A Istanbul si balla e si canta per differenti motivi: innanzitutto per aver costretto Erdogan (presidente uscente e da vent’anni dittatore assoluto e discusso) al ballottaggio, poi per aver salvato il medesimo Erdogan da una colossale figuraccia (vantava consensi plebiscitari, ha invece scoperto di essere arrivato praticamente nudo di fronte al traguardo), infine per la probabilità non remota di archiviare (forse) per sempre l’era Erdogan. Però, i turchi dovranno aspettare fino al 28 maggio per sapere se l’era di Recep Tayyip Erdogan, l’uomo al potere da 20 anni in Turchia è finita oppure se il “Rais” continuerà a governare per altri cinque anni.
Nelle elezioni di ieri il presidente in carica si è fermato al 49,24 per cento di voti. Lo sfidante numero uno, il leader dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu, ha invece ottenuto il 45,06 per cento delle preferenze. Nessuno dei due ha quindi superato la soglia del 50 per cento necessaria per vincere le elezioni al primo turno. Il 28 maggio si terrà il ballottaggio tra i due sfidanti. La turbolenta notte, con tutte le sue contestazioni e il riconteggio delle schede avvenuto nei seggi di tutto il Paese, sembra un antipasto di quello che potrebbe accadere nelle prossime due settimane. “Se la campagna elettorale è stata finora bollente e fatta di accuse e colpi bassi – dicono gli esperti -, quella che di fatto inizia oggi sarà incendiaria”.
Nella domenica elettorale turca spicca il record dell’affluenza, attestata appena sotto al 90%. Nella storia moderna della Turchia non si era mai vista una partecipazione popolare al voto così imponente. Lo si vedeva sin da subito, girando per i seggi di Istanbul, una città dalle tante anime, dove sin dalle prime ore, gli elettori attendevano pazientemente in piedi il loro turno in file davvero lunghe.
Però, se fino all’ultimo giorno i sondaggi davano in vantaggio di qualche punto percentuale il candidato dell’opposizione, ugualmente Erdogan si è speso di persona, con tutte le sue forze, alzando ulteriormente i toni di una campagna elettorale già incendiaria, utilizzando le risorse statali e la sua preponderante influenza sui media per corteggiare gli elettori. E ancora di più. Erdogan, infatti, ha accusato i membri dell’opposizione di essere collusi con i “terroristi”, di essere “ubriaconi”, di difendere i diritti dei diversi (diversi che lui vede come il fumo negli occhi e che considera una grave minaccia ai valori tradizionali della famiglia, in una nazione a maggioranza musulmana che deve ispirarsi ai valori musulmani).
Poi, con assoluta noncuranza della “buona politica, ha tentato gli indecisi ed i cittadini più colpiti dall’inflazione con il più convincente degli argomenti: i benefici economici, confezionati come regalo. Così, ha rimosso l’età pensionabile, aumentato i salari (quasi raddoppiati quelli pubblici), sovvenzionato le bollette di elettricità e gas, promesso grandi infrastrutture. I risultati finali, fra quindici giorni, diranno se il pacchetto di aumenti salariale e di sovvenzioni, avrà funzionato. Per ora, sembrerebbe di sì. Fra quindici giorni lo sapremo con certezza. La speranza, per molti, è che la Turchia si svegli sotto un altro sole!
LUCIANO COSTA