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Prima Alessandro Manzoni, poi il Salone del libro

“UN GRANDE SCRITTORE, UN GRANDE ITALIANO, un grande milanese. Perché, non si potrebbe spiegare Manzoni senza Milano e, credo che si possa dire, neppure si potrebbe spiegare Milano senza Manzoni. E con questa cerimonia, vogliamo rendere testimonianza di quanto l’Italia gli sia debitrice, in termini di pensiero, di produzione letteraria, di esempio morale, di evoluzione della lingua”. Così si è espresso il presidente della Repubblica Sergio Mattarella intervenendo ieri alla cerimonia in occasione delle celebrazioni per il 150esimo anniversario della sua morte. “Alessandro Manzoni – ha sottolineato il presidente Mattarella – è uno degli spiriti più nobili del nostro Ottocento, protagonista del Romanticismo e del Risorgimento italiano, definito, a ragione, il padre del romanzo italiano e maestro indiscusso di tante generazioni di letterati e di patrioti”. E basta leggere i “Promessi Sposi” per trovare ogni volta nuove conferme. “Quel magnifico libro, infatti, ci riserva, ogni volta, nuovi e sorprendenti aspetti, che per finezza, per arguzia, per profondità, per vividezza delle descrizioni, per il tratteggio psicologico dei personaggi ancora oggi definiscono caratteri esemplari… Sono state scritte-ha aggiunto Mattarella – pagine illuminanti sulla vicinanza, l’empatia, la condivisione dell’autore dei Promessi Sposi nei confronti delle masse popolari, che per la prima volta diventano protagoniste di un romanzo. Utilizzando una terminologia odierna, possiamo parlare di un Manzoni certamente popolare, ma non populista…”. Infatti “il legame controverso che Manzoni stabilisce tra potere e opinione pubblica, tra giustizia e sentimenti diffusi, ci induce a riflettere sui pericoli che corrono oggi le società democratiche di fronte alla diffusione del distorto e aggressivo uso dei social media, dell’accentramento dei mezzi di comunicazione nelle mani di pochi, della disinformazione organizzata e dei tentativi di sistematica manipolazione della realtà. E, anche, sulla tendenza, registrabile in tutto il mondo, delle classi dirigenti a assecondare la propria base elettorale o di consenso e i suoi mutevoli umori, registrati di giorno in giorno attraverso i sondaggi, piuttosto che dedicarsi a costruire politiche di ampio respiro, capaci di resistere agli anni e di definire il futuro”.

L’EDITORIA ITALIANA si guarda allo specchio. L’occasione le è offerta in questi giorni dal  nel Salone del libro di Torino, il cui titolo, non a caso, chiede di guardare “attraverso lo specchio”, così da vedere chi siamo e dove stiamo andando e perché anche il bilancio di chi fa libri deve andare al di là dell’apparenza per approdare dall’altro lato, magari dove non ci sono i personaggi della fantasia, ma traguardi da conquistare.  Per esempio, diventare già il prossimo anno, Paese ospite, cioè centrale e al centro delle attenzioni letterarie mondiali, alla Fiera del libro di Francoforte. Sarà un evento, che l’Italia onorerà portando il meglio di sé. Intanto, dentro il salone di Torino, si ragiona sulla propensione a leggere e sulla capacità dell’editoria italiana di stare sul mercato. La prima indicazione, finalmente positiva, dice che gli italiani leggono di più e che volentieri affollano le librerie. Questo significa che il settore libri e letture è in netta ripresa, con una crescita nel post-pandemia che si stabilizza. Come testimonia l’analisi dell’ufficio studi dell’Associazione Italiana Editori, presentata a Torino nel corso del convegno incentrato sul tema “il mercato del libro: andamento e analisi”, l’incremento delle vendite dei primi quattro mesi del 2023 rispetto allo stesso periodo del 2019 è stato del 17% (esclusa la scolastica). Dal canto loro le librerie fisiche hanno consolidato la loro posizione come primo canale di vendita dei libri (53,8%), mentre è ancora diminuito il ricorso all’online. Leggero recupero, invece, della grande distribuzione, che si attesta al 4,7%. Questi dati, ha spiegato il responsabile dell’ufficio studi dell’Aie, «ci dicono due cose: la prima è che la crescita del mercato che si era innescata già a fine 2020 non era un fenomeno passeggero, ma una tendenza di lungo periodo che attesta e stabilizza il libro a valori di vendite superiori a quelli del pre-pandemia. Questo anche grazie a un’offerta editoriale capace di intercettare nuovi bisogni e nuovi pubblici. La seconda è che questo risultato viene perseguito tenendo bassi i prezzi, nonostante la crescita dei costi aziendali per materie prime ed energia». Insomma, l’inflazione corre, i prezzi di copertina no. A fronte di un aumento generale dei prezzi su base annua dell’8,3% ad aprile, il prezzo medio del venduto è cresciuto solo dell’1,1%.

