Quando uno su mille ce la fa

Adam ha 16 anni e un sogno, quello di diventare medico. Nato in un campo profughi in Darfur, a 11 anni è fuggito dal Sudan da solo, e da allora ha perso i contatti con la sua famiglia. In Libia ha lavorato nei campi in condizioni di schiavitù e per alcuni mesi è stato rinchiuso in un centro di detenzione. Per sfuggire alle violenze e ai conflitti nel Paese è andato in Niger, dove è stato accolto in un campo per rifugiati ad Agadez. Bloccato in mezzo al deserto, Adam ha visto tanti suoi coetanei partire verso la Libia, in cerca di un imbarco per l’Europa.

Tuttavia, il 15 ottobre, il ragazzo è potuto partire in aereo direttamente per l’Italia, insieme ad altri quattro giovani. Un “miracolo” reso possibile dal progetto «Pagella in tasca – Canali di studio per minori rifugiati», promosso da Inter sos in partenariato, fra gli altri, con l’Unhcr e la fondazione Migrantes. Dopo aver trascorso un mese in una struttura di prima accoglienza a Torino, è stato accolto da una famiglia affidataria e finalmente ha iniziato ad andare a scuola. Un lieto fine raccontato nel nuovo rapporto sul diritto d’asilo elaborato da Migrantes e presentato alcun i giorni fa a Roma dalla Conferenza episcopale italiana.

Intitolato Gli ostacoli verso un noi sempre più grande, il volume è diviso in quattro parti: «Dal mondo con lo sguardo rivolto all’Europa», «Tra l’Europa e l’Italia», «Guardando all’Italia», e un approfondimento teologico. Ricostruisce il quadro delle guerre e delle altre crisi che portano il numero delle persone in fuga nel mondo al più elevato livello di sempre, benché siano sempre meno i migranti che ottengono protezione in Europa, dove invece ritornano le frontiere interne, con una diffusione impropria dei controlli, e dove la solidarietà sembra declinata solo in chiave difensiva ed escludente. «Entrare in Europa — affermano le curatrici del rapporto, Cristina Molfetta e Chiara Marchetti — sarà sempre difficile, costoso e pericoloso. Il pattugliamento delle rotte, che avviene con un fortissimo investimento economico e tecnologico, non ha il fine di soccorrere tempestivamente migranti e rifugiati, ma di impedire il loro arrivo e di facilitare il loro respingimento. Muri tecnologici, quindi, ma anche terribilmente fisici».

In conclusione del rapporto, tuttavia, le due curatrici richiamano anche «i pochi ma significativi aspetti positivi che si affacciano timidamente alla ribalta e che hanno bisogno di tutta la nostra fiducia e tenacia per poter prosperare»: l’introduzione della nuova protezione speciale, le vie sperimentali per l’accesso legale e sicuro in Italia di minori attraverso i visti per studio, e il protagonismo dei rifugiati che iniziano a prendere pubblicamente parola nel dibattito pubblico e scientifico. «Possono forse sembrare piccoli lumi in un panorama fosco e disperante, ma dimostrano che il cambiamento è sempre possibile e che va costruito giorno per giorno, mettendo insieme risorse e volontà plurali e trasversali».

Intervenendo alla presentazione del rapporto, il vescovo segretario generale della Cei, Stefano Russo, ha spiegato che il volume, «ci dà modo di avere tutti i dati possibili ma anche delle riflessioni attente su questi fronti e, per questo, è uno strumento prezioso di analisi e di denuncia». In comunione con il Papa che a Lesbo è tornato a chiedere con forza che «non si voltino le spalle alle realtà, finisca il continuo rimbalzo di responsabilità, non si deleghi sempre ad altri la questione migratoria», ha aggiunto Russo, i vescovi italiani hanno più volte denunciato «l’inaccettabile dramma dei migranti», chiedendo una risposta ispirata ai quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Monsignor Russo auspica quindi che “gli ostacoli verso un noi sempre più grande possano essere superati attraverso il riconoscimento dell’altro e del valore dell’accoglienza”.

