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Ucciso a calci e pugni: perché tanta violenza?

La scena ripresa dalle videocamere private è agghiacciante: due persone, una in bici e l’altra a piedi, si avvicinano a Frederik, 43enne ghanese senza dimora. Lo svegliano, inizia una discussione, poi le botte. Tante. Selvagge. Pugni e calci che fanno sembrare la vittima un punching ball. Un minuto circa di violenza efferata, crudele, senza senso… E’ accaduto tra domenica e lunedì a Pomigliano d’Arco, un paese qualsiasi di un’Italia qualsiasi. Le immagini raccontano una violenza che non ha alcuna giustificazione e mostrano senza veli e censure l’odio feroce contro una persona che di diverso ha solo9 il colore della pelle. Le immagini registrano e mostrano Frederik che claudicante e arrancando trova rifugio in un cortile, dove sarà ritrovato agonizzante all’alba del giorno dopo. A quel punto, anche la corsa all’ospedale era inutile. Frederik non ce l’ha fatta a sopravvivere… Una delle ipotesi degli inquirenti, la più agghiacciante, è che a prendere a botte in modo feroce quell’uomo siano stati due minori, o comunque due persone molto giovani.

Dicono le cfrionache che “la tragedia è divenuta di dominio pubblico solo grazie ai cittadini della zona che avevano saputo del pestaggio e che sui social chiedevano perché non ci fossero notizie circa lo stato di salute di Frederik. Solo a quel punto si è acceso il faro della stampa locale. Da lì la tragica scoperta della morte che poi ha fatto risvegliare la città in un clima di lutto. Perché il 43enne africano – Frederick Akwasi Adofo, identificato in ospedale con le impronte digitali – era ormai stato adottato dalla città e soprattutto dai clienti di un noto supermercato del territorio, locato di fronte a un parco pubblico frequentato ogni giorno da centinaia di bambini e famiglie. E’ sull’uscio dell’esercizio commerciale, e sulla panchina di fronte, che Frederik passava la sua giornata. Non stava bene, aveva problemi ma «non faceva del male a nessuno», come ripete chiunque in queste ore passa a fianco alla «panchina di Frederik». Arrivato a Pomigliano 10 anni fa nell’ambito, nella città ha anche preso il titolo di terza media prima di cadere progressivamente nella rete del disagio. Si guadagnava da vivere aiutando a portare il carrello della spesa e tenendo per sé le monete. Ma tanti clienti avevano cura di lasciargli qualcosa da mangiare e da bere. Cittadini e soprattutto bambini hanno portato fiori, candele e biglietti sulla panchina. «Il vostro odio non passerà inosservato; un innocente ucciso da una società che sta fallendo», è la scritta in rosso lasciata da un adolescente.

Adesso il timore è che gli aggressori possano essere stati proprio due giovanissimi. Il sindaco della città, Lello Russo, ha detto di non essere ancora in grado di spiegarsi “come possa essere successo un episodio di tale gravità in una città nota per l’accoglienza”. Dal canto suo il parroco don Pasquale Giannino si è detto “sconvolto e rammaricato… Ancora una volta – ha spiegato ai cronisti – siamo messi in discussione come cristiani, cittadini e famiglie. Chiediamo con insistenza una capillare attenzione per il nostro territorio. Questo episodio impone un cammino comune”. Stasera la comunità di San Francesco, insieme a tutte le parrocchie di Pomigliano, assegnerà alla marcia silenziosa che partirà dalla “panchina di Frederik” il compito di invocare perdono e giustizia per la vittima e nuovi impegni per combattere e vincere la violenza”.

(A cura di LUCIANO COSTA)

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