Secondo gli esperti, la ripresa è da attribuire a una precisa scelta dei lettori che nel 46% dei casi dichiarano di aver utilizzato di più la libreria negli ultimi 12 mesi per aver ridotto gli acquisti online e negli altri canali alternativi alle librerie. In particolare, tra le motivazioni addotte, nel 55% dei casi viene indicato l’aver trovato in libreria promozioni interessanti, nel 45% l’essere stato attratto da un migliore assortimento, nel 26% l’avere riscoperto l’atmosfera della libreria. In questo quadro emerge che è ancora il settore della narrativa a fare la parte del leone. Infatti, la top-ten dei libri più venduti nei primi quattro mesi disegna un panorama dove convivono libri-evento (biografie reali), saggistica di cultura, romance, titoli trainati da trasposizioni cinematografiche e premi letterari, fenomeni social, Tik Tok in particolare. A tirare è il fenomeno romance, i romanzi d’amore che spesso negli ultimi due anni si sono posizionati in vetta alle classifiche di vendita e che nei primi quattro mesi dell’anno hanno visto una spesa dei lettori pari a 15,7 milioni di euro, più che raddoppiata rispetto al 2019. Tra questi, iniziano ad affermarsi i titoli di autrici italiane che sono passati da un valore di vendita di 1,1 milioni del 2019 a 6 milioni del 2023 (più 451%). La saggistica religiosa cresce del 17,3% rispetto al 2022 e del 14,5% rispetto al 2019.

Negli stand del Salone è stato fatto, il punto anche su altre zone dell’Europa dove l’editoria è in crescita ma si scontra con muri culturali ancora prima che economici. È il caso dei Balcani del Sud. Da quasi due anni è stata istituita a livello politico un’area di libera circolazione delle merci tra Albania (Paese ospite del Salone quest’anno), Serbia e Macedonia del Nord. Su iniziativa del centro del libro di Tirana è stato presentato a Torino il progetto Open Book, che tra gli obiettivi ha messo per il 2024 l’organizzazione di un festival del libro. A Torino ne hanno discusso Alda Bardhyli, direttrice del Centro nazionale albanese per il libro e la lettura e la giornalista e scrittrice serba Tatjana Djordjevic, da vent’anni residente in Italia. La prima ha raccontato di come abbia toccato con mano, in un recente viaggio a Belgrado, la scarsa presenza di letteratura albanese nella capitale serba. Eppure il libro e la cultura in genere sono veicoli importanti di conoscenza, «attraverso i quali questi popoli possono esprimere le loro potenzialità, cosa che non è potuta accadere in passato». L’auspicio è quello di coinvolgere anche gli altri Paesi vicini. Djordjevic ha ricordato come la stessa letteratura nella ex Jugoslavia sia contesa e come ancora 25 anni dopo non siano passati i fantasmi della guerra.

(A cura di LUCIANO COSTA)

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