Quel che accadrà in Spagna dopo le elezioni, che pur non consegnando alle destre il Paese ha comunque messo in evidenza la forza dei conservatori più accaniti, riguarda l’intera Europa. Secondo Der Spiegel, quotidiano tedesco, “il voto suona come monito forte al vecchio continente e il corteggiamento messo in atto dai popolari di vari Paesi nei confronti dell’estrema destra è pericoloso per la democrazia liberale”. In Italia i commenti alle elezioni spagnole sono stati vari e variabili: euforici quelli della sinistra, moderati quelli dei centristi equidistanti, incupiti quelli delle destre che sostengono il Governo. Per la sinistra il voto spagnolo dimostra l’inaffidabilità dei populisti, per i centristi rappresenta la tendenza che caratterizza il momento politico, per le destre la fine del sogno di essere prime in Europa…
Steven Forti, italiano e docente di storia contemporanea all’Università Autonoma di Barcellona nonché uno dei più acuti analisti sul fenomeno Vox, a proposito del “mancato trionfo” delle destre, non parla però di sconfitta o crollo “ma di un processo non previsto dai sondaggi: quando tutti davano per scontata la vittoria della compagine di destra formata da Pp e Vox – spiega il docente -, qualcosa ha scombussolato il quadro. Innanzitutto, l’eventualità di avere l’estrema destra all’interno del governo ha ri-mobilitato l’elettorato progressista che, invece, era rimasto maggiormente in disparte durante le regionali e municipali. In particolare c’è stata una presa di posizione forte da parte delle donne di fronte al rischio di vedere modificate alcune leggi sulla violenza di genere. Poi, quel tutti contro Sanchez e il sanchismo (contro Sanchez, capo dei socialisti al potere, per essere contro tutti i cosiddetti nemici della Spagna, vale a dire socialismo, comunismo, indipendentismo, globalismo, femminismo) non ha pagato. Insomma, le destre hanno venduto l’idea che il governo del Psoe fosse sostenuto dai «terroristi», soprattutto dei gruppi baschi filo-Eta, cosa che ovviamente non era vera. E la destra coalizzata si è talmente concentrata su questo da dimenticare di presentare la propria idea di Paese”.
Secondo il professore “i risultati del voto in Spagna rappresentano un battuta di arresto per il progetto di costruire una maggioranza in Ue centrata sull’asse popolari-conservatori, con l’eventuale contributo dei liberali”. Una strategia, questa, portata avanti da una parte dei popolari europei, che vorrebbe spostare il Ppe verso destra, rompendo l’equilibrio della “grande coalizione” con i socialisti. La “conquista di Madrid da parte di Vox e Pp – secondo Steven Forti – avrebbe confermato l’idea di un vento ultrà ormai inarrestabile, ribadendo un fenomeno iniziato con l’Italia, proseguito con Grecia e Finlandia e previsto anche per i prossimi appuntamenti elettorali di Polonia e Slovacchia. Non è accaduto, segno che il contesto attuale è più complesso delle narrative sempliciste…”.
Certo, tutto resta ancora n el vago. Infatti, non è detto che i socialisti riescano a formare una maggioranza. Tutto è legato agli umori dei rappresentanti della Catalogna. E un ritorno alle urne potrebbe rimettere tutto in discussione. Soprattutto perché anche in Spagna, l’instabilità politica è un dato ormai costante, che “risale al 2015 quando – ha spiegato il professore – lo spettro partitico che aveva caratterizzato il post-franchismo si è frammentato e sono comparse nuove formazioni come Podemos, Ciudadanos e Vox. Da allora ci sono state cinque consultazioni, inclusa questa. L’attuale elezione mostra, comunque, un elemento interessante: i partiti storici hanno recuperato consensi. Nel 2019 avevano meno del 50 per cento, ora sfiorano il 64 per cento”.
Stando così le cose, adesso il rischio è dunque rappresentato da una nuova consultazione? È presto per dirlo, anche se non si può escludere. Saranno determinanti le settimane fino al 17 agosto quando ci sarà l’inizio ufficiale della legislatura. Solo allora la Spagna conoscerà il suo destino. E l’Europa se e come potrà costruire il suo futuro.
(A cura di LUCIANO COSTA)