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Sull’Ucraina lacrime e arroganza

La guerra immonda-assurda-orribile-ignobile guerra (scegliete voi l’aggettivo che meglio la definisce) voluta dalla Russia per sottomettere e annettersi l’Ucraina, Nazione libera ma colpevole di non piegarsi al volere dell’armata comandata dal folle Putin, questa carneficina che da nove mesi e un giorno sta oscurando il mondo con lutti, privazioni indicibili e prospettive amarissime, oggi fa i conti con due modi, uno diverso all’altro, di parlare a due popoli innocenti della medesima tragedia. Nel primo modo papa Francesco parla al popolo ucraino si immedesima nella sua disperazione; nel secondo Putin parla alle mamme dei soldati mandati allo sbaraglio e le invita a non ascoltare quel che dicono stia accadendo laddove i loro figli (come scrivono i giornali e dicono i media non sottomessi a censura) combattono e muoiono.

“Io vorrei unire le mie lacrime alle vostre e dirvi che non c’è giorno in cui non vi sia vicino…”, scrive Papa Francesco. E la sua diventa una lettera che trasuda amore, che fa riflettere, che spinge a vestirsi di Pace per andare finalmente ad annunciarla e a farla questa Pace sognata e attesa… Su giornali e media, questa lettera non godrà di ampi spazi. Però, convinto che valga la pena leggerla, ve la propongo così come il Papa l’ha scritta e fatta recapitare al popolo ucraino. Eccola.

SULLA VOSTRA TERRA, da nove mesi, si è scatenata l’assurda follia della guerra. Nel vostro cielo rimbombano senza sosta il fragore sinistro delle esplosioni e il suono inquietante delle sirene. Le vostre città sono martellate dalle bombe mentre piogge di missili provocano morte, distruzione e dolore, fame, sete e freddo. Nelle vostre strade tanti sono dovuti fuggire, lasciando case e affetti. Accanto ai vostri grandi fiumi scorrono ogni giorno fiumi di sangue e di lacrime.

Io vorrei unire le mie lacrime alle vostre e dirvi che non c’è giorno in cui non vi sia vicino e non vi porti nel mio cuore e nella mia preghiera. Il vostro dolore è il mio dolore. Nella croce di Gesù oggi vedo voi, voi che soffrite il terrore scatenato da questa aggressione. Sì, la croce che ha torturato il Signore rivive nelle torture rinvenute sui cadaveri, nelle fosse comuni scoperte in varie città, in quelle e in tante altre immagini cruente che ci sono entrate nell’anima, che fanno levare un grido: perché? Come possono degli uomini trattare così altri uomini?

Nella mia mente ritornano molte storie tragiche di cui vengo a conoscenza. Anzitutto quelle dei piccoli: quanti bambini uccisi, feriti o rimasti orfani, strappati alle loro madri! Piango con voi per ogni piccolo che, a causa di questa guerra, ha perso la vita: in ciascuno di loro è sconfitta l’umanità intera. Ora essi sono nel grembo di Dio, vedono i vostri affanni e pregano perché abbiano fine. Ma come non provare angoscia per loro e per quanti, piccoli e grandi, sono stati deportati? È incalcolabile il dolore delle madri ucraine.

Penso poi a voi, giovani, che per difendere coraggiosamente la patria avete dovuto mettere mano alle armi anziché ai sogni che avevate coltivato per il futuro; penso a voi, mogli, che avete perso i vostri mariti e mordendo le labbra continuate nel silenzio, con dignità e determinazione, a fare ogni sacrificio per i vostri figli; a voi, adulti, che cercate in ogni modo di proteggere i vostri cari; a voi, anziani, che invece di trascorrere un sereno tramonto siete stati gettati nella tenebrosa notte della guerra; a voi, donne che avete subito violenze e portate grandi pesi nel cuore; a tutti voi, feriti nell’anima e nel corpo. Vi penso e vi sono vicino con affetto e con ammirazione per come affrontate prove così dure.

