coraggio nell’applicarle, sarebbe necessario intendersi sul valore attribuito al Presidente che dovrà rappresentare l’Italia e gli Italiani, avremmo bisogno e diritto a un’informazione corretta, perché fatta di fatti (scusate il raddoppio) e non di parole vane e vacue. Invece… Invece, quel che si vede e si legge è un crogiuolo di si dice, di pettegolezzi, animosità, rivendicazioni, pubblicità (pagine di giornale che esaltano le virtù e i meriti di questo o quello, magari di uno solo, non sono il lasciapassare per salire alla Presidenza ma una forzatura del reale, qualcosa che assomiglia alla vendita all’incanto di lustrini e merletti), veti, contrappesi, interessi, paure (chi vede oltre l’elezione del Presidente la crisi del Governo e il conseguente ricorso alle urne, trema al pensiero di essere tra coloro che saranno esclusi), attese, classifiche (questo sì, questo ni, quest’altro forse, quello proprio no), di tutto e di più.

E capire? Resta un optional: chi può e vuole approfondisce, gli altri si accomodano in attesa di novità. Però, cercando-ricercando-leggendo-rileggendo, qualcosa che serva per capire lo si trova. Ieri, per esempio, un’intervista al professor Balboni, Costituzionalista dell’Università Cattolica, illuminava sia sul senso proprio del Presidente della Repubblica, sia delle sue funzioni e del suo dovere di essere di tutti e per tutti. “Il Presidente della Repubblica – ha spiegato Balboni partendo dalle prerogative che lo contraddistinguono – è il capo dello Stato, così come viene definito dalla Costituzione. Egli è al tempo stesso la più alta istituzione della Repubblica e, quindi, gode della più elevata dignità formale, nel senso che, quando ci si parametra ad una figura sola nei rapporti con l’estero, come voce degli italiani che vivono fuori dell’Italia, ad esclusione della politica estera che legittimamente fa il governo, si pensa ad una figura non solo simbolica, ma con poteri effettivi che ha appunto il presidente della Repubblica. Quindi è per questo che è così importante che la scelta cada su una persona che abbia alta dignità formale e anche capacità di tenere insieme le istituzioni della Repubblica”.

Ciò non toglie che, adesso, si discuta sul ruolo: esecutivo e necessariamente consultivo? “Quella italiana, è una Repubblica parlamentare, che ha la sua emanazione principale nel Parlamento e nelle forze politiche che sono in Parlamento, cioè i partiti. Questi evidenziano da qualche decina di anni di una salute precaria e quindi, proprio per il fatto che è diminuita la loro capacità di direzione politica del Paese, aumenta quella, specialmente nei momenti di crisi, del capo dello Stato, della figura unica, come è in altre situazioni, pensiamo alla Francia o agli Stati Uniti, con la differenza che la Francia è una repubblica semipresidenziale e gli Stati Uniti presidenziale, nelle quali è il popolo che elegge direttamente il capo dello Stato. In Italia c’è invece la mediazione del parlamento, che nel nostro caso è allargato alle rappresentanze delle Regioni. Non è casuale che si aggiungano, soprattutto perché la rappresentazione della Repubblica va al di là di quelli che sono gli organi dello Stato, comprendendo anche quei soggetti che non sono istituzioni di vertice, ma ne fanno comunque parte, come appunto le Regioni e perché il Presidente è il rappresentante anche della unità territoriale del Paese. Lui è il garante anzi del mantenimento dell’unità territoriale della nazione, così come è garante della coesione sociale del Paese. “Tutte queste cose – ha spiegato il professore – fanno sì che il Presidente, con i suoi poteri di mediazione, i suoi poteri di incoraggiamento, i suoi poteri di indirizzo possa dare un suo notevole contributo anche all’attività politica sempre restando dentro il ruolo che gli compete in una Repubblica parlamentare”.

Il suo ruolo, sempre e comunque, resta quello di Garante della Costituzione… “Certo, perché è nei momenti difficili, quando c’è una crisi di governo o quando non si riesce a trovare una direzione politica del Paese – sottolinea il costituzionalista – spetta al presidente della Repubblica addirittura sciogliere le camere e quindi portare la nazione a nuove elezioni. Inoltre è lui che dà incarico di formare il governo a una personalità che lui intuisce possa avere anche il consenso del Paese, per farne la guida dell’esecutivo. Tutto questo spetta al presidente e rispetto a questa prerogativa i partiti si pongono in una posizione di attesa. Insomma, nei momenti di crisi spetta a lui prendere in mano la guida della nazione, ma poi subito dopo fa un passo indietro e lascia che le forze politiche, come è normale in una repubblica parlamentare, procedano secondo i loro disegni. E’ una figura di equilibrio, quindi ci vuole un uomo o donna di condivisione, che sappia parlare con tutti e che non abbia un rigetto netto da parte di nessuna delle forze politiche e culturali presenti nel Paese”.

Da Enrico De Nicola a Sergio Mattarella… Secondo il òpriofesor Balboni “oggi è molto bello il ruolo di Sergio Mattarella, verso il quale c’è un consenso ampio. Nei primi anni della Repubblica, con una sua linea politica abbastanza decisa a favore del liberalismo, si era comportato bene, anche dal punto di vista istituzionale, Luigi Einaudi. Quindi abbiamo avuto tanti personaggi, ma nessun capo politico. Ecco nessun reale capo politico è stato mai portato alla presidenza della Repubblica, proprio perché queste capacità di mediazione, di negoziazione, di ascoltare tutti e di non essere contro nessuno, fanno sì che questa sia una delle cifre essenziali di un presidente”. E quello che verrà? “…dovrà dare incoraggiamento, utilizzando i due pedali che ha a disposizione: il freno e l’acceleratore. Quando la macchina va troppo forte, rallentare; quando invece è in panne, farla ripartire. Per questo il capo dello Stato è chiamato magistrato di persuasione. Lui non incide direttamente sulla linea politica del Governo, ma deve incoraggiare sostenere, trattenere e spingere dietro le quinte, ma di certo non è un taglia nastri”.

LUCIANO COSTA

 

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