Sarebbe il caso si parlare della legge di bilancio approvata dal Consiglio dei Ministri con tanto di applauso finale, ma le notizie dettagliate le trovate in ogni angolo di giornale e in ogni vampata di televisione; oppure di ciò che è seguito alla bocciatura del decreto Zan (caccia ai colpevoli, invocazione di una legge popolare che cancelli l’onta della sconfitta, accuse sonanti, conta dei traditori, evviva sguaiati e neppure una riflessione su ciò che si poteva fare se e come tra i contendenti avesse preso posto la volontà di dialogare) e che di sicuro non è ancora giunto all’atto finale; ma anche delle allegre riunioni che al centro mettono non l’adesso, bensì il dopo, cioè quel che accadrà al momento di dare un volto al nuovo Presidente della Repubblica…
Sarebbe il caso, invece preferisco parlare di noi, poveri cristi in cammino, ognuno portando la propria bisaccia piena in pari misura di certezze e dubbi, credenti ma non troppo, certo cristiani ma anche musulmani o altro, parte di una religiosità diffusa di cui un’indagine approfondita delinea sostanza e incostanza.
Riassumendo il pensiero in poche righe: “la religiosità in Italia”, almeno per quel che emerge dall’indagine sociologica commissionata dalla CEI (Conferenza Episcopale Italiana) e riferita agli ultimi venticinque anni, è fatta di “incerta fede” sebbene sia soffusa da una “religiosità diffusa” e attenta ai valori. I cristiani praticanti, insomma, battono la fiacca. Così, a Messa ci va soltanto il 22% (nel 1995 era il 31%), però la preghiera personale continua a essere un momento importante della vita quotidiana; diminuisce il numero di chi crede ad una vita oltre la morte (il dato passa del 41% al 28%); prende spazio una “religione dei valori” e aumenta il bisogno di spiritualità; nella Chiesa si accentua la ricerca di nuove forme di partecipazione.
Dice la ricerca sociologica che, tra gli italiani, la “fede dubbiosa” in Dio ha superato la “fede certa”, che cresce il peso di “valori significativi” come famiglia, rispetto, giustizia, solidarietà, accoglienza, condivisione, lavoro, amicizia, sport ed onestà. La ricerca, basata su questionari e interviste approfondite, “senza ignorare i numeri, va oltre i numeri stessi”. I numeri, spesso identici, fin nei decimali, nella ricerca quantitativa come in quella qualitativa, raccontano un calo della frequenza alla Messa e anche la progressiva diminuzione di coloro che fanno la comunione; parlano di un tasso di felicità soddisfacente, ma anche di notevoli sofferenze; sottolineano che nei confronti della morte, il 58,3% degli intervistati ritiene che la religione aiuti a mantenere una certa tranquillità, anche se in 25 anni è passato dal 10,4% al 19,5% il numero di chi nega convintamente la vita dopo la morte, e coloro che credono che ci sia sono scesi dal 41,5% al 28,6%.
Si mantiene viva la preghiera, con il 26,1% dei cristiani che dichiara di praticarla ogni settimana, e mai da solo, ma fa una certa impressione scoprire che ancora più alta è la frequenza della preghiera tra i musulmani. E se il 35% dice di appartenere ad una Chiesa o confessione, sono numerose le riflessioni critiche nei confronti dell’istituzione religiosa, i suoi componenti, le regole e i comportamenti. Così la ricerca rileva l’emergere di una spiritualità che va a sostituire le forme tradizionali di religiosità. In questo modo, dicono i ricercatori, “si manifesta l’adesione a forme di volontariato ed a nuove esperienze sul modo di pregare o comunque di mettersi in relazione con il soprannaturale”.
Nell’indagine è anche evidente la presenza di una sorta di “religione dei valori” che richiama la cosiddetta regola d’oro, cioè il non fare agli altri quello che non si vorrebbe fare a se stessi. I valori, in ordine di importanza sono: famiglia, giustizia, solidarietà, accoglienza, condivisione; seguono poi, un po’ più distanti: lavoro, amicizia, amore, educazione, cultura, tradizione, religiosità, devozione, libertà. I ricercatori hanno poi individuato cinque tipologie di comportamento negli intervistati: la “cura pastorale”, le “retoriche dell’umanitarismo caritatevole”, i “prigionieri dello sconforto”, “abbracciando la fede” e “aldilà di tutto”.
Agli intervistati è stato anche chiesto di parlare di Papa Francesco ricevendo come risposta tanti apprezzamenti, alcuni distinguo, rari dissensi e anche una stravagante definizione che ha disegnato Francesco tal quale a un “Papa da aperitivo”, perché persona aperta e colloquiale, vicina e simpatica. Più in concreto, il giudizio complessivo sul Pontefice è positivo nel 69,7% dei casi, ambivalente nel 22,2% e negativo solo nell’8,1%.
LUCIANO COSTA