Il pacco di notizie offerto dai media contiene di tutto un po’, ma evita però con cura di entrare nel vivo dei problemi. Dice qualcosa di tutto e poi passa oltre. Per esempio: il Papa in Canada suscita interesse solo nella parte in cui chiede perdono per gli abusi commessi all’inizio del cammino missionario e non invece laddove i gesti di fraternità diventano l’essenza della sua presenza; la crisi politica è un miscuglio di dico e disdico, di alleanza possibili e impossibili, di persone che vanno e vengono senza meta e mai l’offerta di riflessioni in grado di aiutare a comprendere come uscirne e come impostare il futuro; la guerra in Ucraina, che la Russia di Putin impunemente fomenta, è ridotta alla conta dei morti, dei bombardamenti, dei dolori inflitti alla gente, dei giorni che si accavallano sul calendario (sono 154 e non c’è alcuna prospettiva di veder finire la carneficina); la preoccupante situazione dei rifornimenti di gas proveniente dalla Russia sembra il pretesto per rendere ancora più tragica la guerra e non l’avvisaglia di un metodo perverso per la distribuzione di un bene che proviene dalla terra (che dovrebbe essere di tutti) e che non dovrebbe essere sottomesso alle logiche economiche di zar e oligarchi pazzi ed esosi; fatti e misfatti che s’avvicendano nel mondo sono citati e diventano notizia solo se contano morti ammazzati…
Però, e meno male, ci sono le eccezioni. Una riguarda la Francia, un Paese in cui la libertà religiosa rientra fra i principi costituzionali, dove avanza l’ipotesi di una legge che potrebbe cancellare tale libertà. Tutta colpa di una decisione del Consiglio costituzionale che volendo ridurre l’impatto jidaista di fatto riduce la libertà di ogni altra religione. Più nota come “legge contro il separatismo”, la norma rischia adesso di diventare un insieme di disposizioni che introducono un controllo del Prefetto (ogni 5 anni) sulla natura religiosa dell’attività svolta, dei controlli rafforzati sulle stesse dichiarazioni rilasciate, sui controlli dei finanziamenti provenienti dall’estero e sui bilanci delle entità d’ispirazione religiosa. Insomma, un brusco giro di vite che rischia d’asfissiare, sotto una cappa burocratica insostenibile, associazioni spesso gestite da semplici volontari, come nel caso di quelle cattoliche che si occupano degli oratori e dei gruppi di impegno cristiano.
Per la povera Ucraina, oltre le bombe, adesso anche la mortificazione della musica. Infatti è di ieri la notizia che il sogno di poter portare l’anno prossimo Eurovision Song Contest in Ucraina è sfumato. Si terrà a Londra. Tutta colpa della “prosecuzione del bagno di sangue perpetrato dalla Russia e al fatto che questo renda impossibile all’Ucraina ospitare l’evento, come sarebbe stato dovuto”. La difesa della musica e dell’identità ucraina, ribaditi dai componenti del gruppo folk rock che con la loro “Stefania”, un autentico inno alla madre patria nella figura delle tante mamme sofferenti ucraine, non sono bastati. L’Inghilterra e non l’Ucraina sarà teatro per la musica mondiale.
In Italia solo “Avvenire”, almeno per adesso, si occupa del modo di votare informando che la legge elettorale con cui si andrà al voto il 25 settembre, il Rosatellum, prevede che 3/8 dei seggi di Camera (147 su 400) e Senato (74 su 200) siano assegnati in collegi uninominali. Con il taglio dei parlamentari varato nella legislatura che va a chiudersi, la norma prevede infatti che 147 dei 400 seggi della Camera e 74 dei 200 del Senato vengano assegnati negli uninominali. In questi collegi in cui prevale lo spirito “maggioritario”, vince chi prende un voto in più. Questo spinge alla formazione di coalizioni: i partiti nei collegi proporzionale si misurano e sfidano con i propri listini bloccati, ma negli uninominali hanno bisogno di stare dentro un’alleanza, diversamente la loro partecipazione diventerebbe puramente velleitaria. Tolti i seggi assegnati con gli “uninominali”, e tolti i seggi riservati agli eletti all’estero (8 deputati e 4 senatori), la restante parte dei posti alla Camera e al Senato è distribuita attraverso collegi plurinominali in cui i partiti si presentano con il proprio simbolo e con “listini bloccati” di massimo quattro persone. Ovvero: il cittadino mette la X sul simbolo, non esprimo una preferenza sui nomi. Il singolo candidato può correre in cinque diversi collegi plurinominali (i leader sono di solito blindatissimi). La ripartizione dei seggi è effettuata in proporzione alle percentuali incassate dal partito: a livello nazionale per la Camera, su scala regionale per il Senato.
Il Rosatellum prevede anche diverse soglie di sbarramento, ossia percentuali di voti al di sotto delle quali non si viene ammessi alla ripartizione dei seggi nei collegi plurinominali. Non si accede al riparto proporzionale se la singola lista non raggiunge il 3% dei voti a livello nazionale (con l’eccezione delle liste relative alle minoranze linguistiche, per le quali la soglia è al 20% nella Regione di riferimento). Per le coalizioni, la soglia di sbarramento è del 10% a livello nazionale, purché l’alleanza comprenda almeno una lista che abbia superato la soglia-base del 3%. Questo spinge partiti che non sono sicuri di arrivare al 3% da sole a comporre liste insieme ad altre forze politiche.
Sempre in Italia, è bello sapere che andare per libri è ancora un bel esercizio oltre che una piacevolissima sorpresa. Però, attenzione, ci sono due tipi di librerie. Come informa l’acuto Folena, le librerie fast food piazzano i libri premiati e pompati in cataste all’ingresso, poi gli evergreen e poco altro. I librai vendono libri come venderebbero scarpe o telefonini, nessuna differenza: sempre “merce” è. Le librerie “slow” sono curate da appassionati che cedono il meno possibile alle pressioni degli editori mangiatutto e seguono il cuore, la passione, l’intuizione. George Orwell, come ha raccontato il quotidiano “Fatto”, fu libraio per necessità e, controvoglia, avvalorando la teoria secondo la quale chi scrive libri è meglio non li venda. Così’, nel brano tratto da “Buoni libri, cattivi libri”, troviamo giudizi che sono pure ottimi consigli per chi in vacanza non può permettersi cocktail in terrazza e panfili. Anche la certezza che “la libreria è uno dei posti dove si può bighellonare a lungo senza spendere un soldo». Quindi, per un’estate ecologica e sobria, converrà programmare prima una visita in libreria e poi un bacio, che come ha spiegato “Repubblica” sotto il titolo “antropologia di un gesto: prima dell’uomo venne il bacio” riporta felicemente alle origini.
Infine, poiché i quotidiani riempiono pagine su pagine di sterminate interviste a over70, va sottolineata in rosso, blu e tutti i colori dell’iride la lettera che una ragazza di nome Olivia – speriamo sia autentica, scrive troppo bene – ha inviato al “Corriere”. Dice: «Ho 13 anni, non amo selfie e cellulari, mi accetto così». Solo chi si sente come lei sa quanta fatica, aspra e priva di conforto, possa costare “accettarsi così”. Ma poiché da secoli, anzi millenni, legioni di adulti pigri e sentenziosi si dilettano nel massacrare le giovani generazioni ficcandole nel frullatore del pubblico dileggio, vanno sottolineate le parole di Olivia: «Le persone che si credono al centro del mondo alla fine non sono nessuno». Dedicate a chiunque ci vada di dedicarle.
A cura di LUCIANO COSTA