PREVALGONO LE SIGLE, certo comprensive della sostanza, ma spesso di difficile comprensione, traduzione, applicazione al gergo popolare. Per esempio, quella sigla – “MES” – che in Italia inquieta il Governo e chi lo sostiene, cosa vuol dire o, semplicemente, manda a dire? Semplice: si tratta del “meccanismo europeo di stabilità”, un sistema di credito riservato alle nazioni, che possono usufruirne se e come servisse per affrontare problemi urgenti o crisi improvvise. In più, non contiene obbligatorietà, il che significa che può essere usato o non usato. Però, dicono le norme scritte dall’Europa Unita, deve essere approvato da tutti, altrimenti rimarrebbe sulla carta, buono ma in utilizzabile. E proprio sul “Mes” sono anche oggi puntate le attenzioni europee. Ieri intanto, il presidente dell’Eurogruppo Pascal Donohoe, parlando al Parlamento Europeo proprio mentre stava per iniziare il vertice dei capi di governo, ha nuovamente pressato il governo italiano sulla questione e la conseguente attesa ratifica (accettazione) del trattato. “Rispetto assolutamente e posso capire il punto di vista del governo italiano se dice che non vuole accedere al Meccanismo europeo di stabilità – ha spiegato il deputato presidente dell’eurogruppo -, ma la ratifica consentirà il potere rappresentato dal meccanismo sia messo a disposizione di altri Paesi, che potrebbero invece decidere di volersene avvalere nel futuro”. Sul disaccordo espresso dalla Meloni, esplicitato l’altro ieri davanti ai due rami del Parlamento, restano comunque le perplessità dell’Europa. “Il tema secondo il presidente dell’Eurogruppo – ha una grande visibilità nella politica italiana e capisco che sia una questione spinosa”. Rispetto al motivo per cui è importante la ratifica di quel Trattato, secondo l’eurodeputato basta dire che “offre una maggiore rete di sicurezza anche alla nostra valuta comune, soprattutto in caso di eventuali future difficoltà, e questo non può che essere a vantaggio di tutti”.
Arrivando ieri al vertice europeo, la premier italiana non ha però parlato del “Mes”. Ha invece rivendicato il “cambio di prospettiva” sui migranti operato dalle istituzioni europee. E ha ribadito anche la linea contro il rialzo dei tassi della Bce, che influisce sui mutui. Tutto questo mentre in Italia la maggioranza che sostiene il Governo vuole spostare il voto sul trattato in autunno.
ULULATI POLITICAMENTE SCORRETTI – Il primo a sollevare la questione è stato Davide Faraone di Italia viva: «Non è tollerabile che tutte le volte che interviene il collega Soumahoro ci siano ululati e cori che allo stadio vengono giudicati messaggi razzisti». Mercoledì scorso Aboubakar Soumahoro, oggi al gruppo misto dopo essere stato eletto con Alleanza Verdi e Sinistra, aveva preso la parola a Montecitorio e dai banchi della maggioranza si erano sollevate proteste rumorose. La denuncia è stata condivisa da altri deputati di opposizione: Angelo Bonelli dei Verdi ha parlato di un «comportamento sistematico e inammissibile», mentre Roberto Giachetti (Iv) ha chiesto alla Presidenza della Camera di utilizzare «i filmati interni che abbiamo, affinché si verifichi quanto accaduto e siano sanzionati i responsabili».
Dalla maggioranza hanno invece provato a ridimensionare. Per Deborah Bergamini (Fi) «non c’è stato razzismo, ma solo una contestazione». Il leghista Edoardo Ziello dice che è Soumahoro a «istigare reazioni», perché «ogni volta si rivolge con le dita e le braccia verso la maggioranza anziché, come da regolamento, verso la Presidenza».
La trascrizione stenografica della seduta di mercoledì ha però sollevato la protesta dello stesso Soumahoro. Nel testo infatti si parla di semplici «commenti»: un resoconto troppo «generico rispetto alla gravità di ciò che è successo», secondo il deputato, che parla di «deriva razzista» e ha chiesto al presidente della Camera Lorenzo Fontana la correzione del resoconto con una descrizione dettagliata delle «scomposte reazioni dei colleghi di Lega e Fdi».
