Roma sottosopra per l’arrivo dei Capi di Stato e delle rispettive delegazioni che a oggi partecipano al “G20”, la massima assise mondiale riunita per discutere e magari trovare soluzioni condivise ai mali del mondo. Se i Capi metteranno nero su bianco impegni coraggiosi e tali da cambiare la prospettiva distruttiva che imperterrita domina e sparge paure, “il mondo avrà una concreta possibilità di ricominciare a vivere e far vivere coniugando al meglio sviluppo e dovere di salvaguardare il Creato”, quell’assoluta meraviglia in cui noi abitiamo, lavoriamo e speriamo. Anche ieri, giorno di vigilia, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, mettendo l’Urbe a disposizione del mondo, ribadendo l’invito di papa Francesco, non ha esitato a ripetere che “se si vuole assicurare buon futuro alle genti che abitano la Terra è necessario dare alla Terra il rispetto che merita, che esige, che chiede, che invoca”. E se questo non lo si fa adesso, domani sarà già troppo tardi.
Ieri, vigilia del “G20”, tutto è ruotato attorno al Presidente degli Stati Uniti Joe Biden impegnato in tre visite straordinarie e attese: in Vaticano per rendere omaggio al Papa, al Quirinale per incontrare il Presidente della Repubblica e a Palazzo Chigi per delineare strategie e impegni insieme al Premier Mario Draghi. Delle tre visite, quella fatta a papa Francesco, per il suo carattere di evento straordinario, resterà a lungo nella memoria collettiva.
Tutto normale: Joe Biden, presidente degli Stati Uniti d’America, è stato ricevuto in udienza da papa Francesco. Poco normale, invece, è che i due anziani, ognuno con le proprie competenze e responsabilità – essenzialmente spirituali da una parte, assolutamente materiali dall’altra – abbiano colloquiato per ben settantacinque minuti. Che cosa si sono detti quei due in quei lunghissimi minuti? Non lo so e non lo sa nessuno. Però, si possono fare supposizioni, che in ogni caso non possono prescindere da ciò che è scritto nel comunicato ufficiale, diffuso dalla Sala Stampa vaticana, in cui si riferisce in maniera perentoria e impeccabile che Papa e Presidente “nel corso dei cordiali colloqui si sono soffermati sul comune impegno nella protezione e nella cura del pianeta, sulla situazione sanitaria e la lotta contro la pandemia di Covid-19, nonché sul tema dei rifugiati e dell’assistenza ai migranti” trovando “in linea di principio, una sostanziale sintonia”.
Non solo. Il comunicato ufficiale, infatti, dice che “non si è mancato di fare riferimento anche alla tutela dei diritti umani, incluso il diritto alla libertà religiosa e di coscienza”. Proprio su questo punto alcuni notisti, solitamente propensi a dar credito al rumore delle parole immaginate piuttosto che al valore di quelle pronunciate, hanno ipotizzato “minuti lunghissimi” nei quali Papa e Presidente avrebbero questionato sulla legge che negli USA consente l’aborto e sulla comunione da negare a chi nel Parlamento americano voti a favore di tale legge. Nulla esclude tale possibilità, ma siccome non v’è traccia nel documento ufficiale, si resta nel campo dei si dice.
Invece, il comunicato vaticano spiega che “i colloqui hanno permesso uno scambio di vedute su alcune questioni attinenti all’attualità internazionale, anche nel quadro del vertice del G20 a Roma, e alla promozione della pace nel mondo tramite il negoziato politico”. Quanto alla durata del colloquio, alla presenza nel colloquio di squarci di lieta allegria (qualche risata e qualche ok ben sottolineato, niente di più) e agli apprezzamenti espressi, solo la normalità della cronaca. Ma proprio Joe Biden, il Presidente, ha riferito con notevole soddisfazione di essersi rivolto a papa Francesco dicendogli: “Sei il più grande guerriero per la pace mai incontrato”. Dal canto suo il Papa, con la solita e inconfondibile dolcezza, gli risposto che “era felice di avere di fronte un buon cattolico”, che come tale “dovrebbe continuare a ricevere la Comunione”.
Fatico ad ammetterlo, ma quei due anziani sulle cui spalle gravano pesi e responsabilità enormi, mi hanno commosso. Quello vestito di bianco parlava di cieli e terre da vivere e far vivere, di creato da salvaguardare, di popolazioni a cui assicurare dignità, pari opportunità, diritti aggiunti al necessario per vincere la sfida contro fame sete malattie e pandemia; quell’altro che gli stava accanto accoglieva ogni parola e la metteva nella sua personale bisaccia per trasformarla di lì a poco in impegni concreti e risolutori; insieme provavano, riuscendoci, a scrivevano una pagina nuova di umanesimo globale, una pagina fatta apposta per dare speranza all’umanità in cammino. Nessuna cronaca l’ha raccontato, ma sono sicuro che prima di aprire le porte alla curiosità dei media quei due anziani hanno trovato il tempo per recitare insieme almeno un Pater noster, preghiera universale, quindi adatta per coniugare due mondi diversi ma uguali nell’invocare e pretendere la prevalenza del bene su ogni cosa che alimenti il male. Papa Francesco, alla fine, ha donato al Presidente anche il messaggio scritto per la Giornata della Pace. Il Presidente ha donato al Papa una piccola moneta, simbolo di unione e concordia, e la promessa di consegnare indumenti adatti ad affrontare l’inverno ai poveri della sua America.
Oggi va in scena la Politica. E speriamo non faccia soltanto scena.
LUCIANO COSTA