Mi stupì, tanti anni fa, scoprire che l’uomo appena conosciuto a Odessa (allora ancora sotto lo stivale sovietico) e subito considerato amico, nonostante vivesse col poco-pochissimo che lo Stato gli concedeva, era un fruitore-lettore eccezionale di libri (classici ammessi dalla severa censura comunista e poi tutto quel che clandestinamente proveniva da Italia, Francia, Germania, Inghilterra e altri liberi Paesi), pochi acquistati nel sottobosco del regime, tanti recuperati dal macero, parecchi mutuati dai turisti di passaggio. Al suo confronto, almeno allora, ero un perfetto analfabeta. Ero cioè un lettore di libri, ma non l’accanito lettore disposto a tutto per non restare indietro di un passo dalla conoscenza e dal piacere di scoprire tra le pagine pensieri pensati e mondi nuovi. Quell’amico occasionale, dopo aver guidato me e il gruppo alla scoperta della città senza i paraocchi imposti dal regime comunista, non chiese ricompense ma solo una camicia e un libro. Quando gli consegnai la camicia e non uno ma tre libri in cui erano stati infilati alcuni dollari, non trattenne le lacrime. Gli promisi che avrei mandato altri libri. Mantenni la promessa finché un suo scritto mi informò che il suo nuovo indirizzo era quello dell’ospedale in cui era stato ricoverato senza altra prospettiva se non quella di un lento ma inesorabile declino.
Ho ripensato all’uomo incontrato a Odessa e poi diventato amico lontano ma prezioso, quando la sua Ucraina, nazione libera, è diventata terreno della guerra di conquista scatenata dalla Russia e ancora stamattina all’alba, quando ho salutato con piacere il rinnovarsi della “Giornata mondiale del libro”, di qualsiasi libro, che lui di sicuro avrebbe onorato e amato. Allora, con sottile soddisfazione, ho guardato ai miei libri disordinatamente sparpagliati tra scaffali e contenitori vari. “Sei fortunato – mi sono detto -, hai molto sapere e variegati modi di esprimere pensieri a tua completa disposizione”. Vero. Però, resto tale e quale a quel tale che nonostante il tanto saputo ammetteva di essere comunque certo di nulla sapere.
Quindi, dentro questa Giornata mondiale del libro che si celebra in questo travagliato 23 aprile, mi sento ospite curioso e interessato: curioso di quanto accade dentro e fuori il mondo dei libri; interessato per ciò che di buono e di nuovo la diffusione dei libri potrebbe generare. Uno sconosciuto cantore di libri ha sublimato ieri la bella idea di trasformare il mondo in una biblioteca all’aperto, consultabile liberamente, fatta a scaffale, dove gli scaffali non sono ancorati a vecchie mura, ma panchine dei parchi, mezzi pubblici, androni di palazzi vetusti, portinerie fiammanti di grattacieli o anche vecchie cabine telefoniche andate in rovina. Questa idea si chiama Bookcrossing (tradotto significa: libri di passaggio, passalibri, giralibri, liberilibri, libri liberi, libri in libertà…) e prevede la condivisione gratuita di libri usati tra chiunque lo voglia fare. Basta lasciare in giro per la città – in genere in piccoli contenitori appositamente creati – un libro che si è letto, per donarlo a chi lo vorrà prendere dopo di noi. E il gioco è fatto. Se interessa il sistema è nato nel 2001 negli Stati Uniti d’America e oggi, diventato maggiorenne, conta l’adesione di 132 Paesi, tra questi, ovviamente e meno male c’è anche l’Italia.
Tanto interesse nasce probabilmente da una profonda necessità di cui abbiamo sempre più bisogno soprattutto negli ultimi tempi: condividere con gli altri una parte di noi. La missione dichiarata dall’organizzazione americana (trovate sue notizie in bookcrossing.com) è semplice e naturalmente disarmante: unire le persone attraverso i libri. E magari contribuire anche a rilanciare la lettura, credendo nella sua fondamentale funzione di accrescimento personale. E poi, ancora, abbracciare l’idea che nessun libro debba essere sprecato e buttato ma che si possa trovare per lui una nuova casa pronta ad accoglierlo.
L’idea che con il Bookcrossing i libri vengano liberati – così si dice in gergo – è molto suggestiva. Non che fossero imprigionati, si intende. Ma l’idea è proprio quella di permettere loro di circolare liberamente nel mondo così da dare ad altri il piacere derivante dalla loro lettura. “Se vogliamo provare anche noi – ha scritto un esperto -, possiamo seguire diverse modalità: aderire a una delle iniziative collettive organizzate dalla Community; cercare una delle zone ufficiali di scambio, registrate sul sito, in cui rilasciare i volumi, in qualsiasi momento, per farli trovare da altri appassionati; rilasciare libri in libertà’ abbandonando i testi in un luogo pubblico, sul treno, sulle panchine, sui mezzi di trasporto, dopo aver terminato la loro lettura”.
L’Italia non gode buona fama in fatto di lettura e lettori. Infatti non figura tra i dieci paesi al mondo più attivi in questa attività sebbene negli ultimi tempi sia diventata moda far trovare in giro per le città – piccole o grandi che siano – spazi adibiti a tale funzione e disseminati spontaneamente in vari angolini dei nostri quartieri. Uno di questi angoli, costruito a ridosso di un grande gelso messo lì da chissà quanto tempo a presidiare l’incrocio che porta alla cascina, lo noto quasi tutti i giorni e ogni volta apprezzo chi lo rifornisce di libri da prendere liberamente, da leggere e poi da rimettere, se possibile, al suo posto. E’ una vera e propria mini libreria, che in questo caso sfrutta un gelso generoso ma che in altri si colloca liberamente dentro il tronco di un qualsiasi albero.
La Giornata mondiale del libro sollecita letture attente e lettori consapevoli. Poi, “se è vero – come dicono i fondatori di Bookcrossing – che i bookcrosser sono le persone più generose, innovative, amichevoli, di buon cuore, bizzarre, divertenti ed educate sulla faccia della terra”, noi italiani dovremmo essere al primo posto. Se siamo appassionati lettori quindi, proviamoci anche noi. In fondo basta essere creativi, prendendo e donando libri…
LUCIANO COSTA