«L’ho chiesto non per me – ha spiegato – ma per i nostri figli, per le generazioni che verranno, consapevole che denunciare episodi di deriva razzista e di intolleranza sia il primo e necessario passo per combatterli». Poi ha aggiunto: «Quello che è accaduto alla Camera, e cioè gli ululati provenienti dai banchi della maggioranza e indirizzati alla mia persona, è cosa grave e vergognosa. Io l’ho denunciato subito, sostenuto dai colleghi dell’opposizione che ringrazio».
«Per rispetto delle madri e dei padri Costituenti, che vollero questo Paese libero, tollerante e democratico, non possiamo consentire che l’Aula della Camera, il luogo più alto in cui si celebra la democrazia sia teatro di atteggiamenti scomposti e irrispettosi come questi», ha concluso il parlamentare.
TRAGEDIA NASCOSTA O DIMENTICATA? – Il 26 febbraio sulle spiagge di Cutro un centinaio di profughi affogavano nell’attesa di un soccorso troppo a lungo rimandato. Quella notte un’altra strage di migranti è avvenuta sulla rotta Libia-Italia, senza che le autorità lo abbiano mai rivelato: almeno 67 morti di varia nazionalità, in maggioranza pachistani.
Nel silenzio di Libia, Malta, Italia e Ue, la conferma è arrivata da Islamabad, dove l’Agenzia Federale di Investigazione (Aif) del Pakistan ha scoperto una rete di contrabbando di esseri umani composta da almeno una dozzina di membri. Il capobanda è stato arrestato e le sue tracce portano dritto in Italia attraverso la Libia. Il boss era Saeed Sunyara, che gestiva la rete di trafficanti con l’aiuto dei suoi due figli: uno di questi già segnalato nel nostro Paese, l’altro in Cirenaica. Con loro almeno altre 10 persone gestivano la filiera del contrabbando di esseri umani.
Fonti in Pakistan hanno confermato l’operazione internazionale, con l’ausilio dell’intelligence italiana e di altri Paesi. Il clan è stato individuato dopo che il 26 febbraio 67 migranti hanno perso la vita al largo delle coste libiche. Alcuni familiari delle vittime, spiega il quotidiano pachistano “The Express Tribune”, quando hanno appreso della tragedia si sono rivolti alla polizia pachistana, che ha fatto scattare l’inchiesta. La tragedia sarebbe avvenuta al largo di Bengasi, in Cirenaica. Alcuni dei corpi sono stati recuperati nei giorni successivi e i superstiti tutti riportati in un campo di prigionia sotto il controllo degli uomini del generale Haftar.
Gli investigatori di Islamabad hanno inizialmente raccolto 15 denunce depositate dai parenti delle vittime. A quel punto quattro team investigativi hanno raggiunto i villaggi nel distretto di Gujrat, nella regione del Punjab dove hanno rintracciato altri congiunti dei migranti. Secondo le testimonianze raccolte, il viaggio era cominciato quattro mesi prima. Attraverso varie tappe il gruppo aveva raggiunto l’Egitto e attraversato il poroso confine con la Libia, dove sono stati condotti in alcuni centri clandestini in Cirenaica. Nella regione costiera della Libia gli uomini di Haftar utilizzano le partenze dei migranti per fare pressione sui governi europei e regolare partite internazionali e faide interne.
Alcuni media pachistani riportano i commenti dell’Agenzia federale di investigazioni che ha confermato di avere chiesto e ottenuto assistenza dalle autorità italiane, mentre è in corso la procedura per l’emissione dei “red notice”, gli avvisi dell’Interpol in campo internazionale per altri sospettati. L’indagine riguarda anche un procedimento per riciclaggio di denaro per il quale è stato disposto il congelamento dei conti dei principali indagati.
(A cura di LUCIANO COSTA)