Prezzo del gas alle stelle (qualcosa come cento e passa volte in più di quello che era: colpa dell’arroganza russa che sulla materia fonda le sue ricchezze, necessarie per sostenere e alimentare la folle guerra contro l’Ucraina, l’Europa e il mondo ma anche colpa degli speculatori che le loro fortune le costruiscono sulle sfortune altrui), campagna elettorale che sul gas e quindi sui rapporti con chi lo vende fonda le sue ragioni, in movimento centrifugo, impegnate a girare su sé stessa e sui soliti temi, sulle bugie, sulle promesse, sulle mezze verità, sui manuali di comportamento (il cavaliere di Arcore ha rimesso in circolo il suo “manuale del candidato”: vai ben vestito, attacca comunque chi ci ostacola, nessuna pietà per Renzi, prometti e dipingi scenari rosati se e come vinceremo noi, non accettare provocazioni ma tu provoca che qualcosa resterà, lascia perdere i sondaggi favorevoli, che se li agiti fanno scappare altrove gli elettori, poi, soprattutto metti il capo, citalo e presentalo quale suggeritore intelligente di ogni azione, come perno attoprno al quale gira l’universo…), sui danni provocati dai precedenti governi (compreso quello di Mario Draghi, che osannato e da quasi tutti chiamato salvatore dell’italico suolo, oggi è da qualcuno, anche da certuni che prima stavano allegramente ad applaudirlo, indicato quale artefice della crisi che ci ingloba), sui fascisti che spopolano e che pur inquietando chi alla democrazia assegna virtù e non vizi occupano la scena mostrando bicipiti gonfi e petto in fuori, sulla famiglia che verrà (che il Celodurista vorrebbe modellata su quella ungherese e che altri vorrebbero fuori dalla contesa ma dentro la macchina che produce voti), sulla scuola che ha bisogno di tutto meno che di parole gettate al vento da improvvisati politicanti con poca parte e nessuna arte…
Di questo soprattutto si alimenta la cronaca. Il resto è confinato tra le righe e le pieghe, tra gli strilli che inneggiano agli ultimi amori dei soliti noti, in mezzo alle parole che del pallone fanno l’idolo incontrastato delle masse, messo dove si vede e non si vede, incluso nei ghirigori con cui si disegnano città e paesi ancora in vacanza sebbene già orientati a riprendere il solito tran tran. Non nelle primizie e neppure nel resto delle primizie ho visto riferimenti alla presenza a Roma dei parlamentari cattolici dell’International Catholic Legislators Network (un’associazione nata nel 2010 in Austria per dare voce e forza a chi da cattolico si proponeva alla politica attiva) arrivati per incontrare il Papa e non solo lui. Invece, sarebbe bastato prestare attenzione alle parole riservate loro da Francesco per capire che lì c’era materia per imbastire discorsi in grado di essere medicina e viatico anche della nostra politica e dei suoi mille e mille interpreti. “Per guarire il nostro mondo, così duramente provato da rivalità e forme di violenza – diceva il Papa agli ospiti venuti da ogni parte del mondo -, occorrono leader capaci, ispirati da un amore fraterno rivolto soprattutto a coloro che si trovano nelle condizioni di vita più precarie, leader amanti della pace… che deriva da un impegno duraturo per il dialogo reciproco, da una paziente ricerca della verità e dalla volontà di anteporre il bene autentico della comunità al vantaggio personale”.
Discorso scomodo, ancor più scomodo nel momento in cui ha messo sul tappeto le tre parole chiave dell’essere impegnati per rendere migliore il mondo: giustizia, fraternità, pace. “Giustizia, per le persone vulnerabili che non hanno voce e che si aspettano di essere protetti dai leader civili e politici attraverso politiche e leggi efficaci. Fraternità”, per affrontare le tante situazioni di disuguaglianza e ingiustizia che minacciano il tessuto sociale e la dignità ogni donna e uomo. Pace, che non è semplicemente assenza di “guerra” ma frutto di dialogo e cooperazione a lungo termine”.
Il Papa parla poi di poveri, migranti, rifugiati, vittime del traffico di esseri umani, malati, anziani e a di tutti quegli altri “individui che rischiano di essere sfruttati o scartati dall’odierna cultura dell’usa e getta, la cultura dello scarto. La vostra sfida – raccomanda Francesco ai parlamentari – è quella di operare per salvaguardare e valorizzare nella sfera pubblica quelle giuste relazioni che permettono a ogni persona di essere trattata con il rispetto e l’amore che le sono dovuti”. Da qui l’incoraggiamento a proseguire negli sforzi, a livello nazionale e internazionale, “per l’adozione di politiche e leggi che cerchino di affrontare, in uno spirito di solidarietà, le numerose situazioni di disuguaglianza e ingiustizia che minacciano il tessuto sociale e la dignità intrinseca di tutte le persone”.
Se questi temi fossero parte della italica campagna elettorale, per fare migliore l’Italia non servirebbe altro. Invece…
LUCIANO COSTA