Ucraina muore sotto le bombe…

E’ l’alba della sesta giornata della guerra che sta sconvolgendo l’Ucraina. La Russia avanza senza ritegno verso la sua meta prefissata: Kiev, la capitale, sede di un Governo democratico che, dice “deve soccombere e lasciare il posto ad altri”. In quest’alba tragica, appendice di una notte in cui bombe e missili hanno causato morti e rovine, i satelliti hanno offerto alle televisioni le immagini di città in fiamme e di una colonna di mezzi militari russi, lunga settanta chilometri, diretta a Kiev. Tutto ciò mentre ieri, al confine con la Bielorussia, Ucraina e Russia si sono seduti allo stesso tavolo per cercare una soluzione… “Ma una soluzione, senza l’immediato ritiro delle truppe russe dal nostro suolo – ha ribadito il coraggioso presidente dell’Ucraina – è impossibile”. La guerra divampa e che cosa succederà nelle prossime ore è impossibile da prevedere. “La Russia che siede al tavolo della trattativa – ha ricordato stanotte un inviato – è la stessa che a conclusione della prima seduta ha bombardato Kiev”. Come ha raccontato il cronista “un pesante attacco missilistico è stato scatenato ieri contro Kiev poco dopo la fine del primo incontro dedicato alla ricerca di un accordo di pace. Vediamo i bagliori rosso fuoco al primo buio della capitale. Le esplosioni sono deflagrate prima ancora che suonassero gli allarmi aerei, segno che lo Stato Maggiore di Mosca ha dato l’ordine di utilizzare armi di più recente costruzione e con una maggiorata potenza esplosiva. Gli edifici tremano come mai in questi giorni. I tiratori di Mosca aggiustano il tiro e lo avvicinano sempre di più il punto di caduta al centro della città. Le sette colline di Kiev sono prese d’assedio come una Roma dell’Est assediata dai nemici. La lunga notte, per la città che zar Putin fatica ad addomesticare, è solo all’inizio. Chi sta fuggendo nelle cripte, si mette al riparo e prega. Perché da domani potrebbero trovare un’altra Kiev”.

Intanto al Palazzo di Vetro di New York si è aperta la sessione straordinaria dell’Assemblea generale dell’Onu, sulla crisi ucraina. ‘I combattimenti in Ucraina devono finire ora” ha detto il segretario generale Guterres. “Stanno imperversando in tutto il Paese, dall’aria, dalla terra e dal mare. Basta. I soldati devono tornare alle loro caserme”. “I leader devono andare verso la pace. I civili devono essere protetti”, ha aggiunto, sottolineando che la minaccia nucleare russa “è uno sviluppo agghiacciante: l’idea di un conflitto nucleare è semplicemente inconcepibile, nulla può giustificare l’uso di armi nucleari”. In Europa, ha aggiunto il segretario generale delle Nazioni Unite ‘si rischia la peggiore crisi umanitaria e dei rifugiati degli ultimi decenni”. L’Assemblea dovrà votare, forse già domani, una risoluzione di condanna della Russia. L’obiettivo è di isolare Mosca e il suo prepotente zar…

L’eco della guerra è dappertutto, mette a soqquadro la civile esistenza di popoli innocenti, sbatte in prima pagina il dramma dei profughi, obbliga a pensare alle famiglie smembrate (uomini abili al fronte e donne in fuga con vecchi e bambini) e al dramma che investe chi, come il popolo delle badanti, è fuori dal proprio Paese senza la speranza immediata di poter riallacciare contatti… Il quadro è desolante. Sono infatti circa 160mila le donne venute dall’Ucraina per lavorare nelle famiglie italiane come colf o baby-sitter oppure per assistere anziani e malati non autosufficienti. Si tratta del 15% degli stranieri impiegati nel settore domestico (con contratti o irregolari) in Italia, soprattutto nelle regioni del Nord e del Centro. Una parte consistente (il 76,6%) dei 236mila ucraini residenti nel nostro Paese è rappresentata dalle cosiddette badanti. Hanno un’età media 50 anni e vivono perlopiù nel domicilio dell’assistito o da sole. Storie diverse ma simili di emigranti che lavorano per inviare i soldi a casa e dare un futuro ai figli (141 milioni di euro le rimesse nel primo semestre 2021). Storie che la guerra rimette in primo piano col loro carico di paure e incertezze. “Il futuro non sappiamo…” è una delle frasi tipiche che si sentono avvicinando una qualsiasi badante o andando a visitare i luoghi di arrivo e partenza di bus e furgoni sui quali viaggiano speranze, aiuti e lacrime.

