È già iniziato il decimo mese di guerra. E ieri, nella giornata in cui si piange ogni anno l’Holodomor, lo sterminio per fame voluto da Stalin e perpetrato tra il 1932 e il 1933, Vladimir Putin ha ordinato un nuovo attacco alle infrastrutture civili strategiche, lasciando milioni di persone senza elettricità, senza acqua corrente, né riscaldamento e neanche una fiammella di gas per cucinare. Almeno 70 missili per un obiettivo chiaro: gelo e fame per mettere in ginocchio un Paese e addomesticare una nazione indomita. Un’arma brutale e spietata, ma non nuova. Novanta anni fa in tutta l’Unione Sovietica circa cinque milioni di persone, scientemente private dei mezzi di sostentamento, furono uccise da una carestia indotta. Quattro milioni di vittime, secondo le stime, erano ucraini. E non l’hanno mai dimenticato. Putin come Stalin: i dittatori si assomigliano sempre e mettono in mostra il peggio del peggio. Stalin affamando e Putin bombardando, l’uno e l’altro, sebbene in tempi diversi, perpetuano la teoria del terrore al servizio del potere. Fino a quando resterà impunita questa inaudita violenza?
Ieri Volodymyr Zelensky, presidente dell’Ucraina, al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, convocato d’urgenza su richiesta di Usa, Ucraina e Albania, ha presentato un Paese devastato, messo a ferro e a fuoco dalla furia russa, obbligato al buio e al freddo. Questo perché l’invasore si accanisce contro le strutture che forniscono alla popolazione elettricità, gas e acqua; perché la barbarie colpisce ospedali, scuole, case, chiese, monasteri; perché la follia della guerra che alberga tra le mura del Cremlino e che veste i panni di Putin, ordina di colpire senza remissione… Così il conto dei morti ammazzati si allunga. Nell’area di Zaporizhzhia, dove sorge la grande centrale nucleare, è stato letteralmente demolito dalle esplosioni il reparto maternità di un ospedale: un neonato è morto ancor prima di essere baciato da un raggio di sole, numerosi tra medici e pazienti sono rimasti feriti; altrove (un altrove che abbraccia tutta l’Ucraina e che ormai è senza confini) altri bambini sono morti sotto le bombe; un missile (uno dei cento, duecento o forse più che solcano il cielo e vanno a seminare morte e distruzione) ha centrato una struttura per la distribuzione degli aiuti umanitari. “L’intera popolazione di Kiev, stimata in circa 3 milioni di persone, è rimasta senz’acqua”, informa l’Onu. Tutte le principali città sono rimaste prigioniere di ingorghi stradali, senza riscaldamento, con interruzioni della rete Internet e della telefonia mobile. Le metropolitane sono state fermate e l’intera rete di trasporti elettrici, dai tram alle filovie, sono state bloccate.
La rappresaglia russa sulle strutture energetiche fa seguito a una serie di battute d’arresto sul campo di battaglia, culminate questo mese con la ritirata dalla città meridionale di Kherson verso la sponda orientale del fiume Dnepr. E la Russia del folle Putin ha ammesso apertamente di aver preso di mira i sistemi di alimentazione e di riscaldamento dell’Ucraina con missili e droni a lungo raggio. L’ONU condanna la barbarie, il mondo dichiara la Russia “fonte di terrorismo”, l’Europa invia aiuti e armi… In maniera diversa tutti parlano di Pace e di come farla prevalere sulla barbarie della guerra. Dopo nove mesi però, diventa ogni giorno più difficile credere che vi sia, certa e determinata, la volontà di far trionfare la Pace. Nell’attesa, dall’Italia più sensibile, prende il via la raccolta di generatori da inviare in Ucraina. “Quello che stiamo cercando di fare – ha spiegato il presidente di Eurocities, promotrice dell’iniziativa – è garantire che in breve sia possibile consegnare un gran numero di generatori per garantire, in parte, un approvvigionamento energetico di base per le città dell’Ucraina”. Eurocities è un’associazione di città europee che raccoglie più di 200 città tra le quali le più grandi del Continente incluse le capitali. “Una rete di sindaci che si impegna a migliorare la qualità della vita nelle proprie città, ma anche su progetti internazionali come quello che riguarda l’Ucraina e la guerra con la Russia” e che adesso indirizzano il loro impegno a procurare generatori, perché “i generatori rappresentano adesso una speranza di vita, perché questo è oggi il compito delle nostre città, perché la pace si costruisce aiutando in modo concreto le popolazioni colpite, creando i presupposti per salvare vite umane”.
LUCIANO COSTA