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Sugli “USA” ma senza dimenticare l’Italia

Gli Stati Uniti d’America: una grande potenza, arbitro di mille contese che affliggono e impensieriscono il mondo; Nazione all’avanguardia nella scienza e nella tecnica in cui il popolo si esalta nella sua capacità di mischiare razze-religioni-culture diverse; Paese che crede nella democrazia come forma assoluta della convivenza, che  proclama rispetto e diritti per tutti, che i suoi presidenti – capi assoluti del sistema almeno fino a quando il sistema  gli assicura un voto in più – li elegge sommando i diversi umori dei suoi quarantanove Stati federati, che a chiunque dimori e abbia almeno quattordici anni consente di possedere armi di qualsiasi calibro e pericolo, che consente assurdi e violenti assalti al potere – quello ordito dall’allora presidente Trump, tutt’ora impunito, resta una pagina nerissima della sua democrazia -, che manda uomini sulla luna e altri li prepara a sbarcare su Marte, che vanta ricchezza e benessere ma che nonostante questo conta poveri e disperati in numero crescente, che manda aiuti e dollari ovunque vi sia qualcuno offeso da catastrofi naturali (terremoti, tsunami, inondazioni, incendi…) o provocate dall’uomo (guerre, rivolte, terrorismo, persecuzioni, devastazioni delle libertà…) e che ancora ha coraggio sufficiente per non nascondere gli errori commessi e permessi…

Ecco, questa America fatta di Stati Uniti e oggi presieduta dal democratico Biden, al suo risveglio si ritroverà addosso l’etichetta repubblicana confezionata da quel Trump che nonostante resti inquisito, trumpeggia e annuncia la sua intenzione di ricandidarsi… Se così andranno le cose – e non è difficile prevedere salvo scombussolamenti, che sarà così – il presidente Biden visterà i panni di quella “anitra zoppa” che per gli americani significa assenza di potere, nullità, impossibilità di fare, negazione del ruolo… Così per i prossimi due anni, poi l’America s’interrogherà e deciderà con chi stare o con chi andare per conquistare i sogni nel frattempo rimasti nel cassetto…

E MENTRE L’AMERICA SI STA SVEGLIANDO scoprendosi forse repubblicana o forse ancora debolmente democratica, qui da noi, in questa Bella Italia, ci si accapiglia e scompiglia attorno a una manciata di migranti in fuga, niente più che disperati invocanti aiuto e accoglienza. Leggo che sulla vicenda migranti raccolti in mare e ospitati a bordo di tre navi in uso ad altrettante “ong”, già oggetto di dire e disdire offerti a man salva dal Ministro degli Interni e dai suoi sostenitori, il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni non ha dubbi: “In tema di sicurezza e contrasto all’immigrazione illegale – ha scritto su Facebook -, gli italiani si sono espressi alle urne, scegliendo il nostro programma e la nostra visione. Negli ultimi anni – ha aggiunto – abbiamo assistito a una gestione inadeguata del fenomeno, che ha prodotto grandi ed evidenti disagi: hot-spot al collasso, sbarchi aumentati, Forze dell’Ordine allo stremo. E il tutto ha portato a un crescente clima di insicurezza generale. Il nostro obiettivo è difendere la legalità, la sicurezza e la dignità di ogni persona. Per questo vogliamo mettere un freno all’immigrazione clandestina, evitare nuove morti in mare e combattere i trafficanti di esseri umani. I cittadini ci hanno chiesto di difendere i confini italiani e questo Governo non tradirà la parola data”. In verità, non so fino a che punto si possa parlare di volontà di tutti gli italiani quando le urne, quelle invocate dal Presidente del Consiglio, hanno disegnato una maggioranza e non l’unanimità dei consensi. Però, siccome basta anche un voto per stabilire che quella, bella o brutta poco importa, è la democrazia, deve andare bene così. Ma, proprio così e non, per esempio, mettendo tra gli atti ufficiali della politica quella misericordia e quella comprensione che pure, a parole, vengono lodate ed esaltate?

Maurizio Ambrosini, firma di “Avvenire”, ragionando sulle parole trasmesse dalla Meloni, di fronte a quelle che sottolineano la “sacralizzazione dei confini” sottolinea la gravità di considerarle assolute mentre secondarie restano quelle che ritengono “le vite umane in pericolo un problema secondario rispetto alla riaffermazione del controllo sulle frontiere e sugli ingressi”. Aggiunge il notista che “questo è un linguaggio d’altri tempi”. Quindi quanto meno improponibile. Infatti “settantacinque anni di faticose conquiste post-belliche hanno gradualmente limitato e controbilanciato la sovranità nazionale, riconoscendo princìpi universali e diritti delle persone, come nel caso dei richiedenti asilo e dei rifugiati, sanciti da convenzioni internazionali che limitano la potestà degli Stati firmatari”. Quanto alla questione di un’Italia “campo profughi d’Europa, lasciata sola dall’Europa matrigna, ancora una volta va ribadito che non è vero. Infatti, Germania, Francia, Spagna, accolgono più richiedenti asilo di noi. A non collaborare all’accoglienza sono piuttosto i governi nazional-sovranisti politicamente omogenei – scrive Ambrosini – con l’attuale esecutivo italiano. Per di più gli sbarcati sono più visibili, arrivano spesso in gruppi e in circostanze più drammatiche, mentre altri arrivano alla spicciolata, via terra (specialmente dall’Est europeo), o anche in aereo (per esempio, dal Venezuela)”. Magari sono diversi di razza, religione e cultura, ma anch’essi richiedono accoglienza laddove possono arrivare.

Se volete approfondire il nesso esistente tra “questo modo di fare politica” e la “politica ispirata al bene comune”, potreste andare a leggere l’ultimo Domenicale (datato domenica 6 novembre 2022).

Poi, magari, ne riparliamo. Anche perché ho in bacheca, già pronto all’uso, quel che è raccolto nell’ultimo rapporto dedicato agli “italiani nel mondo” (pubblicato appena ieri dalla “Fondazione Migrantes”) che impietosamente racconta chi siamo, dove siamo e dove andiamo.

LUCIANO COSTA

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