Scrive il poeta Attila József (1905-1937) nella sua dichiarazione d’amore in versi al fiume che attraversa Budapest e che oggi accoglierà papa Francesco pellegrino di speranza e di pace: “Stavo seduto sotto lo scalo sulla prima pietra / guardavo come naviga via la scorza d’anguria. / Assorto nel mio destino avvertivo appena / come ciarla la superficie e tace il profondo. / Come se il Danubio fluisse dal mio cuore; / era torbido, saggio, grande. / Ogni onda e ogni moto era un sussulto / un tendere e afflosciarsi come i muscoli / quando l’uomo lavora lima batte / fa mattoni di tufo, vanga. / Mi cullava anche, con delle favole come mia madre, / lavava tutti i panni sporchi della città”. Così “il fiume e la pioggia si confondono… / e sulla corrente del tempo vacillava / come lapidi tombali in cimiteri cadenti”. A commento dell’arrivo di Francesco a Budapest, Silvia Guidi scrive scegliendo i versi del poeta come rappresentazione del tempo che aspetta giorni migliori. “Dal Danubio sale la voce di un artista mendicante di vita (“Mendicante di bellezza” era il titolo della sua prima raccolta di versi), capace di svelare l’incanto delle cose di tutti i giorni”. con la semplicità dei versi messi in fila per con fermare che la poesia “non è dire cose straordinarie ma dire in modo straordinario cose normali”. I tre giorni ungheresi del papa diranno cose straordinarie in modo normale, diranno che è tempo di pace e di concordia, che nessuno e per nessun motivo deve invadere, che popoli e nazioni vogliono libertà e giustizia, che il cielo è di tutti, che il mondo può fare a meno di confini muri e barriere, che accoglienza e solidarietà sono pane quotidiano di uomini e donne che insieme costruiscono futuro…
Cinquant’anni fa, 28 aprile 1973, moriva il filosofo francese Jacques Maritain, grande pensatore, fraterno amico di Giovanni Battista Montini ben prima che salisse al Soglio Pontificio assumendo il nome di Paolo VI, formatore di coscienze libere e coraggiose, cioè pronte nel mettere al centro la persona superando le diversità e nel promuovere un ordine mondiale giusto. La sua straordinaria attualità può essere racchiusa nelle domande che il filosofo propose in un intervento a Tolosa alla Comunità dei Piccoli Fratelli di Gesù dove si era ritirato, dopo la morte della moglie Raïssa, a partire dal 1960. Chiedeva: “Che cosa vogliono gli uomini prima di tutto? Di che cosa hanno bisogno prima di tutto?”. Rispondeva: “Hanno bisogno di essere amati, di essere riconosciuti; di venire trattati come essere umani; di sentire rispettati tutti i valori che ognuno porta in sé”. Maritain, anche adesso e nonostante gli anni che ci separano dalla sua morte, scrive in una appassionata memoria Eugenio Raimondi, “continua a riproporre la persona (ogni persona, la persona nella concretezza della sua vita) come il fulcro essenziale della società sia in senso civile che politico dentro una più ampia visione dell’umano riconsiderato in tutti i suoi aspetti. È l’idea dell’integralità dell’umano, la visione di un umanesimo integrale, nata al confluire tra ricerca di fede ed esercizio della ragione e capace di ispirare e sostenere ogni reale impegno politico per la trasformazione della realtà”.
Oggi quella proposta continua a provocare a ispirare il pensiero di “umanesimo integrale” di cui egli ci parla attraverso l’immagine dei «compagni di viaggio che per un incontro fortuito si trovano riuniti quaggiù, camminando sulle strade della terra […] in buon accordo umano, con buon umore e con cordiale solidarietà”. Se leggete o rileggete “Per una politica più umana” (Morcelliana Editrice, 1979), mettete in conto che questo “umanesimo integrale” solleciterà ciascuno a impegnarsi “per rendere praticabile anche l’umanesimo intra-culturale, dove le diversità (culturali, sociali, religiose, economiche, civili) sono prezioso arricchimento più che motivo di paura del “non ancora conosciuto”. Così Maritain insegna a prendersi cura concretamente della persona, cioè delle persone con i loro bisogni e necessità. Una cura che necessita del fare concreto di ogni giorno per diventare buona pratica…”. Nello stesso tempo, Maritain spinge ad operare e lottare per il rispetto dei diritti della persona, dei diritti di ogni uomo così come la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 (alla cui stesura collaborò) ricorda e ammonisce. In “i diritti dell’uomo e la legge naturale”, pubblicato a New York nel 1942, riferendosi alla persona umana, il filosofo scriveva: “I diritti fondamentali, come il diritto all’esistenza e alla vita, il diritto alla libertà personale o il diritto di condurre la propria vita come padroni di se stessi e dei propri atti, responsabili di questi davanti a Dio e davanti alla legge della Città, che poggia sul diritto a perseguire la perfezione della vita umana morale e razionale, sul diritto a perseguire il bene eterno, sul diritto all’integrità corporale, sul diritto alla proprietà privata dei beni materiali come salvaguardia della libertà della persona, sul diritto di sposare secondo propria scelta e di fondare una famiglia essa pure garantita dalle libertà che le sono proprie, sul diritto di associazione, sul rispetto in ciascuno della dignità umana (ch’egli rappresenti o no un valore economico per la società), ebbene, tutti questi diritti sono radicati nella vocazione della persona, agente spirituale e libero, all’ordine dei valori assoluti e con un destino superiore al tempo”.
Tra i diritti della persona relativamente all’ordine internazionale “i più importanti sono il diritto di ogni Stato, grande o piccolo, alla libertà e al rispetto della sua autonomia, il diritto della fede giurata e della santità dei trattati, il diritto a uno sviluppo pacifico (diritto che, essendo valevole per tutti, richiede per attuarsi che si stabilisca una comunità internazionale avente potere giuridico e lo sviluppo di forme federative di organizzazione)”. Un ordine di diritti purtroppo ampiamente disattesi se solo pensiamo, per fare esempi immediati, alla guerra in Ucraina e in Sudan, oltre che agli altri innumerevoli conflitti sparsi nel mondo, o alla privazione dei diritti in Afghanistan e in Iran. Riscoprire il pensiero di Jacques Maritain e farne buon uso: ecco ciò che ciascuno può fare, adesso, prima che sia troppo tardi.
LUCIANO COSTA