Nel Belpaese dei 5,6 milioni di italiani in povertà assoluta, dei 6,3 milioni di dipendenti privati con salari erosi dall’inflazione, dei “lavoratori poveri” che superano il 13% della forza lavoro di riferimento, c’è chi invece se la spassa. A fine 2021 due italiani su dieci possedevano più dei due terzi della ricchezza nazionale. Di fronte a questi dati, tutti racchiusi nell’annuale rapporto stilato da Oxfam (una confederazione di Ong dedicate alla lotta alla povertà in tutto il mondo, attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo; è costituita da 18 organizzazioni di diversi Paesi del mondo e collabora con oltre 3.000 partner localizzati in più di 90 nazioni), intitolato “la disuguaglianza non conosce crisi” e presentato a margine del World Economic Forum di Davos (località tra i monti svizzeri in cui, ogni anno, politici, economisti, studiosi, sociologi, esperti, capi di stato e massimi detentori della ricchezza mondiale si riuniscono per discutere e magari proporre soluzioni alle crisi esistenti), gli esperti mandano a dire che in Italia è urgente, addirittura inevitabile, riformare l’unica misura strutturale di contrasto alla povertà, il Reddito di cittadinanza, che nel bene e nel male ha attenuato l’aumento della povertà; tassare gli extraprofitti e le rendite; combattere gli evasori; introdurre un salario minimo legale.
Dal capitolo dedicato all’Italia emerge poi che tra il 2020 e il 2021 è cresciuta la concentrazione della ricchezza in Italia: la quota detenuta dal 10% più ricco degli italiani (6 volte quanto posseduto dalla metà più povera della popolazione) è aumentata dell’1,3% su base annua a fronte di una sostanziale stabilità della quota del 20% più povero. La ricchezza nelle mani del 5% più ricco degli italiani (titolare del 41,7% della ricchezza nazionale netta) a fine 2021 era superiore a quella detenuta dall’80% più povero (il 31,4%). Non solo. I super-ricchi con patrimoni superiori ai 5 milioni (lo 0,134% degli italiani) erano titolari, a fine 2021, di una ricchezza equivalente a quella posseduta dal 60% degli italiani più poveri. Nonostante il calo del valore dei patrimoni finanziari dei miliardari italiani, dopo il picco del 2021, il valore delle fortune dei super-ricchi (14 in più rispetto alla fine del 2019) mostra ancora un incremento di quasi 13 miliardi (+8,8%), in termini reali, rispetto al periodo pre-pandemico.
Poi c’è l’altra Italia, dove i trasferimenti pubblici emergenziali hanno attenuato l’impatto della crisi pandemica, ma che nel 2020 – ultimo anno con dati disponibili per dinamiche distributive – ha comunque visto aumentare la disuguaglianza. Qui, ancora adesso, la povertà assoluta, stabile nel 2021 dopo un balzo nel 2020, interessa il 7,5% delle famiglie (1 milione 960 mila persone) e il 9,4% di individui (5,6 milioni). In 16 anni sono raddoppiate le famiglie con un livello di spesa insufficiente a uno standard di vita accettabile.
Secondo Mikhail Maslennikov, autorevole consulente politico di Oxfam Italia, “le misure di sostegno devono proseguire ed essere indirizzate meglio verso le famiglie in condizioni di maggior bisogno. È indispensabile abbandonare il regime transitorio del Reddito di cittadinanza per il 2023, riformando l’unica misura strutturale di contrasto alla povertà di cui disponiamo”. Secondo Francesco Petrelli, portavoce di Oxfam Italia, “nonostante i suoi limiti, evidenziati dalla mancanza di efficaci politiche per il lavoro, il Reddito di cittadinanza, insieme al Reddito di inclusione a suo tempo varato dal governo Gentiloni, al reddito d’emergenza e ai ristori seguiti all’evento pandemico, ha evitato che i poveri, invece che 5,6 milioni fossero un milione in più”.
Un altro importante fattore di rischio, avverte il rapporto, arriva poi dall’inflazione, che sta riducendo il potere di acquisto degli stipendi. Servono rinnovi contrattuali per 6,3 milioni di dipendenti del settore privato (oltre la metà del totale dei dipendenti privati). Lavoratori che rischiano, con le regole di indicizzazione attuali, di vedere un adeguamento dei salari – calati in termini reali del 6,6% nei primi nove mesi del 2022 – insufficiente a contrastare l’aumento dell’inflazione.
Restano irrisolti i nodi strutturali della “crisi del lavoro” nel nostro Paese: la ridotta partecipazione della componente giovanile e femminile, le disuguaglianze retributive, il crescente ricorso a forme di lavoro non standard e conseguente diffusione del lavoro povero: i working poor, persone che nonostante abbiano un’occupazione sono a rischio povertà, tra 2006 e 2017 sono passate dal 10,3 al 13,4% della forza lavoro di riferimento. “Piuttosto che disincentivare il ricorso a forme di lavoro atipico che intrappolano nella precarietà milioni di lavoratori – si legge nel rapporto -, il governo allarga le maglie per il lavoro discontinuo e invoca ulteriori interventi caratterizzati da necessaria flessibilità” senza ancora immaginare possibile, e mettere perciò all’ordine del giorno, un salario minimo”.
Francesco Petrelli, portavoce di Oxfam Italia, ribadisce che “l’accelerazione della disuguaglianza è destinata a continuare, con un ciclo lungo anche in Europa”. Eppure, durante la pandemia i politici avevano a gran voce sottolineato la necessità di “imparare la lezione, perché non sarà sicuro nessuno se tutti non sono al sicuro”. Ma il rischio più grande, forse, è un altro. Secondo gli esperti che hanno redatto il rapporto “l’erosione del patto sociale può coinvolgere la stessa democrazia. Infatti, già assistiamo da tempo ad una competizione tra autocrazie e sistemi democratici. C’è una stanchezza da parte di un numero sempre più ampio di cittadini, che subiscono il fascino dell’uomo forte. Churchill disse che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre sperimentate finora. Questa fascinazione è un fortissimo elemento di pericolo, in assenza di risposte economiche e sociali per contrastare la disuguaglianza che dimostrino che la democrazia resta in ogni caso il sistema migliore”.