Le lacrime rigano il loro volto mentre stanno in silenzio. Piangono senza proferire parola, i superstiti del naufragio avvenuto domenica all’alba davanti alla costa ionica calabrese. Finora, i corpi recuperati dal mare sono oltre sessanta e 80 sono i sopravvissuti alla tragedia, altre decine di persone mancano ancora all’appello. Anche ieri sono proseguite le ricerche e, quando ad alcuni superstiti è stato chiesto di identificare le salme si sono accavallate scene strazianti. E di nuovo è riapparsa la domenica di lutto e di vergogna., con tante persone arrivate sulla spiaggia per aiutare, con intorno un deserto di disperazione, con rottami di una barca andata in frantumi, corpi allineai sotto lenzuola bianche, grida disperate, lacrime e commozione, ambulanze dirette agli ospedali, medici in allarme, parole piene di angoscia, persone sconosciute che chiedevano soltanto briciole di accoglienza. “Fra loro – spiegava un cronista – c’è una donna col naso fratturato, che continua a pronunciare il nome del figlio, che non ha più ha trovato accanto a sé nei tragici momenti in cui l’imbarcazione – un vecchio e marcio “caicco” di legno, proveniente dalla Turchia – si è frantumata, quasi implodendo, di fronte alla furia delle onde e alle punte aguzze degli scogli”. Nella conta dei morti, dei feriti e dei salvati ci sono anche bambini, forse una ventina, compresi due gemellini e un neonato… “Quando siamo arrivati sul punto del naufragio –ha detto Laura a chi la interrogava – abbiamo visto cadaveri che galleggiavano ovunque, E abbiamo soccorso due uomini che tenevano in alto un bimbo. Purtroppo il piccolo era morto. Aveva 7 anni…”. Il dramma s’è verificato quando alla riva mancavano soltanto 150 metri, quando l’imbarcazione che li trasportava ha urtato uno scoglio. “Ho visto la carne di Gesù Cristo sulla sabbia – ha detto don Pasquale Squillacioti, parroco di Steccato di Cutro –, era presente anche in loro…”.
Poi, per domenica e lunedì e ancora stamani, immagini, parole, bilanci, commozione, promesse di aiuto, invocazioni di politiche capaci di affrontare il dramma della migrazione. Sopra il dramma l’eterna domanda: si poteva evitare questa nuova tragedia?Forse… Magari se una nave fosse stata in zona… se il maltempo non si fosse accanito… se all’avvistamento della barca in balia delle onde fosse seguita una mobilitazione miracolosa…
Il barcone, un “caicco” di legno, era partito giovedì da Izmir, in Turchia. Era stato avvistato per la prima volta sabato sera da un aereo in pattugliamento, a 40 miglia marine dalle coste calabresi. I soccorritori erano usciti in mare, con una motovedetta e un pattugliatore della guardia di Finanza, ma il mare agitato non ha consentito di raggiungere il barcone e alla fine i mezzi sono rientrati… Poi, quando l’alba annunciava il giorno, l’imbarcazione è stata spezzata in due dalle onde, scaraventando in mare le centinaia di migranti a bordo. Erano duecento, forse duecentocinquanta, provenivano da Iraq, Afghanistan, Pakistan, Somalia, Siria, ognuno di loro portava con sé un carico di disperazione e di speranze…
“Questa ennesima terribile tragedia è un appello alla nostra coscienza, soprattutto a non abituarci a queste tragedie, perché purtroppo il reiterarsi di questi episodi rischia di farli diventare, terribilmente, un’abitudine di fronte alla quale non riusciamo a reagire con le nostre coscienze”, ha detto monsignor Angelo Raffaele Panzetta, l’arcivescovo di Crotone-Santa Severina. “Queste tragedie – ha aggiunto – devono essere un ennesimo richiamo, un monito, affinché le sofferenze di chi si trova a dover lasciare la propria terra, a dover partire siano prese sul serio da tutti coloro che hanno responsabilità da questo punto di vista, e che sia per tutti noi un appello anche alla partecipazione, per il compito che ognuno ha nella società”.
