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Stravaganze assai poco stravaganti…

LO STRAVAGANTE POPOLO DI LOS ANGELES invita a giocare con un pallone fatto di stracci e carta. Chi vuole può aggregarsi… E sarà una festa grande! Tutto vero. In vista della “Copa América 2024”, dei “Mondiali di calcio 2026” e dei “Giochi olimpici 2028” quello che per tanti è facile considerare lo stravagante Consiglio dei supervisori di quella contea che in fatto di sport è super blasonata (con 88 città, e 10 milioni di abitanti, è la più grande degli Stati Uniti d’America) ha proclamato il prossimo 13 agosto, con un voto all’unanimità, il Pelota de Trapo Day: il giorno del “pallone di stracci”, simbolo concreto dell’autentico spirito sportivo testimoniato e proposto da quel Francesco, Papa stravagante e amato, agli atleti professionisti e amatori. Nel documento approvato dal consiglio della contea di Los Angeles è sottolineata l’importanza che soprattutto i più giovani possano vivere in pienezza l’esperienza sportiva — capace di creare legame di unità tra culture diverse — come opportunità di autentica crescita personale. Qualcuno ha già bollato l’idea del “pelota de trapo day” con l’etichetta di “americanata”. E se invece non fosse un’americanata, ma una proposta seria per riconsiderare il valore dello sport e magari sottrarlo alla logica degli affari?

PER NIENTE STRAVAGANTE è il segno della Croce (per un cristiano farlo è naturale come respirare) che Cristiano Ronaldo (calciatore 38enne, campione portoghese cinque volte Pallone d’oro) ha fatto dopo aver confezionato un gol strepitoso mentre telecamere assetate di scoop lo inquadravano. Quel segno di Croce così spontaneo e semplice, però, poteva costargli carissimo, e non solo per questioni monetarie. Per fortuna di Cristiano Ronaldo, di calciatori come lui ce n’è uno solo… Infatti, egli è “un capriccio calcolato” di cui i ricchi sauditi si sono assicurati le prestazioni sportive – ancora notevoli, anche se a fine carriera -, garantendogli uno stipendio da 200 milioni di dollari a stagione, così fino al prossimo 2025. Quindi, faccia Cristiano quel che crede, ma almeno stia attento a non farsi notare… Le cronache raccontano che Ronaldo, detto anche “CR7”, giocando con la maglia gialla del club di Riad (Arabia Saudita), ha esultato alla sua maniera – corsa verso la bandierina con lo sguardo del dominatore e piroetta con atterraggio da superman e muscoli in vista – per il milionesimo gol segnato. Solo che per una volta – e chissà quante altre che nella sua sterminata carriera europea ci sono passate inosservate – gli è venuto spontaneo il gesto che la mamma gli aveva insegnato da bambino: un segno della Croce, fulmineo ma leggibilissimo. In uno stadio europeo è un modo persino banale che si usa per sottolineare anche solo l’ingresso o l’uscita dal campo; nel campionato di uno dei Paesi religiosamente più integralisti del mondo suona come uno schiaffo in faccia al potere politico e religioso islamico che non tollera pubbliche manifestazioni di fedi altrui, figuriamoci il segno per eccellenza che contraddistingue i seguaci di Cristo. Fosse stato un normalissimo abitante del pianeta, quel segno di Croce gli sarebbe costato persecuzioni, carcere, magari la stessa vita. Invece Ronaldo, dotato di uno scudo formidabile che va ben oltre la sua classe e lo stipendio, l’ha passata liscia.

Infatti i ricchi sauditi, che l’hanno ingaggiato come testimonial mondiale del loro impegno di “normalizzazione” davanti al mondo (vera avanguardia dell’esercito di calciatori più o meno illustri che stanno affluendo, ancora nel pieno delle loro forze atletiche, nella penisola desertica attratti da ingaggi esorbitanti per dare vita a quello che più che un campionato – al via proprio l’11 agosto – sembra l’album delle figurine, un circo dove i soldi sono l’ultimo dei problemi), l’hanno perdonato imponendogli però ogni possibile replay. E la libertà di coscienza? Sacrificata al dio danaro! Almeno per il momento. Infatti, quel che Cristiano Ronaldo ha mostrato con un segno di Croce imparato da bambino, rischia di far grippare il motore del petrol-calcio e mostra in maniera indiscutibile la fragilità di qualunque sistema umano quando prescinde dalla libertà, da quella religiosa in primis, che è la più delicata e vulnerabile.

