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Quale rapporto tra scienza e politica?

Di Gianluca Cominassi –
Il presidente della Repubblica sta rilanciando da tempo l’invito all’unità, alla comunione di sforzi e di fatiche, per reggere il peso delle scelte difficili. Voglio pensare che questo auspicio non riguardi solo le forze politiche, cosa del tutto auspicabile e forse naturale visti i tempi bui che abbiamo appena attraversato e che ancora si profilano all’orizzonte, ma possa riguardare anche la scienza in relazione alla politica stessa.

Provo a spiegarmi meglio: se è vero che tanti studi scientifici si susseguono sul Covid-19 e sulle sue mutazioni, stiamo assistendo ad una spettacolarizzazione e ad una sovraesposizione mediatica da parte di virologi, epidemiologi, direttori di strutture e via discorrendo. Pare che la popolazione tenda a parteggiare per le tesi di un esperto piuttosto che di quell’altro; è evidente la difficoltà nel classificare e definire il Covid una volta per tutte, qualsiasi previsione sulle sue evoluzioni pare essere smentita, imprevista ed imprevedibile.

Quello che, a mio modo di vedere, sarebbe auspicabile è un maggior raccordo tra scienza e politica prima di trasferire il tutto nei talk show e sommare disorientamento alla frustrazione collettiva. Non è cosa facile, forse a causa della supponenza di una certa classe politica oppure per la vanagloria di qualche scienziato, fatto sta che questo contraddirsi, smentirsi, procedere a ranghi sparsi non aiuta la gestione degli umori della gente, sufficientemente provata da tempo.

Probabilmente, ma è una mia forzatura interpretativa peraltro non richiesta, quello che il Presidente della Repubblica intendeva suggerire è una maggiore corresponsabilità tra scienza e politica, tra coloro che studiano le cause e gli effetti e coloro che invece devono poi calarle nel contingente con scelte spesso impopolari. E’ l’ennesima sfida che questo maledetto Covid-19 ci pone davanti, ma tant’è.

Gianluca Cominassi
(Sindaco di Castegnato – Bs)

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