Ludmilla, 55 anni, fa le pulizie in appartamenti nel quartiere Rubettino a Milano e arriva da Cernivci, nella zona a Sud-Ovest dell’Ucraina, vicino al confine con la Romania: è terrorizzata anche se lì la situazione sembra per il momento abbastanza tranquilla. Il marito e i due figli ormai adulti vivono e lavorano nel loro Paese: avrebbero dovuto raggiungerla fra qualche giorno per trascorrere insieme, in Italia, le festività pasquali ma anche le frontiere con la Polonia e la Romania sono chiuse e le automobili non possono passare. Aerei e treni non possono partire. «La mia vita è spezzata in due – afferma – e i miei cari in queste ore sono presi dall’angoscia, soprattutto di notte, per paura dei bombardamenti, anche se lì la guerra sembra ancora lontana». È disperata e non sa darsi una spiegazione di quello che succede in Ucraina: «Ma cosa vogliono? La Russia e l’Occidente si sono presi già tutto…».

Sonia, 60 anni, è collaboratrice domestica in una famiglia di Bologna, è stravolta, piange e non riesce quasi a parlare. Si trova in uno stato di ansia scoppiato all’improvviso, quando ieri mattina ha saputo dalla televisione dell’attacco delle truppe russe al suo Paese: il marito, la figlia e la sorella invalida abitano alla periferia di Kiev e le hanno detto in una breve telefonata che sentono i colpi dell’artiglieria che si avvicinano alla città. «Prima tornavo due volte l’anno a casa, l’ultima è stata a dicembre per la seconda dose del vaccino anti-Covid, e adesso non so quando potrò riabbracciarli» commenta. Sonia ha lasciato trent’anni fa la sua casa sulla riva del fiume Dnepr per andare a lavorare come collaboratrice domestica prima in Portogallo poi in Francia e Germania e infine in Italia, dove dice di trovarsi benissimo: «In Ucraina di lavoro non ce n’è ma io dovevo portare i soldi a casa per far studiare mia figlia, che è stata cresciuta dalla nonna, e per far curare mia sorella malata». Sacrifici ripagati. «Ma adesso, con la guerra, ho paura che tutto quello che abbiamo realizzato possa crollare».

«La guerra è il più grande disastro e la più grande pazzia che l’uomo può fare – sostiene don Igor Krupa, parroco della comunità ucraina di Milano, che si riunisce nella chiesa ortodossa di Largo Corsia de’ Servi – noi facciamo parte di quella generazione che la guerra la vede solo dai filmati ma in Ucraina la guerra c’è dal 2014: nel Donbass non hanno mai smesso di sparare e tanti ragazzi hanno continuato a morire». Don Igor racconta di una «grandissima preoccupazione che si respira nella sua numerosa comunità costituita da famiglie con figli nati in Italia e da tante donne venute nel capoluogo lombardo per lavorare con il sogno di ritornare un giorno in Ucraina, dove vivono i loro parenti. A Prato la comunità cattolica ucraina di rito bizantino è guidata da don Nicola Dzudzar: una sessantina di persone. Di solito si ritrovano in preghiera due giorni alla settimana nella chiesa di Santa Margherita, all’angolo con piazza Mercatale. Ogni celebrazione termina con un inno religioso che dice “o grande Signore unico, proteggi l’Ucraina”.

Tutto il resto è solo guerra: assurda, tragica, inutile.

 LUCIANO COSTA

Altri articoli
Attualità

Potrebbero interessarti anche

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.
Devi accettare i termini per procedere