Consegue una piccolissima riflessione: “prima del calcio d’inizio del nuovo giocattolo globale, con dirette settimanali che stanno per iniziare persino sulle nostre tv, fermiamoci a guardare il video di Ronaldo, detto Cristiano: in quella esultanza spontanea andata di traverso ai nuovi padroni del football c’è dentro la forza esplosiva non dei suoi celebrati muscoli ma di un messaggio eterno di liberazione”.

NON CERTO STRAVAGANTE È IL GIUDIZIO che il più temuto quotidiano finanziario inglese (si chiama “Financial Times” e quel che dice è quasi sempre azzeccato) ha messo in pagina e mostrato al mondo. Secondo il giornale britannico “la Robin Hood tax varata dal governo Meloni danneggia la reputazione dell’Italia”, dimostra “l’incapacità dei governanti di afferrare la realtà del mercato” e infligge “un serio danno alla credibilità degli sforzi del primo ministro di presentarsi come un’amministratrice responsabile dell’economia”. A sua volta l’agenzia Moody’s, croce e delizia di ogni bilancio istituzionale, mette in luce le conseguenze negative della nuova misura per le banche. “La nuova tassa sugli extra profitti – scrive l’agenzia di rating – è credit negative…”. Per Banca Etica “la norma, almeno per come è concepita attualmente, avrà effetti ben diversi da quello auspicato di favorire la giustizia sociale. La tassa sugli extra-profitti delle banche, che colpisce le attività tipiche come l’erogazione del credito, rischia infatti di provocare un ulteriore credit crunch (che tradotto significa “stretta creditizia), capace di rendere gli istituti più fragili e di colpire in modo sproporzionato chi distribuisce dividendi e chi destina gli utili al rafforzamento patrimoniale per concedere più prestiti”. Verrebbe da dire: “Povere banche!”. Ma c’è davvero qualcuno che s’azzarda a pensare che proprio le banche siano “le poverette di turno?”. Io no. E voi?

AL LIMITE DELLA STRAVAGANZA PIU’ ARRABBIATA e azzardata è, infine, la guerra scatenata nel padovano contro i famigerati misuratori di velocità. Una guerra che un noto scrittore e saggista, Ferdinando Camon, ha ieri raccontato con arguzia e senso illimitato del limite imposto dal buon senso. Secondo lo scrittore, la demolizione con bomba artigianale di quattro pali destinati a sostenere quattro autovelox a poca distanza uno dall’altro, fa pensare a qualcuno che, in zona, ha un rancore personale contro quegli strumenti. “Qui – dice Camon – c’è un piccolo fastidioso problema fra cittadini e Stato, ragion per cui l’autovelox è considerato una specie di vigile urbano nascosto o camuffato, che tu autista non vedi, ma che ti recapita a casa una multa inattesa e incontrovertibile, con tanto di foto della tua targa, nonché giorno e ora del tuo transito, alla quale è difficile opporsi, soprattutto perché, se fai ricorso nasce una rogna infinita… Quindi, meglio se paghi e stai zitto”. Ciò non toglie che dentro di te resti evidente il rancore suscitato dall’impressione che, comunque, ti stiano fregando usando l’autovelox, che diventa e resta il tuo nemico. “L’autovelox – commenta Ferdinando Camon – agisce contro di te a tradimento: perché non si capisce la ragione per cui, se hai il Tom Tom, il Tom Tom ti avverte con un buon anticipo che s’avvicina un autovelox, emette tre schiocchi sonori, in modo che tu rallenti, mentre se non hai il Tom Tom ti accorgi dell’autovelox quando lo stai sorpassando e ormai sei in piena contravvenzione. Se poi giri a lungo in quella zona, di autovelox ne puoi trovare più d’uno. Se prendi quattro multe, per te son quattro ingiustizie. E se abbatti i quattro autovelox, son quattro ripristini della giustizia…”.

Dev’essere andata proprio così in quel paesotto del Polesine, che assomiglia a chissà quanti altri paesotti dell’italico Paese…

LUCIANO COSTA

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