Attualità

Riassunto di tre giorni…

Lunedì solo sport; martedì generalmente commenti su quel “prelievo” a carico delle banche, che ha gettato lo scompiglio nel mondo finanziario e stracciato in Borsa diversi miliardi di capitalizzazione; oggi giusto il tempo per leggere l’anticipazione di quello che sarà il tema della prossima Giornata Mondiale della Pace che, come ogni anno, sarà celebrata il 1° gennaio. Papa Francesco ha deciso di dedicare la giornata alle “Intelligenze artificiali e Pace”. Questo perché i notevoli progressi compiuti nel campo delle intelligenze artificiali hanno un impatto sempre più profondo sull’attività umana, sulla vita personale e sociale, sulla politica e l’economia. Con la sua decisione papa Francesco sollecita un dialogo aperto sul significato di queste nuove tecnologie, dotate di potenzialità dirompenti e di effetti ambivalenti, richiama la necessità di vigilare e di operare affinché non attecchisca una logica di violenza e di discriminazione nel produrre e nell’usare tali dispositivi, a spese dei più fragili e degli esclusi: ingiustizia e disuguaglianze alimentano conflitti e antagonismi.

E l’urgenza di orientare la concezione e l’utilizzo delle intelligenze artificiali in modo responsabile, perché siano al servizio dell’umanità e della protezione della nostra casa comune, esige di estendere la riflessione etica all’ambito dell’educazione e del diritto. “La tutela della dignità della persona e la cura per una fraternità effettivamente aperta all’intera famiglia umana – sottolineano gli esperti della comunicazione Vaticana – sono condizioni imprescindibili perché lo sviluppo tecnologico possa contribuire alla promozione della giustizia e della pace nel mondo.

PAPA FRANCESCO HA ANCHE DECISO che la sede della prossima Giornata Mondiale della Gioventù, la 38ma della storia, sarà nel 2027 a Seul, capitale della Corea del Sud, dove, ha detto il Pontefice “sperimenteremo l’universalità della Chiesa passando dalla frontiera occidentale all’estremo Oriente”.  Prima dell’evento in Asia, però, un altro appuntamento aspetta i ragazzi e le ragazze di tutto il mondo ed è il Giubileo dei Giovani, nell’ambito dell’Anno Santo annunciato dal Papa che si terrà a Roma sul tema “Pellegrini di Speranza”. Proprio dal primo Giubileo dei Giovani, primo raduno giovanile internazionale della Chiesa cattolica celebrato da Giovanni Paolo II all’interno dell’Anno Santo straordinario della redenzione del 1983-84, nacque l’idea di un appuntamento fisso globale per i ragazzi del mondo. Quello che poi nel tempo divennero appunto le Giornate Mondiali della Gioventù. La grande e inaspettata partecipazione al Giubileo dei Giovani a Roma (circa 250 mila persone), spinse Wojtyla a replicare l’anno successivo, nel marzo 1985.  Da lì la decisione di istituire una Giornata per i giovani di base annuale, negli anni poi trasferita in Paesi del mondo sempre diversi e distanziata con una cadenza di 2-3 anni.

OLTRE GLI APPUNTAMENTI DATI DAL PAPA restano i fatti e gli accadimenti quotidiani. Tra questi quello che informa come negli ultimi cinque anni, dalla carta geografica della scuola italiana, è scomparsa una città grande come tante nostre città. Il dato riguarda soltanto gli iscritti alla scuola primaria statale, drasticamente calati. L’ultimo segnale d’allarme, delle pesanti ricadute sociali (ma anche economiche) dell’inverno demografico in cui è precipitata l’Italia, è arrivato in questi giorni da Treviso dove il prossimo anno scolastico, undici scuole elementari non avranno la prima per mancanza di alunni. Anche chiedendo “in prestito” bambini alle altre scuole, non sarebbero arrivate alla soglia minima di 15 scolari, necessari per formare una classe. Allarme rosso anche dall’altra parte del Nord Italia, a Chiavari, in provincia di Genova, dove il piano metropolitano del dimensionamento scolastico ha certificato che, tra il 2017 e il 2022, in cinque anni, gli alunni della scuola primaria sono calati del 10,5%.

Il fenomeno è, però, comune a tutta la Penisola. Limitandoci alla prima elementare statale, siamo passati dai 428.055 iscritti del 2022/2023 ai 422.475 del 2023/2024, con una perdita secca di 5.580 alunni. In un solo anno. Qualcuno potrebbe anche essersi iscritto alla scuola paritaria, ma si tratta comunque di un dato che conferma un andamento, purtroppo, in costante calo. E non da oggi.

Per farsene un’idea, basta scorrere i dati ufficiali del Ministero dell’Istruzione e del Merito relativi agli ultimi cinque anni scolastici. Sempre con riferimento alla sola scuola primaria statale, siamo partiti nel 2018/2019, con 2.498.521 alunni e 129.354 classi, per scendere a 2.443.092 alunni e 128.143 classi nel 2019/2020, mentre l’anno successivo, il 2020/2021, gli scolari erano 2.384.026 distribuiti in 126.763 classi. Questa, infine, la situazione dell’ultimo biennio. Nel 2021/2022, gli alunni della primaria erano 2.331.923 in 125.486 classi scesi, nel 2022/2023 a 2.260.929 per 123.755. In cinque anni scolastici, insomma, la scuola primaria statale ha perso 237.592 alunni e 5.599 classi. Un’emorragia che non dà segni di rallentamento e che rischia di mettere a segno un altro triste primato: tra 10 anni, entro il 2033, in Italia avremo 1 milione di alunni in meno.

Anche questa situazione fortemente preoccupante può, però, trasformarsi nell’opportunità di “ripensare” la scuola e la didattica in generale. E, come fu per la pandemia, rappresentare un “cambiamento” non per forza totalmente negativo. «Può essere l’occasione per pensare a un nuovo modello di scuola, impiegando in maniera diversa i docenti e utilizzando meglio spazi e strutture», ha sottolineato Cristina Grieco, presidente dell’Indire, l’Istituto di documentazione, innovazione e ricerca educativa che, dal 1925, è «al fianco della scuola per promuovere l’innovazione didattica e sostenere i processi d’apprendimento». Come è così riassumibile: si può lavorare sulla didattica e sulla formazione degli insegnanti, ma anche sull’organizzazione, sulla gestione degli spazi e sul curricolo; poi, senza ridurre il numero dei docenti, è possibile intervenire sul tempo scuola, introducendo il tempo pieno anche là dove oggi non esiste e dove, invece, servirebbe, come ci dicono anche gli ultimi dati dell’Invalsi; infine, cambiare modello significa anche pensare che la scuola non debba necessariamente essere “fatta” soltanto la mattina, per dedicare il pomeriggio allo studio solitario, ma che, invece, possa essere rimodulata secondo i criteri della didattica innovativa, più in sintonia con le aspettative degli studenti, che, in questo modo, sarebbero maggiormente motivati”. Sotto l’aspetto organizzativo, un’iniziativa importante e molto innovativa, sarebbe quella di togliere le barriere del gruppo classe per fare recupero degli apprendimenti con gruppi di livello. Ovviamente con docenti adeguatamente formati.

(A cura di LUCIANO COSTA)

Altri articoli
Attualità

Potrebbero interessarti anche