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Quale futuro per i disperati del mare?

Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori. Per i ministri le disposizioni mirano a contemperare l’esigenza di assicurare l’incolumità delle persone recuperate in mare, nel rispetto delle norme di diritto internazionale e nazionale in materia, con quella di tutelare l’ordine e la sicurezza pubblica… “A tal fine – è scritto in un comunicato diffuso al termine della riunione e subito rilanciato dall’Ansa – si declinano le condizioni in presenza delle quali le attività svolte da navi che effettuano interventi di recupero di persone in mare possono essere ritenute conformi alle convenzioni internazionali e alle norme nazionali in materia di diritto del mare. Inoltre, si disciplinano più compiutamente gli effetti della violazione del limite o del divieto di transito e sosta nel mare territoriale, facendo salvo il principio di salvaguardia dell’incolumità delle persone presenti a bordo, senza far venire meno l’esercizio della potestà sanzionatoria rispetto alla commissione di illeciti. Si compie una scelta a favore di un sistema sanzionatorio di natura amministrativa, in sostituzione del vigente sistema di natura penale; in tale quadro si prevedono, oltre alla sanzione pecuniaria, il fermo amministrativo della nave (contro il quale è ammesso ricorso al prefetto) e, in caso di reiterazione della condotta vietata, la confisca della stessa, preceduta dal sequestro cautelare. Analoghe sanzioni si prevedono qualora il comandante e l’armatore della nave non forniscano le informazioni richieste dall’autorità nazionale per la ricerca e il soccorso in mare o non si uniformino alle indicazioni impartite da quest’ultima”.

Non ho dimestichezza con i linguaggi burocratici e quindi capisco poco anche di questo concentrato di parole scritte per giustificare un provvedimento che secondo le organizzazioni umanitarie, rischia di lasciare in balia delle onde centinaia di disperati “colpevoli soltanto – ribadiscono – di voler cercare un posto in cui ricominciare a vivere”. Però, ammesso che il Governo in carica abbia opinioni diametralmente opposte a quelle che prima avevano contraddistinto le scelte governative, che senso ha intervenire con la scure quando, tutt’al più, potevano bastare un di più di controllo e di verifica, utili a rendersi conto del tanto buono esistente rispetto a casi (tutti da verificare) di abuso e di accaparramento di utili? Con la sua azione il Governo, di fatto, ha messo in archivio (purtroppo con scarse possibilità di ritorno) l’opera solidale svolta da tanti benemeriti e da altrettante organizzazioni di soccorso.

Tutto questo lascia intendere, come ha spiegato in un’intervista Raffaele Salinari, portavoce del Coordinamento italiano delle Ong internazionali, che la campagna contro le Ong sia “un attacco a una forma avanzata di organizzazione democratica, da parte della politica populista che mal sopporta i corpi intermedi e le organizzazioni che difendono di diritti di tutti”. L’intervista a Raffaele Salinari, un medico che vanta esperienze decennali nel campo del volontariato al fianco dei disperati in fuga, sottolinea le contraddizioni del provvedimento governativo e mette in chiaro lo spirito che anima il mondo del volontariato. Basta leggere l’intervista, che pubblico integralmente, per rendersene conto.

Prima il soccorso in mare accusato di complicità con la tratta. Poi le generalizzazioni sul caso Qatargate per le organizzazioni costruite per fare affari. Le Ong sono sotto attacco?

È un orizzonte più vasto, è la crisi stessa della democrazia, intesa come partecipazione dei cittadini alla vita civile. Le ong sono nate nel secondo dopoguerra, non a caso nelle democrazie occidentali, mentre sono ostacolate in ogni modo sotto le autocrazie proprio per la loro componente strutturale di democrazia.

Come in Afghanistan, dove Save the children è in difficoltà per il divieto alle donne di collaborare con le ong.

È l’ultimo in ordine di tempo, e fa parte delle repressioni del movimento di autodeterminazione delle donne che si sta verificando in Iran. L’attacco è anche a ciò che queste organizzazioni rappresentano, una forma auto organizzata di partecipazione dei cittadini al vivere civile.

Ma in Italia? Perché questo clima politico ostile?

L’attacco alle Ong in occidente ci consegna una fragilità crescente delle strutture democratiche. Le Ong sono la punta avanzata del protagonismo diretto dei cittadini. Un attacco costruito su falsi sillogismi: c’è una Ong creata per riciclare denaro, quindi tutte le ong riciclano denaro.

Chi lo fa cerca il rapporto diretto e non intermediato con l’opinione pubblica?

Cerca il rapporto populista con i cittadini, privati delle loro forme di auto-organizzazione, quindi più dirigibili, bersagli facili della propaganda. È preoccupante perché in Italia, come in quasi tutta Europa, le Ong e in generale il Terzo settore gestiscono segmenti importanti di welfare comunitario. Senza le Ong durante la pandemia, il sistema sanitario e assistenziale sarebbe collassato. Disconoscere il ruolo centrale di queste organizzazioni nell’organizzazione dei diritti fondamentali dello Stato punta a spezzare l’anello più esposto della catena, per rompere a cascata l’unitarietà dei diritti umani. È la politica che non vuole controllo né critiche. Un esempio? Nella legge di bilancio abbiamo ribadito il rispetto degli accordi internazionali sullo 0,7 % del pil in cooperazione allo sviluppo. Chi altro lo fa? Spesso dobbiamo fare i cani da guardia degli impegni internazionali, ma poi non restiamo a guardare. Vada in un campo profughi, chieda alle bambine afgane, a chi è stato salvato in mare, ai ragazzini di Scampia o dello Zen. Le risponderanno citando una Ong, una delle tante che non fanno “la carità”, ma fanno giustizia e pretendono il rispetto dei diritti.

Cittadini attivi per un forte senso etico?

Per un senso molto spiccato di alterità. Consapevoli che nessuno esce da solo dai problemi comuni. O tutti hanno gli stessi diritti e la stessa dignità, oppure si comincia ad escludere qualcuno per arrivare prima o poi ad escludere tutti.

Come la poesia del pastore luterano Niemöller: prima vennero a prendere gli zingari, e fui contento, poi gli ebrei e stetti zitti, un giorno vennero a prendere me, e non c’era nessuno a protestare.

Si comincia con i più deboli, si arriva prima o poi a tutti. Il Covid ad esempio ha evidenziato i danni causati da anni di smantellamento della sanità pubblica, data in pasto ai privati. Non siamo altruisti perché concediamo tempo e energie a qualcuno, siamo persone consapevoli che non si esce da problemi se non si agisce in modo organizzato…

(a cura di Luciano Costa)

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