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Quei migranti usati come merce chiedono solo giustizia…

Si sottolinea continuamente il dramma dei disperati del mare, si riferiscono gli orrori che avvengono, si chiede a gran voce che i “lager libici”, che ci sono e che riproducono l’orrore di ciò che è già stato visto e vissuto, vengano chiusi e che non vi siano mai più luoghi di ammassamento di persone in cerca soltanto di un posto in cui ricominciare a vivere, si invocano aiuti e assistenza… Poi, amaramente, si deve prendere atto che nulla cambia e che i disperati in fuga sono considerati merce da vendere al mercato dei trafficanti, sia quando si raccolgono sulle spiagge in attesa di barconi, sia quando già in mare sono travolti dalle onde o catturati e quindi ammassati in nquei “lager” circondati a guardie armate e da filo spinato.

E’ successo anche nei giorni scorsi e appena ieri: nei giorni scorsi un barcone con almeno cinquecento migranti a bordo è stato segnalato in avaria ma i soccorritori (di una ONG e non della guardia costiera maltese di cui era la competenza) non sono riusciti a rintracciarlo dato che maltesi e libici lo avevano già respinto da dove era partito; ieri, come ha detto la radio del mare e lo confermano le notizie di cronaca, un gruppo di 27 naufraghi salpati a bordo di un barcone dalle coste libiche non lontano da Bengasi, nell’area fuori dal controllo delle autorità di Tripoli, è stato soccorso da una petroliera (la “Long Beach”, battente bandiera delle Isole Marshall e gestita da armatori greci) che anziché dirigersi verso le coste di Paesi europei, li ha condotti verso la Libia, verso uno dei porti in cui comandano trafficanti corrotti e feroci. Dicono le cronache ufficiali che il coordinamento del soccorso era stato inizialmente assunto dalla centrale di soccorso operante a Roma, ma che nonostante l’intervento italiano è andato in scena un respingimento vietato dalle convenzioni internazionali.

La barca in pericolo era stata individuata non solo grazie alle chiamate di soccorso ad “Alarm Phone”, il “centralino umanitario” che raccoglie gli Sos dal mare, ma anche da “Seabird”, il velivolo di osservazione di Sea Watch che aveva poi fornito le esatte coordinate alle autorità. “Ci risulta che il Centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma abbia assunto il coordinamento del caso e abbia indirizzato verso la posizione indicata più di una nave mercantile”, si legge infatti della piattaforma umanitaria italiana “Mediterranea”.

Una conferma indiretta arriva proprio dalla Guardia costiera italiana. “Il Centro di coordinamento e soccorso marittimo di Roma – è la ricostruzione della Guardia costiera – ha cooperato, conformemente a quanto previsto dalle vigenti Convenzioni internazionali sul soccorso marittimo, con l’omologo Centro di coordinamento marittimo della Guardia costiera libica, nell’ambito di un evento occorso all’interno dell’area di responsabilità di quel Paese”. Questo conferma che il respingimento c’è stato. “Le unità mercantili coinvolte in questa attività di soccorso – precisa la Guardia costiera italiana – sebbene inizialmente contattate dal Centro di soccorso italiano, hanno successivamente ricevuto le istruzioni direttamente dall’Autorità libica, competente per il soccorso marittimo in quell’area, che ne ha, pertanto, legittimamente assunto il coordinamento”.

Fonti giornalistiche hanno però confermato che i migranti sarebbero stati poi trasbordati dalla petroliera ad alcuni gommoni, presumibilmente quelli forniti da Roma nelle settimane scorse, e poi sbarcati a terra per essere rinchiusi in un centro di detenzione. La petroliera ha compiuto il salvataggio dei migranti in piena notte ma poi si è diretta, come evidenziano le mappe elettroniche che in tempo seguono la rotta delle navi e ne indicano la destinazione dichiarata dal comandante, verso il porto libico di Marsa Brega, nella Cirenaica comandata da Haftar, il generale che di recente ha avuto incontri a Roma con il governo italiano.

Negli ultimi due giorni, dicono ancora le cronache ufficiali, la Guardia costiera italiana ha soccorso più di 1.200 persone nel Mediterraneo centrale. Ma in questo tempo è prevalsa ed è stata notata la sostanziale inazione della Guardia costiera libica che, secondo dati dell’Organizzazione Onu per i migranti (Oim), a partire dal 14 maggio non ha effettuato alcuna intercettazione in mare nonostante siano riprese le partenze proprio dalle coste libiche. Fonti da Tripoli hanno confermato ad alcuni organi di stampa che le varie guardie costiere affiliate alle autorità centrali libiche in questo momento “sono impegnate a preparare una esercitazione congiunta con la Marina militare di Malta”.

Sui dati delle intercettazioni e dei respingimenti, però, in troppi tacciono o fanno finta di non vedere e sentire. Questi dati, infatti, raccontano un’altra storia. Messi in fila da Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi, l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, basandosi sulle statistiche ufficiali delle agenzie Onu, dicono che dal 2019 a oggi, a fronte dell’aumento dei finanziamenti e dell’equipaggiamento fornito da Italia e Ue alle cosiddette guardie costiere libiche è diminuita la percentuale di intercettazioni in mare da parte della Lcg (Libya coast guard). In altre parole, a Tripoli si incassa sempre di più e si agisce sempre di meno. Se nel 2019 la percentuale delle catture in mare era del 68% sul totale delle persone salpate, nel 2023 siamo a circa il 20% delle partenze dalle coste libiche.

Tradotto dai numeri, vuol dire che la Sar, l’area di ricerca e soccorso libica (costituita con fondi italiani a partire dal 2017) in realtà è un grande buco nel Mediterraneo. Nelle ultime settimane è infatti cresciuto il numero di barconi e pescherecci carichi di migranti che hanno preso il largo dalla Cirenaica, la regione su cui Tripoli non ha alcun controllo. Ma, una volta in mare i barconi potrebbero essere avvistati e intercettati da una delle tre milizie marittime di Tripoli, che invece non si spingono nel tratto di mare antistante Bengasi certificando nei fatti come circa metà della “Sar” libica sia priva di qualsiasi sorveglianza. Secondo le agenzie umanitarie Onu nel 2013 sono già 1.093 i migranti morti e dispersi nel Mediterraneo. Ma non esiste alcuna contabilità sui morti e i dispersi a terra, quando i profughi vengono catturati in mare e riportati nei campi di detenzione. Se può consolare, nei giorni scorsi la Corte penale internazionale ha fatto sapere di avere convalidato 4 mandati di cattura e di averne richiesti altri due per esponenti affiliati sia al governo di Tripoli che alle milizie legate al generale Haftar, quello che controlla la Cirenaica fino al confine meridionale con il Sudan.

Ma, benché lodevole, questa azione resta una goccia di giustizia in un mare che è stracolmo di ingiustizia.

(A cura di LUCIANO COSTA)

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