Carità, amore e fratellanza sono la strada da percorrere. Lo ha detto il Papa conversando con i giornalisti sul volo che da Baghdad lo riportava a Roma, dopo lo storico viaggio di quattro giorni in Iraq. Francesco ha raccontato le sue impressioni sull’incontro con Al Sistani, la commozione di fronte alle chiese distrutte di Mosul e ha raccontato di aver promesso al patriarca Bechara Rai di fare un viaggio in Libano. Cercare di commentare i giorni del Papa in Iraq è impresa ardua. Chi è stato al suo fianco potrà farlo lasciando che il tempo dissolva le emozioni e rappresenti per intero il valore di giorni camminati cercando pace e concordia tra le genti. Noi che abbiamo seguito il Papa leggendo e osservando le immagini trasmesse dalla televisione, portiamo nel cuore ogni momento e ogni parola pronunciata. Poi, quando avremo letto e riletto discorsi e gesti, allora, forse, potremo dire qualcosa in più.
Intanto è chiaro a tutti, credenti o non credenti, che quella di Francesco è stata una visita storica. Dalle autorità irachene alla stampa internazionale, dai leader mondiali – a cominciare dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden – a quelli religiosi fino ai tanti tweet: questa definizione sul viaggio apostolico del Papa in Iraq torna e ritorna con molta frequenza. In una fase segnata da una pandemia mondiale, con un mondo dolorante che non trova vie d’uscita a lungo termine e vive di incertezze, il Papa si reca in uno dei Paesi più feriti negli ultimi 20 anni, che ha patito un’epoca di attacchi e massacri, per mostrare che rinascere si può. Non con le armi, che solo distruggono, ma con il perdono, l’amore, il dialogo. Un viaggio che, dunque, non ha lasciato indifferenti.
A definire “storica” la visita è stato anche il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che di quanto compiuto da Francesco scrive: “Ha inviato un messaggio importante che la fraternità è più duratura del fratricidio, che la speranza è più potente della morte, che la pace è più potente della guerra”. Biden riecheggia alcune parole che il Papa ha rivolto a Mosul, lì dove il sedicente Stato islamico issò la sua bandiera di morte e terrore. “È un simbolo di speranza per il mondo intero vedere Papa Francesco visitare antichi siti religiosi”, ha rimarcato il presidente americano, citando anche l’incontro a Najaf tra il Pontefice e il Grande Ayatollah Ali Al-Sistani assieme alla preghiera di Mosul. “Continuo – ha sottolineato Biden – ad ammirare Papa Francesco per il suo impegno nella promozione della tolleranza religiosa, dei legami comuni della nostra umanità e della comprensione tra le fedi”.
E se dalla Chiesa irachena arrivano messaggi di profonda gioia e speranza, anche le autorità dell’Iraq esprimono gratitudine. In un tweet in italiano il presidente iracheno, Barham Salih, rivolgendosi al Pontefice ha detto che ha portato “un grande messaggio di umanità e solidarietà con il nostro Paese” e che “la sua presenza, segno di pace e amore, resterà per sempre nei cuori di tutti gli iracheni”. Da parte sua il premier iracheno Mustafa al-Kadhimi parla di “consenso nazionale” e fa appello al “dialogo nazionale” per il bene dell’Iraq dopo la visita di Papa Francesco: il Paese, ha evidenziato, “ha l’opportunità reale di ripristinare il suo ruolo storico nella regione e nel mondo nonostante gli ostacoli e le sfide”. Un appello al “dialogo nazionale”, quello del premier, a cui dà il suo sostegno il presidente della regione del Kurdistan iracheno, Nechirvan Barzani, “per arrivare a un accordo definitivo e trovare soluzioni ai problemi della regione del Kurdistan con il governo federale iracheno nel rispetto della Costituzione”. Ieri, nell’accogliere il Papa, Barzani aveva detto di essere onorato di riceverlo, ribadendo l’impegno “duraturo per la pace, la libertà religiosa e la fraternità”.
Plauso alla visita del Papa, specialmente in riferimento all’incontro con l’Ayatollah Al Sistani, viene dall’Iran. Ampio spazio sui media iraniani che sottolineano la portata di questo incontro per la pace. “Molto positiva e molto importante”, la definisce il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Saeed Khatibzadeh, nel primo commento di Teheran sul viaggio del Pontefice. La visita, ha aggiunto il portavoce, ha avuto un ruolo “costruttivo” nello sforzo per contribuire a un “Iraq tranquillo e sicuro” e “l’incontro con l’alta autorità religiosa dell’Iraq, ha mostrato a suo modo il dialogo interreligioso e l’avvicinamento tra le religioni”.
“Roma accoglie e saluta calorosamente il suo Vescovo al rientro dallo storico Viaggio Apostolico in Iraq, il primo di un Pontefice in quel Paese, culla di una fiorente civiltà ma così drammaticamente segnato negli ultimi decenni da violenza, distruzione e dolore”, scrive in un messaggio il presidente italiano Sergio Mattarella. Il capo di Stato mette anche in risalto le parole di speranza e consolazione per i cristiani e per tutti i credenti pronunciate in Iraq, “rinnovando con altissima autorevolezza un appello al rispetto dei diritti umani, alla tutela delle minoranze e al riconoscimento della piena cittadinanza quali fondamenti per una pacifica convivenza civile e un proficuo dialogo interreligioso”.
Anche la Chiesa nel mondo esprime la sua gratitudine per la visita del Papa alla comunità sofferente dei cristiani in Iraq. Dal Celam, il Consiglio episcopale latinoamericano, si sottolinea come il Pontefice si sia presentato come “un pellegrino della fraternità universale”. “La sua visita – si legge nel testo – sarà uno strumento che, senza dubbio, incoraggerà e animerà la fede di questa Chiesa perseguitata e sofferente”. Di “una visita benedetta” parla il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente: offre un’occasione di “riconciliazione tra fratelli in una società ricca di risorse e di innovazione, dopo che erano stati alienati l’uno dall’altro da guerre e trasformazioni globali”.
(V. N.)