Oltreoceano guardano all’Italia immersa nella difficile crisi politica e senza pietà la giudicano prigioniera di “divisioni ideologiche” e stracolma di “incompetenze”. A esprimere il giudizio e a metterlo in pagina è stato ieri il “New York Times”, forse il più autorevole quotidiano degli States e perciò anche il più severo giudice e commentatore delle vicende che riguardano stati amici. Verrebbe da dire “niente di nuovo”, in fondo, non è la prima volta che l’Italia cade sotto la mannaia dei commentatori esteri. Questa volta però il giudizio va a sommarsi con la presenza di Mario Draghi, incaricato di trovare una soluzione alla crisi, che per gli americani è stato “l’uomo che ha salvato l’euro” ma che non è ancora certo possa salvare adesso anche l’Italia”. Siamo, noi italiani, nell’occhio del ciclone: da fuori ci guardano con curiosa supponenza; da dentro facciamo a gara nel coprirci d’insulti e nell’innalzare steccati. Di questo passo anche il cielo, sempre benigno e buono, si stancherà di annoverarci tra i suoi inquilini.
Dicevo ieri “per fortuna che c’è Mattarella”; oggi aggiungo “per fortuna c’è anche Draghi”: i due non sono certo disposti a cedere il passo ai predicatori di sventura e quindi faranno tutto il possibile e l’immaginabile per assicurare agli italiani un governo che li rappresenti, li aiuti e li faccia sentire fieri di appartenere a un Paese che le difficoltà le affronta e le supera. Utopia? Forse. Ma la storia dice che proprio nelle maggiori difficoltà l’Italia e gli italiani hanno sempre espresso il loro lato migliore. E’ presto per dire che la strada imboccata è quella giusta, non è fuori luogo immaginare che si vada nella direzione sperata.
Ieri, attorno al “per fortuna che c’è Mattarella” si sono susseguiti inviti a non desistere dal mettere in chiaro il ruolo essenziale svolto dal Presidente. In serata, sull’onda dei commenti della stampa estera, più di uno ha sottolineato che dalle “divisioni ideologiche” e dalle “incompetenze” si esce se tutti insieme si diventa “responsabili costruttori” di un tempo nuovo. Sempre ieri, per sottolineare la fortuna di avere Mattarella dalla nostra parte, Gianluca Cominassi, sindaco di Castegnato (Brescia), ha inviato una appassionata nota, intitolata “ci rimettiamo alla saggezza del Capo dello Stato”, che volentieri pubblichiamo.
Gianluca Cominassi, sindaco di un paese che appena qualche mese fa ha avuto l’onore di accogliere il Presidente Sergio Mattarella, arrivato senza preavviso e senza clamore per esprimere solidarietà alla comunità derubata della Croce messa a dimora in ricordo delle vittime della pandemia, si duole e mette in chiaro il fallimento della politica. Ovviamente ha ragione. Potrebbe però mettere in conto che dalla crisi della politica si esce mettendo in campo idee coraggiose e proposte capaci di chiamare le nuove generazioni a essere protagoniste del loro futuro. So che lo sta facendo. Spero che le buone intenzioni trovino terreno adatto per attecchire e così far nascere nuove speranze di buon futuro. Non è questione di tecnici o super tecnici, ma di uomini e donne disposti a mettersi in campo per promuovere le “ragioni della politica”.
LUCIANO COSTA
La crisi vista da un sindaco
Le parole di Sergio Mattarella, l’altra sera, non hanno lasciato spazio a fraintendimenti: andare ad elezioni vorrebbe dire ingessare il sistema, creare lo stallo governativo che andrebbe ad aggiungersi allo stallo economico-sanitario-sociale. Il voto è un preziosissimo esercizio democratico, costato fatica per essere conquistato, ma invocarlo ora rischia di essere facile propaganda nel momento in cui è richiesta grande serietà e lucidità. In più, in caso di elezioni, sarebbe interessante capire chi andrebbe a votare avendo il ristorante chiuso, l’attività commerciale ferma da mesi, il mancato rinnovo del blocco dei licenziamenti, la didattica a distanza che sta diventando oramai più che altro logorante. Sommato al rischio assembramento ai seggi, chiamare gli italiani alle jurne quando sembra che i nostri rappresentanti siano i primi a defilarsi dal loro dovere, se non è un controsenso è almeno fuori luogo. E se dopo le elezioni si ritornasse in una fase di grande confusione come accadde nel 2018 quando ci vollero quattro mesi prima di licenziare l’allora governo gialloverde, che cosa succederebbe?
Suvvia, che ne dite di provare ad essere seri, almeno in questo momento? L’ha spiegato bene il presidente della Repubblica, che al di là della dovuta compostezza del momento, non ha mancato di lasciar trapelare una pesantissima dose di delusione e di sconforto maturati dopo l’ennesima gaffe della politica.
La riflessione diventa fin troppo facile: la politica finge di governare per anni, compiendo una serie di scelte spesso inconcepibili e lontane dalla vita reale; quando poi il danno rischia di essere irreversibile, si ricorre ai professionisti, ai tecnici, ai competenti, che sanno come girano le questioni e soprattutto le sanno far girare affinché la scialuppa non si ribalti del tutto. Amara riflessione la mia, ma io ritengo che la maggior parte della gente pensi proprio questo: “Ora arriva chi ha esperienza, non è più tempo di tirare a campare, è il momento delle scelte necessarie e coraggiose, finalmente arriva superMario”.
Sono mesi e mesi che il presidente della Repubblica continua a ripetere in tutte le salse che è l’ora del lavoro, della collaborazione, dell’interesse generale prima che particolare, che è ora di accantonare le partigianerie, che l’Italia sta soffrendo e necessita di costruttori, quanti appelli caduti nel vuoto ma poi tutti quanti davanti alle telecamere, a sciacquarsi la bocca dicendo: “Ci rimettiamo alla saggezza del capo dello Stato”.
GIANLUCA COMINASSI
Sindaco di Castegnato (Bs)