E penso a voi, volontari, che vi spendete ogni giorno per il popolo; a voi, Pastori del popolo santo di Dio, che – spesso con grande rischio per la vostra incolumità – siete rimasti accanto alla gente, portando la consolazione di Dio e la solidarietà dei fratelli, trasformando con creatività luoghi comunitari e conventi in alloggi dove offrire ospitalità, soccorso e cibo a chi versa in condizioni difficili. Ancora, penso ai profughi e agli sfollati interni, che si trovano lontano dalle loro abitazioni, molte delle quali distrutte; e alle Autorità, per le quali prego: su di loro incombe il dovere di governare il Paese in tempi tragici e di prendere decisioni lungimiranti per la pace e per sviluppare l’economia durante la distruzione di tante infrastrutture vitali, in città come nelle campagne.

Cari fratelli e sorelle, in tutto questo mare di male e di dolore – a novant’anni dal terribile genocidio dell’Holodomor –, sono ammirato del vostro buon ardore. Pur nell’immane tragedia che sta subendo, il popolo ucraino non si è mai scoraggiato o abbandonato alla commiserazione. Il mondo ha riconosciuto un popolo audace e forte, un popolo che soffre e prega, piange e lotta, resiste e spera: un popolo nobile e martire. Io continuo a starvi vicino, con il cuore e con la preghiera, con la premura umanitaria, perché vi sentiate accompagnati, perché non ci si abitui alla guerra, perché non siate lasciati soli oggi e soprattutto domani, quando verrà forse la tentazione di dimenticare le vostre sofferenze.

In questi mesi, nei quali la rigidità del clima rende quello che vivete ancora più tragico, vorrei che l’affetto della Chiesa, la forza della preghiera, il bene che vi vogliono tantissimi fratelli e sorelle ad ogni latitudine siano carezze sul vostro volto. Tra poche settimane sarà Natale e lo stridore della sofferenza si avvertirà ancora di più. Ma vorrei tornare con voi a Betlemme, alla prova che la Sacra Famiglia dovette affrontare in quella notte, che sembrava solo fredda e buia. Invece, la luce arrivò: non dagli uomini, ma da Dio; non dalla terra, ma dal Cielo…”.

AL POPOLO DELLE MAMME RUSSE (rappresentate da 17 scelte madri di soldati morti o che ancora combattono), alla vigilia dalla Festa della Mamma, che in Russia si celebra oggi, il presidente Vladimir Putin ha parlato così: “Per voi che avete i figli nella zona dell’operazione speciale, la Festa della Mamma è associata a un sentimento di ansia e di preoccupazione. Voglio sappiate che condivido questo dolore con voi e, ovviamente, che faremo di tutto affinché non vi sentiate dimenticate, che faremo tutto il possibile perché sentiate una spalla accanto a voi”. Poi, ha definito “eroi” i soldati che difendono la “nuova Russia” (Novorossiya, espressione risalente all’epoca zarista usata oggi dai nazionalisti per rivendicare come russi territori del sud e dell’est dell’Ucraina) e ha messo in guardia le madri dal credere a tutte le “false notizie, inganni e menzogne” che vengono diffuse attraverso i media. “La vita – ha detto il folle zar – è più complicata e diversificata di come viene mostrata sugli schermi televisivi e ancor più su internet. Non potete fidarvi di nulla, perché lì ci sono molte fake, inganni, bugie. Ci sono molti attacchi informativi, perché l’informazione è anche un’arma di combattimento e gli attacchi mediatici sono piuttosto efficaci”. E perché fosse chiara la sua volontà, ha affermato che “la Russia ne uscirà vincitrice” e che lì “dobbiamo raggiungere i nostri obiettivi e li raggiungeremo”.

Con un messaggio affidato a Telegram, Olga Tsukanova, che guida il Consiglio delle Madri e delle Mogli, rivolgendosi pubblicamente e direttamente a Putin, scrive: “Vladimir Vladimirovich, sei un uomo o chi sei? Hai il coraggio di incontrarci faccia a faccia, apertamente, non con donne e madri con cui hai ti sei prima accordato ma con donne reali che per incontrarti hanno viaggiato da diverse città? Aspettiamo la tua risposta”.

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