L’innocente bimba, ignorando che dietro i numeri usciti dalla consultazione ordita dai capi e messa in scena sulla piattaforma si celava una fetta d’Italia, piccola comunque la si guardasse, però preoccupata e delusa, sentita la cantilena numeraria e forse spinta dal ritmo che la stessa imponeva, intonò la canzoncina imparata dalla nonna, proprio quella che annunciava come “quarantaquattromila gatti in fila per tre col resto di due…” avevano risolto la questioncella relativa all’accettare o al negare la fiducia del M5S al nascente governo Draghi. Nei numeri cantati dalla bimba c’era un errore evidente – i gatti erano quarantaquattro e non quarantaquattromila –, che la nonna si premurò di correggere. Però, come nel teorema di Pitagora, pur invertendo l’ordine dei fattori la sostanza rimaneva la stessa: per tanti che fossero (44.167 a favore e 30.360 contrari), erano pochi e difficilmente in grado di rappresentare il popolo italico
Per completezza d’informazione c’è da aggiungere che gli aventi diritto al voto “grillino” erano 119.570, che i voti espressi sono stati 74.537 e che la votazione, almeno secondo il notaio incaricato, si è svolta regolarmente con ciò confermando che il voto “si conferma essere un modello di partecipazione unica dal basso, che permette a tanti cittadini di avere voce nelle scelte politiche del Paese”. Se non fosse tutto vero, sarei orientato a credere che il tutto appartenga a una commedia, forse ben scritta, ma di sicuro mal recitata. Però, siccome per il momento il Movimento dei cinque stelle è il partito di maggioranza relativa, così è: se vi pare e anche se non vi pare e piace.
Ora la strada del presidente incaricato è spianata e con l’aggiunta (probabile) di un ministero dedicato alla Transizione ecologica, oggi steso Draghi potrebbe andare dal Presidente della Repubblica per dirgli “missione compiuta” e per presentargli la lista dei ministri.
A proposito di “ministri”, letta all’alba l’acuta analisi vergata da Mario Lorizio, mi rafforzo nell’idea che più dei titoli esibiti valgono e devono valere le persone. Insomma, vengono prima i programmi o le persone? Prima le idee o la realtà? “Vi sono politici – scrive l’editorialista di Avvenire – che si domandano perché il popolo non li comprende e non li segue, se le loro proposte sono così logiche e chiare. Probabilmente è perché si sono collocati nel regno delle pure idee e hanno ridotto la politica a retorica. Altri hanno dimenticato la semplicità e hanno importato dall’esterno una razionalità estranea alla gente”. Tutto questo mentre nelle alte sfere si scelgono le persone, ognuna con la sua maschera o mascherina in bella evidenza, che saranno chiamate a governare il Paese. La speranza è di non dover “assistere a una passerella di maschere (visto che è carnevale), né a una teoria di poltrone, ma a una successione di volti autentici, magari con l’auspicabile mascherina che lasci trasparire lo sguardo”.
Alla fine della vicenda inscenata dalla crisi, quando sugli schermi dei nostri media o sulle pagine dei nostri giornali appariranno volti e nomi di persone alle quali dovremmo esprimere la nostra fiducia di elettori, sarà il caso di chiedere a ciascuna di loro di essere vere e non semplicisticamente volti e nomi di agenzie o segreterie di questo o quel partito o gruppo di potere.
Ma questa è storia che verrà. Quella di oggi dice che un governo è possibile: lo chiede la gente, lo vuole il buon senso, lo esige il dramma che stiamo vivendo.
LUCIANO COSTA