Cinquantasette giorni fa nessuno immaginava gli scenari di guerra che hanno trasformato l’Europa innanzitutto e poi il mondo intero in un contenitore di paure e di incertezze. Oggi, mentre nell’Ucraina offesa occupata e progressivamente demolita da bombe, missili, carri armati e battaglioni armati il cui compito è sottomettere e seminare lutti chi è rimasto difende libertà e democrazia faticosamente conquistate mettendo in gioco la propria vita, in Russia, la nazione che proditoriamente ha invaso la piccola nazione confinante, davanti a ospiti non occasionali e a bambini invitati per apprendere la sua lezione, l’autoproclamatosi zar Vladimir Putin ha proclamato la sua potenza mostrando al mondo il potentissimo missile pensato e costruito per incutere paura a chiunque non gli sia amico. Di questo missile potentissimo, denominato Sarmat, Putin ha detto che “ha le qualità tattiche e tecniche più elevate ed è in grado di eludere qualsiasi sistema di difesa antimissile. E farà riflettere coloro che ci minacciano”.
Ma non c’è solo il missile Sarmat. Gli esperti fanno notare che ormai la Russia si descrive come opposta alla Nato in quanto tale. Per cui l’incrociatore “Moskva” non è stato affondato dall’esercito ucraino ma dai missili dell’Alleanza atlantica. Un modo per salvare la faccia di fronte ai rovesci bellici che, se inflitti da un Paese che “non esiste”, che è “corrotto e da bonificare”, risulterebbero inaccettabili e poco giustificati agli occhi dell’opinione pubblica russa. La quale “sa quel che lo zar decide di farle sapere, niente altro che la sua (assai dubbia) verità”. Però, sostengono gli esperti, quel che preoccupa il Cremlino è adesso un altro. Ed è precisamente quello derivante dalla (assai probabile) “conquista” di una nazione che per la gran parte si sta battendo con tutte le sue forze per resistere all’aggressione armata. Infatti, secondo i tecnici analisti della guerra ”se il piano iniziale di un blitz e di un governo amico insediato al posto di Zelensky e i suoi poteva avere qualche plausibilità strategica (al di là dei calcoli errati sulla sua fattibilità), oggi controllare le zone eventualmente occupate in modo permanente diventerà per Mosca una sfida ad altissimo rischio”.
E’ la storia che lo insegna. Infatti, se si pensa alla maggior parte dei conflitti recenti, anche quelli che hanno coinvolto la Russia, emerge che non si tratta di uno scontro tra Stati sovrani, ma tra componenti dello stesso Paese. Qualche esempio? “In Siria: Putin ha puntellato Assad combattendo brutalmente lo Stato islamico e tutti gli elementi di opposizione al regime. In Libia: l’intervento di Putin è stato per cercare di fare evolvere la guerra civile in una specifica direzione. Lo stesso è accaduto con i mercenari e le truppe speciali inviate in Africa, dove prima era prevalente l’influenza di Parigi”. Ragion per cui, in qualche modo, l’invasione russa somiglia più a quella dell’Iraq in Kuwait nel 1990 che a qualsiasi altro focolaio bellico contemporaneo, dall’Etiopia al Libano. “Ma – sempre secondo gli esperti – non sono le analogie, più o meno strette, che contano. Il Cremlino dovrà misurarsi, ammesso che riesca a realizzare i suoi piani più ottimistici, con il risentimento profondo di gran parte della popolazione, che sta assistendo a massacri e distruzioni sistematici e immotivati”.
Leggo alcune corrispondenze e scopro che “oggi, tra i 44 milioni di ucraini rimasti, non vi è una frazione filo-russa sufficiente a garantire un nuovo assetto del Paese intero”. E’ anche assai probabile che tale maggioranza “non esista nemmeno nel Donbass, inteso come l’intera parte Est della nazione, al di là delle province di Donetsk e Lugansk, già sotto l’amministrazione ombra di Mosca”.
Mosca vuole la completa smilitarizzazione dell’Ucraina insieme alla sua assoluta neutralità e alla certezza che mai entrerà a far parte né dell’Unione Europea, né della Nato. Ma è qualcosa che adesso appare davvero difficile da ottenere. Con il massiccio afflusso di armamenti occidentali, la guerra è infatti destinata a prolungarsi “e lo scenario minimo, per Mosca, sembra essere diventato implicitamente una ridotta conquista territoriale con un inevitabile scambio di residenti: i filorussi che vogliono stare con la Russia potranno andare nelle province allargate di Donetsk e Lugansk e coloro che non vorranno restare potranno migrare nell’Ucraina liberata”.
E’ uno scenario ancora lontano e che tuttavia si affaccia tra quelli, tutti negativi, che questa guerra sta prospettando.
Luciano Costa