“Cosa ha fatto l’Unione europea in tutti questi anni? Dov’è l’Europa che dovrebbe garantire sicurezza e legalità? Che fine ha fatto il dialogo con i Paesi d’origine dei migranti?”, si è chiesto il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto. “Ma sono domande che, purtroppo, a oggi non hanno alcuna risposta. E chi sta nei territori, a stretto contatto con la realtà di tutti i giorni, è costretto a gestire le emergenze e a piangere i morti”. Poi, nell’esprimere un profondo “dolore” per il naufragio, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sollecitato “un forte impegno della comunità internazionale per rimuovere le cause alla base dei flussi di migranti; guerre, persecuzioni, terrorismo, povertà, territori resi inospitali dal cambiamento climatico… E’ indispensabile che l’Ue assuma finalmente in concreto la responsabilità di governare il fenomeno migratorio per sottrarlo ai trafficanti di esseri umani, impegnandosi direttamente nelle politiche migratorie”.
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, oltre il dolore ha messo in vista la necessità di “raddoppiare gli sforzi per sottoscrivere il Patto sulla migrazione e l’asilo e per dare forma concreta al Piano d’azione sul Mediterraneo centrale”. La presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, alle parole della Commissaria ha aggiunto l’impegno affinché “gli Stati membri trovino una soluzione. L’Ue ha bisogno di regole comuni e aggiornate che ci permettano di affrontare le sfide della migrazione, la nuova tragedia non può lasciare nessuno indifferente… Esistono piani per aggiornare e riformare le norme europee in materia di asilo e migrazione… Gli Stati membri non dovrebbero lasciarli lì inutilizzati”.
Seguono le parole di cordoglio, le promesse di impegni nuovi e capaci di impedire che altri morti si aggiungano ai tanti già contati, le invocazioni di collaborazioni da parte di tutti. Il governo italiano, ha detto Giorgia Meloni, la presidente del Consiglio “è impegnato a impedire le partenze, e con esse il consumarsi di queste tragedie, e continuerà a farlo, anzitutto esigendo il massimo della collaborazione agli stati di partenza e di provenienza…”. Insomma, basta immigrazione senza regole. Ma come si fa? Innanzitutto nessuno deve restare fermo davanti alla tragedia., poi si deve promuovere un’operazione ampia e strutturata di ricerca e soccorso in mare perché “lasciar morire qualcuno in mare, colpevole soltanto di essere migrante in cerca di un posto dove dimenticare la disperazione e ricominciare a vivere,è inaccettabile”. Purtroppo, “le politiche di chiusura ed esternalizzazione delle frontiere europee degli ultimi anni hanno ampiamente dimostrato di essere fallimentari, inutili e di favorire il traffico e la tratta di esseri umani. Le migrazioni non si possono fermare ma si devono gestire. In questo il diritto internazionale e la nostra Costituzione indicano l’unica strada percorribile: accoglienza, protezione e tutela dei diritti umani per ogni essere umano”.
Su tutto le parole del cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana. “Questa ennesima tragedia – ha detto – ricorda che la questione dei migranti e dei rifugiati va affrontata con responsabilità e umanità. Non possiamo ripetere parole che abbiamo sprecato in eventi tragici simili a questo, che hanno reso il Mediterraneo in venti anni un grande cimitero. Occorrono scelte e politiche, nazionali ed europee, con una determinazione nuova e con la consapevolezza che non farle permette il ripetersi di situazioni analoghe. L’orologio della storia– ha aggiunto – non può essere portato indietro e segna l’ora di una presa di coscienza europea e internazionale: che sia una nuova operazione Mare Nostrum o Sophia o Irini (erano questi i nomi dati alle precedenti operazioni/ndr), adesso ciò che conta è che vi sia una risposta strutturale, condivisa e solidale tra le Istituzioni e i Paesi”.
Tutto questo l’altro ieri e ieri. E oggi?
LUCIANO COSTA