Semestre bianco: utile o inutile?

Con un voto sofferto, chiara dimostrazione della fermezza messa in campo dalla “ministra” Cartabia, la riforma della Giustizia diventa reale. Difficile dire se da oggi smetterà la tiritera delle lungaggini e delle lentezze fino a ieri (si spera) tipiche dei tribunali, però lo spiraglio aperto è di quelli che converrà osservare e praticare. Il voto finale giunge nel giorno stesso in cui incomincia il semestre bianco, cioè quel tempo in cui il Presidente della Repubblica, diventa la statua di se stesso, costretto a limitare il suo impegno agli affari di normale amministrazione. La norma, di difficile comprensione se letta adesso ma fondamentale quando i saggi chiamati a scrivere la Costituzione (una delle migliori al mondo, conviene ricordarlo) si trovarono di fronte all’obbligo di porre regole che impedissero eventuali e magari anche “strane manovre” inventate dai partiti, avrebbe bisogno di essere revisionata. Se, come e quando si vedrà. Intanto, da oggi, il Quirinale sarà costretto a prendere atto e a sovrintendere senza intervenire. Salvo necessità urgenti e gravi, ovviamente.

Sergio Mattarella, ha giurato come Presidente il 3 febbraio 2015 e quindi oggi, 3 agosto, inizia il semestre bianco, espressione con cui si è soliti indicare quel periodo – gli ultimi sei mesi del mandato – in cui secondo l’art. 88 della Costituzione il Capo dello Stato non può esercitare la facoltà di sciogliere le Camere. Poi, trenta giorni prima della scadenza del settennato – quindi il 4 gennaio 2022 – il Presidente della Camera convocherà, in seduta comune, i membri del Parlamento e i delegati regionali per procedere alla nuova elezione del Presidente della Repubblica. Questi appuntamenti sono ben presenti alle forze politiche e da tempo influenzano – più o meno indirettamente – tattiche e strategie.

Il semestre bianco, da quando la democrazia ha trovato casa, viene spesso considerato come un periodo in cui i partiti ritengono di potersi muovere con più spregiudicatezza perché non esposti al rischio di elezioni anticipate in caso di crisi di governo. Certo, nei prossimi sei mesi il ricorso alle urne sarebbe stato comunque reso improponibile dalla concreta situazione del Paese. Quindi l’inizio del fatidico semestre dovrebbe avere al massimo un effetto psicologico di cui si registra già qualche traccia nelle cronache politiche. Staremo a vedere.

Resta tuttavia la questione di fondo di una regola costituzionale debitrice di un contesto storico ben preciso – quando il Paese era appena uscito dalla dittatura – e che è stata molto presto messa in discussione ai più alti livelli. Nel messaggio presidenziale alle Camere del 16 settembre 1963 (il primo ex-art. 87 della Carta), Antonio Segni proponeva infatti di introdurre il principio della “non immediata rieleggibilità” del Presidente (sette anni sono sufficienti “a garantire una continuità nell’azione dello Stato”, diceva) e di abrogare il semestre bianco, una volta eliminato “qualunque, sia pure ingiusto sospetto che qualche atto del Capo dello Stato sia compiuto al fine di favorirne la rielezione”. Perché questa era la ratio della regola. Renzo Laconi, influente membro comunista della Costituente e autore dell’emendamento all’origine del semestre bianco, allora affermò addirittura che senza questo correttivo il Presidente della Repubblica avrebbe avuto “la possibilità di fare un piccolo colpo di stato legale, e cioè potrebbe sciogliere le Camere per avere prorogati i poteri e avvalersi di questo potere prorogato per influenzare le nuove elezioni”.

Nel messaggio del 1963 Segni si soffermava invece sulle controindicazioni del semestre bianco che “altera il difficile e delicato equilibrio tra poteri dello Stato e può far scattare la sospensione del potere di scioglimento delle Camere in un momento politico tale da determinare gravi effetti”. Che il sistema presenti quantomeno degli aspetti problematici lo dimostra tra l’altro il fatto che nel 1991 fu necessario intervenire sull’art. 88 della Costituzione per sbrogliare l’ingorgo istituzionale che si era creato, stabilendo che la sospensione del potere di scioglimento non ha luogo se coincide in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.

E l’attuale Presidente della Repubblica che cosa pensa sull’argomento? Al momento fa testo la dichiarazione diffusa a febbraio per i 130 anni della nascita del suo predecessore Antonio i Segni, in cui Sergio Mattarella inserì una lunga e in tutta evidenza non rituale citazione del messaggio del suo predecessore. Fa anche testo la volontà dell’attuale Presidente di chiudere il mandato sottraendosi a qualunque invito a restare. Visti i tempi e gli impegni che l’Italia deve onorare, la speranza di tanti, tantissimi italiani è che Sergio Mattarella resti dov’è, garante di serietà e di continuità di una linea che per il bene del Paese deve durare fino alla scadenza naturale della legislatura.

L. C.

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