Quel che serve qui e adesso in Europa, ha detto il presidente della fondazione Migrantes monsignor Giancarlo Perego, affermando che in Europa “è riuscire veramente a rilanciare concretamente la solidarietà tra gli stati per affrontare e non più sottrarsi alla sfida delle migrazioni forzate, smettendola di pensare che lasciare fuori le persone che si dovrebbero proteggere, scaricando l’accoglienza sui Paesi con meno risorse e meno diritti, possa essere la soluzione”.

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Più risparmi, meno famiglie che risparmiano

Aumentano i risparmi ma diminuiscono le famiglie che riescono a risparmiare. Sta qui il dato centrale del nuovo rapporto sul risparmio delle famiglie elaborato da Intesa Sanpaolo e del Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi. Lo studio rileva un aumento dei depositi sui conti correnti di 110 miliardi di euro nell’ultimo anno. Il dato più recente, pubblicato la scorsa settimana dalla Banca d’Italia, indica che sui conti correnti delle “famiglie consumatrici”, a fine ottobre c’erano 1.149 miliardi. Le risposte alle interviste dei ricercatori, condotte la scorsa primavera, rivelano però che la quota di famiglie in grado di risparmiare si è ridotta di 6,5 punti percentuali, scendendo dal 55,1 al 48,6% della popolazione. Significa che il risparmio cresce, ma è per pochi. È quindi un altro segnale di crescita della diseguaglianza all’interno del Paese. Lo studio di Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi usa un’altra espressione («disomogeneità circa le capacità di risparmio») ma il senso è lo stesso.

Questi 110 miliardi in più, spiega Gregorio De Felice, capo economista di Intesa, sono soldi di «imprenditori, liberi professionisti, delle classi di reddito medio/alte o alte». A questi ricchi che resistono si contrappongono i poveri che aumentano: «Ci sono 2 milioni di famiglie in situazione di povertà assoluta, con 5,6 milioni di persone – ricorda ancora De Felice –, salite in percentuale dal 7,7% al 9,4% del totale. Solo il 55% non ha intaccato il risparmio e il 10% lo ha usato in maniera rilevante».

Beppe Facchetti, presidente del Centro Einaudi, sottolinea invece una tendenza «positiva», cioè la ritrovata fiducia nei confronti delle banche, con un rapporto tra cittadini soddisfatti e insoddisfatti del lavoro delle banche che ha raggiunto il massimo storico di 18 a 1. Sarà anche per questo che gli italiani che risparmiano lasciano direttamente sul conto una buona parte dei loro soldi. Il 42% dei risparmi finanziari degli italiani, calcola lo studio, è in liquidità, sui conti correnti. Chi investe lo fa comunque con molta prudenza, compra soprattutto obbligazioni (lo fa il 22% degli intervistati) e solo in pochi (il 6,1%) si avventurano nel mercato azionario. In molti si affidano invece al risparmio gestito, che difatti nei primi dieci mesi dell’anno ha visto una raccolta netta di 76,2 miliardi di euro.

La prudenza è anche figlia della cautela con cui si guarda al futuro, dopo una crisi economica che ha portato a una perdita di reddito media stimata in 105 euro al mese. Sul futuro però c’è ottimismo: il saldo ottimisti-pessimisti sulle aspettative di reddito delle famiglie è passato, nel giro di pochi mesi, da -16 a -2,6%. Lo studio sottolinea in particolare il miglioramento sui saldi delle aspettative tra la prima rilevazione del 2021 (marzo) e la seconda (maggio), quando la campagna vaccinale stava guadagnando momento e volgendo verso la soluzione del problema sanitario.

Chi ha un po’ di risparmi, comunque, è pronto a investirli sul mattone. Il 18% degli intervistati ha risposto che, dopo essere rimasto a lungo in casa per la pandemia, ritiene di avere bisogno di più metri quadri. Il 2,6% ha già deciso di cambiare casa, il 10,7% lo farebbe se si realizzassero alcune condizioni, a partire dalla disponibilità di finanziamenti. Tra i più giovani la necessità di cambiare casa è sentita con più forza: ci sta lavorando il 28% dei 25-34enni e il 22% dei 35-44enni. Se ci riusciranno, nei prossimi anni il mercato immobiliare potrebbe affrontare una domanda per adeguamento delle case di oltre 500mila unità all’anno.

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