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Suicidio come ultimo rimedio?

La morte, non quella che appartiene al corso naturale delle cose, ma quella cercata, abusata e usata come soluzione, come ultima ragione, come uscita dalla disperazione, come rimedio al problema del vivere, come fuga da un reale troppo ingombrante, come rifiuto dell’essere…? O, anche, come qualunque altra occasionale giustificazione? Come dice il saggio, “nessuno è tanto vecchio da non credere di poter vivere almeno ancora un giorno”… Però, ciò non toglie che il “suicidio” sia considerato, da alcuni, l’uscita di scena più congeniale per chi non sa più che farsene della propria vita. Terribile, ma purtroppo anche vero. Basta leggere i dati, che non mancano mai, per rendersene conto.

Nei primi sei mesi del 2023 sono state oltre 3.700 le richieste d’aiuto, raccolte da Telefono Amico Italia, per gestire pensieri suicidi. Il dato è superiore del 37% rispetto al primo semestre del 2022. Se poi si pensa che il 29% degli “sos” arriva da giovani che hanno di poco superato il venticinquesimo anno di età, gli “under 26”, il problema assume un rilievo ancora più allarmante. Le segnalazioni, fa sapere Telefono Amico in vista della Giornata mondiale per la Prevenzione del Suicidio che si celebra domenica prossima, 10n settembre, sono arrivate prevalentemente da giovani tra i 19 e i 35 anni (il 18% tra i 26 e i 35 e il 17% tra i 19 e i 25) e da adulti tra i 46 e i 55 anni (il 16%), ma negli ultimi anni è stato registrato un aumento di contatti anche da parte dei giovanissimi (under 19) che chiedono aiuto soprattutto via whatsapp e mail.

“Nel 2022 – precisa Telefono Amico Italia – abbiamo raccolto quasi 6.000 richieste d’aiuto di persone attraversate dal pensiero del suicidio o preoccupate per il possibile suicidio di un proprio caro, un numero enorme che, se prosegue la tendenza dei primi sei mesi del 2023, quest’anno rischia di registrare un ulteriore aumento”. L’Associazione sottolinea l’importanza di interventi sul fronte della prevenzione, che passano anche dal prendersi cura di sé stessi. “Gli individui a rischio di suicidio non vorrebbero pensare alla morte – dice Maurizio Pompili, ordinario di Psichiatria all’Università La Sapienza di Roma – bensì veder alleviato il proprio dolore mentale; una manovra attuabile comprendendo lo stato di sofferenza, grazie anche all’intervento di professionisti della salute e di volontari. Sono definiti come fattori protettivi l’avere una rete sociale e familiare efficace, avere bambini in casa, coltivare una dimensione spirituale, avere del tempo da dedicare ad un’attività ricreativa, non andare incontro al superlavoro, dedicando giusto tempo al sonno, evitare comportamenti a rischio, come l’abuso di alcol e droghe…”.

A preoccupare particolarmente è il gran numero di giovani e giovanissimi in difficoltà. A offrire uno stimolo di riflessione su come aiutarli a superare in maniera sana i momenti di difficoltà è la professoressa Michela Gatta, direttore dell’unità di Neuropsichiatria infantile dell’Azienda ospedale-università di Padova. Secondo la professoressa “avere un progetto più o meno impegnativo e strutturato, possibilmente a breve o medio termine e da realizzarsi assieme ai pari, aiuta a fare sentire i ragazzi attivi, coinvolti, con uno scopo verso cui dirigere e investire le proprie passioni. Progettare significa porsi degli obiettivi, scoprire e sperimentare le proprie competenze, relazionarsi con gli altri al fine di un traguardo comune, esperendo così processi che sostengono l’identità, l’autonomia e la responsabilità”.

Il periodo che stiamo vivendo, aggiunge Telefono Amico nelle riflessioni diffuse in vista della giornata di prevenzione contro il suicidio, “sicuramente non aiuta a trovare un equilibrio psicologico e ad arginare preoccupazione e ansia, le crisi si susseguono una dopo l’altra e molto spesso sono amplificate da un linguaggio dei media che si focalizza sulla dimensione di crisi e allarme”. Tutto questo può avere “un impatto negativo sul benessere degli individui, in particolare sui giovani, categoria particolarmente fragile. Bisognerebbe, quindi, recuperare un linguaggio e un atteggiamento che si focalizzino sugli aspetti positivi della vita, che siano in grado di infondere la speranza; speranza che ci permetta di guardare oltre le difficoltà del presente e di ritrovare un senso all’esistenza”.

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