Attualità

Sanità, cure, ticket: chi può paga. E gli altri?

La sanità al servizio delle persone, della gente, del popolo, di chi improvvisamente, accidentalmente o improvvidamente scopre di non potercela fare da solo; la sanità come servizio, come offerta di un bene dal quale nessuno può essere escluso; la sanità come diritto che qui e altrove, adesso, ogni giorno, sempre e comunque deve essere garantito; la sanità come risposta alla sofferenza, come sollievo alla disperazione, come speranza di vita migliore… Ma, è questa la sanità che viene erogata? Oppure quella indicata è la sanità che dovrebbe essere e invece non è? E che sanità è quella che a qualcuno assicura il massimo e ad altri neppure il minimo indispensabile? E poi, perché esistono diverse sanità – pubblica, privata, convenzionata, occasionale, misericordiosa, gratuita, a pagamento… – di fronte a problemi che sono, o che dovrebbero essere, uguali… Perché un tumore, un infarto, un accidente, un cervello che sballa o una pancia che si ribella, oppure polmoni che s’infiammano, occhi e orecchie che smettono di vedere e sentire, sciatiche che strascicano… insomma qualunque acciacco, non sono diversi a seconda di chi li ha e li sente addosso. Invece, le differenze ci sono e si vedono. Incominciano dalla ricetta che sollecita una visita o un’analisi. Obbligatorio è prenotare, incerta la definizione della prenotazione… Se tutto va bene, attesa di pochi giorni; se non va così bene attese di un mese o due; se non va bene se ne riparla nel giro di tre o sei mesi; se proprio non va bene la visita o l’esame slitteranno all’anno prossimo. Poi c’è la questione dei costi: la “mutua” prevede e provvede in maniera totale se sei vecchio o nelle apposite liste, con seguito di ticket (partecipazione minimale ma comunque sostanziale alla spessa) se sei ancora classificato tra i soggetti produttivi. Chi ce la fa e può, assolve, gli altri si arrangiano. Sembra crudele, ma è proprio così che vanno le cose. Se non ci credete, fate un irto per strutture sanitarie, chiedete a chi bussa e invoca ascolto, visitate le periferie più squallide, entrate negli ambulatori di paese, chiedete ai medici di base… Se lo farete, vi renderete conto di quel che sta intorno, di chi non va in ospedale o in farmacia, insomma che non si cura perché non può permettersi di pagare il ticket…

Certo, ci sono le buone e provvidenziali eccezioni. Però, perché? Vale a dire, se di fronte alla malattia siamo uguali, perché devono sussistere le eccezioni? E poi: perché uno scandalo così evidente deve essere messo in circolo da un Papa e non da un qualsiasi politico-medico-cittadino-sindaco che dir si voglia?

Il grido del papa contro le eccezioni e le diversità che accompagnano la sanità s’è levato ieri di fronte ai rappresentanti dell’Associazione religiosa istituti socio-sanitari e associazioni ricevuti in udienza. Riconoscenti, ma anche severe, severissime, sono state le parole usate da Francesco. “Nel settore della sanità – ha detto il papa – la cultura dello scarto può mostrare più che altrove, a volte in modo evidente, le sue dolorose conseguenze. Quando infatti la persona malata non è messa al centro e considerata nella sua dignità, si ingenerano atteggiamenti che possono portare addirittura a speculare sulle disgrazie altrui. Chiediamoci in particolare: qual è il compito delle Istituzioni sanitarie di ispirazione cristiana in un contesto, come quello italiano, dov’è presente un servizio sanitario nazionale per sua vocazione universalistico, e dunque chiamato a provvedere alla cura di tutti? Per rispondere a questa domanda, è necessario recuperare il carisma fondante della sanità cattolica per applicarlo in questa nuova situazione storica, consapevoli anche che oggi, per vari motivi, è sempre più difficile mantenere le strutture esistenti. Occorre intraprendere cammini di discernimento e fare scelte coraggiose, ricordandoci che la nostra vocazione è quella di stare sulla frontiera del bisogno; la vocazione nostra è quella: sulla frontiera del bisogno. Come Chiesa, siamo chiamati a rispondere soprattutto alla domanda di salute dei più poveri, degli esclusi e di quanti, per ragioni di carattere economico o culturale, vedono disattesi i loro bisogni. Questi sono i più importanti per noi, quelli che sono al primo posto della coda: questi”.

E ancora: “Il ritorno della “povertà di salute” sta assumendo in Italia proporzioni importanti, soprattutto nelle Regioni segnate da situazioni socio-economiche più difficili. Ci sono persone che per scarsità di mezzi non riescono a curarsi, per le quali anche il pagamento di un ticket è un problema; e ci sono persone che hanno difficoltà di accesso ai servizi sanitari a causa di lunghissime liste d’attesa, anche per visite urgenti e necessarie! Il bisogno di cure intermedie poi è sempre più elevato, vista la crescente tendenza degli ospedali a dimettere i malati in tempi brevi, privilegiando la cura delle fasi più acute della malattia rispetto a quella delle patologie croniche: di conseguenza queste, soprattutto per gli anziani, stanno diventando un problema serio anche dal punto di vista economico, con il rischio di favorire percorsi poco rispettosi della dignità stessa delle persone. Un anziano deve prendere le medicine, e se per risparmiare o per questo o quel motivo non gli danno queste medicine, è un’eutanasia nascosta e progressiva… Ogni persona ha diritto alle medicine… La sanità di ispirazione cristiana ha il dovere di difendere il diritto alla cura soprattutto delle fasce più deboli della società, privilegiando i luoghi dove le persone sono più sofferenti e meno curate, anche se questo può richiedere la riconversione di servizi esistenti verso nuove realtà. Ogni persona malata è per definizione fragile, povera, bisognosa di aiuto, e a volte chi è ricco si trova più solo e abbandonato di chi è povero. Però è evidente che oggi ci sono opportunità diverse di accesso alle cure per coloro che hanno disponibilità economiche rispetto alle persone più indigenti. E allora, pensando a tante congregazioni, nate in diverse epoche storiche con carismi coraggiosi, chiediamoci: cosa farebbero questi Fondatori e Fondatrici oggi?”.

E di nuovo: “Gli ospedali religiosi hanno soprattutto la missione di prendersi cura di coloro che sono scartati dall’economia sanitaria e da una certa cultura contemporanea. Questa è stata la profezia di tante istituzioni sanitarie di ispirazione cristiana, a iniziare dalla nascita degli ospedali stessi, creati proprio per curare quelli che nessuno voleva toccare. Sia questa anche oggi la vostra testimonianza, sostenuta da una gestione competente e limpida, capace di coniugare ricerca, innovazione, dedizione agli ultimi e visione d’insieme. La realtà è complessa e potrete affrontarla in modo adeguato solo se le istituzioni sanitarie di ispirazione religiosa avranno il coraggio di mettersi insieme e fare rete, rifuggendo ogni spirito concorrenziale, unendo competenze e risorse e magari costituendo nuovi soggetti giuridici, attraverso i quali aiutare soprattutto le realtà più piccole. Non temete di percorrere strade nuove — rischiate, rischiate —, in modo da evitare che i nostri ospedali, solo per ragioni economiche, vengano alienati vanificando così un patrimonio a lungo custodito e impreziosito da tanti sacrifici”.

Di fronte alla malattia siamo tutti uguali. O no? O qualcuno è più uguale di altri?

LUCIANO COSTA

Altri articoli
Attualità

Potrebbero interessarti anche