Scene di ordinaria paura: l’ex piazzale dedicato a ospitare luna-park, circo e robe varie, zona sud della città, è adesso trasformato in uno dei luoghi di misurazione del proprio stato di salute alla luce delle influenze provocate dal virus Covid-19. Insomma, è lì dove i cittadini devono recarsi per fare il tampone, strumento per conoscere se e come si è infettati, raccomandato in presenza di sintomi anche lievi, imposto dalla cautela che domina la scena, in certi casi abusato, cioè non necessario, essendo evidente che, dicono i medici, che se stai bene non dovresti neppure pensare di star male perché forse, da qualche parte, dentro di te s’annida quel coso… Però, visto che anche gli idoli del calcio, tipo Cristiano Rolando, sebbene pimpanti-ricchi-gioiosi-osannati e pronti a segnare gol a valanga nelle altrui porte non sono esentati dall’essere positivi al tampone, ecco che conviene, perché non si sa mai, provvedere. Così, tutti in fila dolorosamente e, come direbbe Cecco Laqualunque, “preoccupantemente”.
Ieri, in quello che è stato lo spensierato parco divertimenti cittadino, la coda dei preoccupati, tutti automuniti, formava un serpentone che zizzagando in maniera obbligata impiegava decine di minuti per arrivare all’incontro con il tampone. Ripensando la scena ho capito che la Giuseppina, simpatica nonnetta che le rose le coltiva e le accarezza senza mai approfittarsi della condizione che le vuole recise e donate a chicchessia, più del virus teme il tampone e le cifre che giornalmente lo accompagnano. Dice infatti che quelle cifre lette come fossero parte di un bollettino di guerra la deprimono, la incupiscono, la rendono ansiosa e la spingono a dubitare che siano reali. Le ho allora spiegato che fanno parte di rilevazioni serie e metodiche. Mi ha risposto che non mette in dubbio la sostanza, ma il modo in cui viene offerta ai miseri utenti che, come lei, ascoltano senza capire…
Ma, mi sono allora chiesto, senza capire che cosa? La risposta alla domanda me l’ha offerta ancora lei, la Giuseppina, aggiungendo al discorso appena fatto un eloquente “tanto io il tampone non lo faccio: primo perché non ho la macchina e quindi non posso andare fino al luna-park a fare la coda, secondo perché il mio dottore non può farlo, terzo perché se davvero serve farlo qualcuno verrà a cercarmi”. La radio della macchina, proprio in quel momento, ospitava un messaggio pubblicitario che raccomandava di aderire alla campagna “immuni”, perché così, se incroci un positivo, vieni avvisato di stargli alla larga e di prendere le dovute preoccupazioni. Istintivamente mi sono chiesto: ma la Giuseppina e tanti come lei, ce l’hanno un telefonino che risponde ai requisiti utili a entrare nel circuito di “immuni”? Mi sono scoperto a ridere di gusto pensando ai politici, che danno per scontata la presenza di un telefonino evoluto, cioè adeguato a ospitare la applicazione “immuni” (“illusi e anche sciocchi”, mi son detto), ai sapientoni convinti di essere compresi per il solo fatto che hanno facoltà di parlare davanti a un microfono e alle tante Giuseppine, che non avendo un telefonino adeguato, magari neppure un telefonino qualsiasi, ascoltano quel che dice la televisione e non ci capiscono un acca. Domani, giuro, vado al luna-park, quello vero, non quello dove sfilano in ordine sparso cittadini ansiosi in cerca di sicurezze racchiuse in un tampone.